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venerdì 23 novembre 2012

GIORNATA DEL TESSERAMENTO A CARATE BRIANZA

BASTA CON L'ORRORE DELLA GUERRA NELLA STRISCIA DI GAZA

"Si levi un grido da tutto il mondo per far cessare questo orrore". Questo l'appello che lancia il presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia, per fermare quell'autentica guerra che vive la popolazione della striscia di Gaza. "Ancora una volta - commenta - si incendiano i rapporti tra Palestina e Israele. Cercare le ragioni di questa improvvisa recrudescenza è davvero un compito improbo. Di fatto, la situazione di un'intera popolazione (oltre due milioni) che vive praticamente reclusa in una sorta di recinto, è improponibile, considerando che si tratta di un popolo che ha diritto ad un suo territorio e alla pace. Che le risposte ad una situazione insostenibile non siano sempre controllabili, è, purtroppo, il frutto amaro di una situazione assolutamente inconcepibile. Quanto alle iniziative del Paese più potente, che dispone di strumenti e armi da guerra sofisticate, è drammatico il fatto che ancora una volta a pagare siano i civili e soprattutto i bambini, al seguito di una "reazione" che non esito a definire quantomeno sproporzionata". "Abbiamo visto delle immagini che non solo fanno riflettere, ma suscitano emozione e dolore; ed è facile immaginare quanto poco giovino alla convivenza ed alla speranza di un futuro pacifico. Ma non basta, perché si profila il rischio di un attacco di terra e di una vera e propria guerra, come sempre, facilmente estensibile al di là dei confini originari. Bisognerebbe davvero che la comunità internazionale si muovesse e facesse quanto necessario perché a questo conflitto, ma soprattutto alla situazione di Gaza cui prima accennavo, si ponesse fine." "È davvero inconcepibile - sottolinea il presidente nazionale dell'Anpi - che nel 2012 non si riesca a trovare la via per garantire, la pace e il diritto ad una propria terra, a ciascuno dei popoli, che sono destinati comunque a vivere vicini (se non addirittura a convivere) in un'area tutto sommato, limitata. L'ANPI non può che auspicare che questo diritti vengano finalmente riconosciuti e realizzati in concreto, in favore del popolo che da tempo ne è sostanzialmente privato, nella convinzione che non è con le armi che si troverà la strada della convivenza e della giustizia, ma solo con intese ed accordi che rendano giustizia ai diritti di tutti e non soltanto alle ragioni del più forte". "In ogni caso - conclude Carlo Smuraglia - il dramma della morte dei civili, delle famiglie inermi e soprattutto dei bambini deve cessare immediatamente. Si levi un grido da tutto il mondo per far cessare questo orrore, che muove a indignazione chiunque abbia un minimo senso di umanità".

GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE

“La Giornata Internazionale del 25 novembre, indetta dall’ONU contro la violenza alle donne, obbliga ogni organizzazione, istituzione e ciascuno di noi ad interrogarsi ed a prendere coscienza sulla realtà drammatica e crescente della violenza sessuale e fisica contro le donne, diffusa e in crescita anche nel nostro Paese, come confermano gli studi e le ricerche e testimoniano anche i sempre più frequenti efferati delitti ai danni di donne inermi". Questo l'inizio di un documento diffuso dalla Segreteria nazionale Anpi. "Una realtà - si aggiunge - che evidenzia il permanere di una cultura di possesso, dominio e sopraffazione nei confronti delle donne ancora fortemente presente, vissuta da molti uomini anche come reazione e ribellione alla mutata soggettività delle donne e alla loro aspirazione a rapporti umani basati sul rispetto, la parità di diritti e doveri, la dignità di ogni persona. E’ una realtà che gli studi rivelano esistere in prevalenza all’interno della famiglia e dei rapporti di coppia, ma che si manifesta anche nel fenomeno diffuso della tratta delle schiave del sesso provenienti dai Paesi del Sud del mondo o nella violenza sottile e insidiosa dell’immagine femminile diffusa dai media e nella pubblicità, che spesso riducono la donna a puro corpo da usare". L’ANPI ha posto a fondamento del suo impegno i valori universali dell’antifascismo, della libertà e della democrazia, che si concretizzano innanzitutto nel rispetto della persona umana e nel riconoscimento della sua dignità e dei suoi diritti. Antifascismo - si sottolinea - significa per noi dunque rifiuto di ogni cultura e pratica basata sulla prevaricazione, sopraffazione, umiliazione della dignità di ogni essere umano, della sua integrità fisica e morale, ed in particolare sul rifiuto del “machismo” che è stato tipico del fascismo. "Anche contro quello che è stato e resta un aspetto tipico della cultura e della pratica del fascismo si sono battute le partigiane e le donne nella Resistenza civile e si battono oggi le donne e gli uomini dell’ANPI, con l’obiettivo e l’impegno a creare nei rapporti tra uomini e donne comportamenti basati sul rispetto, sull’ascolto ed il riconoscimento reciproco. E’ questo un contenuto costitutivo e qualificante della società libera, democratica e giusta per la quale si sono battuti gli uomini e le donne della Resistenza e che trova il suo coronamento nella Costituzione repubblicana. "Per questo - conclude la Segreteria nazionale dell'Anpi - particolarmente in questa giornata, l’ANPI rinnova il proprio impegno a promuovere questi valori, è a fianco delle associazioni, delle istituzioni, dei centri antiviolenza che quotidianamente sono in prima fila in questa battaglia ed auspica un sempre più forte e fattivo impegno delle istituzioni, della scuola, e dei singoli cittadini".

SALVIAMO LA MEMORIA

Appello al Governo e al Parlamento per il 70° della Resistenza e della Guerra di Liberazione:"evitiamo il memoricidio, rendiamo protagonisti i giovani del presidio e della promozione delle radici dell'Italia". Firmato: Luciano Guerzoni per le Confederazione Italiana Associazioni Combattentistiche e Partigiane, Susanna Camusso per la Cgil, Raffaele Bonanni per la Cisl, Luigi Angeletti per la Uil. In un comunicato si legge che "Per le Celebrazioni del Settantesimo della Resistenza e della Guerra di Liberazione (43-45), eventi storici decisivi per la riconquista della libertà e della democrazia conculcate dalla dittatura fascista e dall'oppressore nazista, la Confederazione Italiana delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane e le Confederazioni CGIL, CISL, UIL, chiedono che nella Legge di Stabilità 2013-2015, attualmente all'esame e al voto della Camera dei Deputati, sia introdotta una previsione finanziaria triennale, come è sempre avvenuto per eventi similari a memoria delle fondamenta della Repubblica Italiana". La Confederazione delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane e CGIL, CISL, UIL, con la partecipazione del Governo in rappresentanza dei poteri pubblici, intendono caratterizzare le celebrazioni con iniziative rivolte innanzitutto alle nuove generazioni delle scuole, delle università e del mondo del lavoro per contribuire alla loro formazione negli ideali, nei valori e nei principi affermati nella Costituzione Repubblicana affinché la gioventù italiana sia sempre più protagonista e artefice della rigenerazione della politica e delle istituzioni indispensabile per un futuro di libertà, giustizia, lavoro e benessere. All'apposito Comitato Nazionale in via di costituzione, sarà richiesta la partecipazione per il Governo dei ministri, dell'Istruzione, della Difesa e del Lavoro.

GOLI OTOK

Il TEATRO BINARIO 7 di Monza è lieto di invitarvi a GOLI OTOK | ISOLA DELLA LIBERTA’ 24 novembre ore 21 25 novembre ore 16 e ore 21 lettura scenica da un progetto di Elio De Capitani e Renato Sartitesto Renato Sarti con Elio De Capitani e Renato Sarti musiche Carlo Boccadoro produzione Teatro della Cooperativa in collaborazione con Mittelfest Aldo Juretich, un anziano nato a Fiume negli anni Venti, abitava a Monza. Dopo la Seconda Guerra mondiale visse la terribile esperienza di Goli Otok, il peggiore dei campi di internamento di Tito, in cui furono rinchiusi - dopo la rottura del Cominform fra la Jugoslavia e l'URSS – quei traditori che rimasero fedeli a Stalin. Fra mille altre sofferenze (fame, sete, malattie, atroci violenze) il principio fondamentale su cui si reggeva il sistema di Goli Otok era quello del revidirci, il "ravvedimento". Il prigioniero doveva rivedere la propria posizione e per dimostrarlo c’era un modo molto semplice: massacrare gli ex compagni, i propri amici, a volte i fratelli, i figli, i padri. Una volta finito l'internamento a Goli Otok per gli ex internati cominciava un secondo inferno: quello del rientro e del completo isolamento nella società. Nel testo Aldo (Elio De Capitani) viene visitato da un medico (Renato Sarti), anche lui di origine croata, il quale, dopo aver letto il libro Goli Otok, di Giacomo Scotti, riesce a convincerlo a raccontare la sua terribile esperienza. PER I SOCI ANPI: biglietto ridotto a 12 € anziché 18 € per tutte le repliche Prenotazione obbligatoria a patrizia.zocchio@libero.it Tutti gli appuntamenti GOLI OTOK: Sabato 24 novembre · Ore 11: il co-regista Renato Sarti, l’autore Giacomo Scotti e Ada Juretich presenteranno lo spettacolo in anteprima alla Biblioteca S. Gerardo di Monza nell’ambito della rassegna “Dietro le quinte“. Inoltre, alla biblioteca Civica di Monza sarà disponibile lo scaffale tematico Parole in catene · Ore 21: spettacolo al Teatro Binario 7. A seguire l‘intervento di Giacomo Scotti, autore di “Goli Otok“ Domenica 25 novembre · Ore 16: spettacolo al Teatro Binario 7. A seguire l‘intervento di Giacomo Scotti, autore di “Goli Otok“ · Ore 21: ultima replica dello spettacolo Per informazioni:Teatro Binario 7 Via Filippo Turati 8 20900 Monza www.teatrobinario7.it promozione@ladanzaimmobile.it tel. 039 9191180

lunedì 5 novembre 2012

LE VOCI DELLA PROTESTA. DEMOCRAZIA ALLA PROVA.

SABATO 10 NOVEMBRE 2012 presso Camera del Lavoro CGIL Monza e Brianza (via Aspromonte, Monza), ore 15-19
Convegno con: Roberto Biorcio (Docente alla Bicocca di Milano cattedra di sociologia) Livio Pepino Magistrato (autore di Non solo un treno ...La democrazia alla prova della Val Susa) Alessandro Pollio Salimbeni (vicepresidente ANPI Nazionale) Genova, Luglio 2001: il 5 Luglio 2012 la Cassazione conferma in via definitiva le condanne per falso aggravato, confermando l'impianto accusatorio della Corte d'Appello. I Giudici hanno usato per quei giorni l'espressione di "democrazia sospesa". No TAV, No TEM, la protesta dei minatori sardi. Il conflitto che coinvolge differenti bisogni all'ILVA di Taranto, docenti e studenti in lotta per difendere l'istruzione pubblica. Voci inascoltate di un sociale che si scontra con una classe dirigente che ha evidenziato incapacità politica. L'Associazione Italiana Partigiani d'Italia Monza e Brianza sente il bisogno di riprendere i valori delle Costituzione per iraffermare la difesa dei diritti e favorire il confronto critico. E' necessario superare una sterile contrapposizione per riaffermare la strada maestra del confronto democratico.

OMAGGIO A GIOVANNI PESCE E NORI BRAMBILLA

Martedì 6 Novembre, alle ore 18.00, a Palazzo Marino, Sala Alessi (Piazza Scala, 2), omaggio a Giovanni Pesce, nel 5° anniversario della scomparsa, medaglia d'oro al valor militare e a Nori Brambilla, sua moglie, ambrogino del Comune di Milano, edizione 2006. scomparsa il 6 novembre 2011. Interventi. Roberto Cenati, Presidente ANPI Provinciale di Milano. Onorio Rosati, Segretario Generale Camera del Lavoro. Franco Giannantoni, Storico. Tiziana Pesce, figlia di Giovanni e Nori. Aglaia Zannetti leggerà brani dai testi di Giovanni e Nori Pesce. L'ANPI Provinciale di Milano e la Camera del Lavoro insieme al Comune di Milano ricordano le prestigiose figure dei due partigiani, che diedero un contributo fondamentale per la liberazione del nostro Paese dal nazifascismo. Giovanni ed Onorina riposano al Famedio del Cimitero Maggiore di Milano.

CONTRO IL NEOFASCISMO, IL NAZISMO E L'ANTISEMISTISMO.

Contro il neofascismo, il nazismo e l’antisemitismo. Questa la triplice parola d'ordine che sintetizza un ordine del giorno approvato dal Comitato Nazionale dell’ANPI. "Considerato - si spiega - che le manifestazioni neofasciste si stanno moltiplicando in tutta Italia, con adunate, celebrazioni della Marcia su Roma, raduni a Predappio, indizioni di assemblee pubbliche in tutta Italia; che tutto questo si unisce ad episodi gravissimi come quello del sacrario in ricordo di Rodolfo Graziani e ad altri addirittura ridicoli come quello del preside che ha tentato di collocare nell’aula magna di una scuola il ritratto di Benito Mussolini o la proposta, a Forlì, di intitolare l’aereoporto della città a Benito Mussolini; che, ancora, tutto questo si collega, più o meno direttamente, alle contemporanee irruzioni di giovani della destra fascista in alcune scuole di Roma. "Considerato altresì - si aggiunge - che basta immettersi nella rete per trovare, manifestazioni altrettanto (e spesso più ancora) inaccettabili di fascismo e razzismo, con simboli inequivocabili e raccapriccianti; che su vari siti nel web, appaiono quotidianamente scritti d’immonda propaganda antiebraica, che vanno perfino al di là del più bieco negazionismo, per irridere al sacrificio di Anna Frank, fare dichiarazioni deliranti di soddisfazione per la morte di Shlomo Venezia, e così via, in un crescendo di brutalità e di razzismo senza limiti." Il Consiglio nazionale dell'Anpi "ritiene che la misura sia ormai colma e che si debba finalmente porre fine a questa orgia di apologia del fascismo e dell’ideologia di un partito che ha ucciso oppositori, altri ne ha destinati a lunghi periodi di detenzione e/o di confino, ha mandato a morire tanti giovani in guerre assurde e perdute, ha perseguitato gli ebrei con le leggi razziali e in tante altre forme, in aiuto alle barbarie dei nazisti". "Considerato altresì che non è più tollerabile che non siano gli organi di Stato, le istituzioni pubbliche a far cessare queste vergognose manifestazioni, che richiamano alla mente soltanto orrore e morte e che è tempo che intervenga il Governo, si muovano i Prefetti e i Questori, i preposti all’ordine pubblico, l’Autorità giudiziaria, per quanto di competenza di ciascuno. È fortemente auspicabile, nel contempo, che alla latitanza di molti partiti e della politica su queste tematiche, si sostituisca un rinnovato impegno". "Ritenuto - continua la nota - che non è più accettabile che, nel nostro sistema giuridico, manchi ancora una normativa diretta a troncare il diffondersi di fenomeni come quelli sopra descritti, su un “palcoscenico privilegiato” come quello del web e che sarebbe ora che il Governo procedesse alla ratifica del "protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest" relativo agli atti di natura razzista e xenofoba, promosso dal Consiglio di Europa per un migliore coordinamento delle polizie per la prevenzione e repressione dei crimini informatici, con specifico riferimento alle varie forme di antisemitismo e razzismo". "Questa sciagurata éscalation di neofascismo e di razzismo - si sottolinea - deve trovarsi di fronte ad una barriera opposta dall’intera struttura dello Stato democratico, prima ancora che siano i cittadini ad opporsi, come peraltro stanno facendo, in tanti e da tempo, ma inutilmente. Di questo quadro vergognoso se ne cominciano ad accorgere anche all’estero, dove non pochi giornali hanno dedicato largo spazio (ovviamente critico) alla vicenda del Sacrario per Graziani. Abbiamo attraversato periodi sgradevoli – oggi superati – in cui il nostro Paese veniva considerato con alterigia e disprezzo da altri popoli. Non possiamo accettare che ci considerino come un luogo pieno di “nostalgici”, che aspirano ad allinearci con alcuni tra i Paesi meno democratici di Europa". L’ANPI - si ricorda - ha lanciato un programma di impegno antifascista, il 25 luglio 2012, assieme all’Istituto Cervi ed ha invitato tutti i propri organismi periferici a mobilitarsi per difendere la nostra Carta Costituzionale. Ma bisogna fare ancora di più e bisogna coinvolgere i troppi cittadini disattenti o distratti, che ignorano o sottovalutano la pericolosità di questo fenomeno e di tutto ciò che sta accadendo in tante parti d’Italia. Soprattutto, occorre che siano coinvolte le istituzioni, a cominciare dal Governo". L’ANPI - si annuncia - chiederà un incontro al Ministro dell’interno per consegnare formalmente un dossier con le notizie delle principali manifestazioni fasciste e razziste dell’anno in corso, per valutare la situazione e le prospettive e chiedere che si superi l’arcaica concezione secondo la quale questi fatti possono porre, al più, qualche problema di ordine pubblico, per entrare, invece, in campo con decisione, in tutte le forme previste dalla legge, in difesa della democrazia e dei valori portanti della Costituzione. Analoga richiesta di incontro verrà indirizzata al Ministro della Pubblica Istruzione, perché non c’è dubbio (era scritto perfino nella legge “Scelba” del 1952, all’art. 9) che è proprio dalla scuola che occorre partire per creare una vera cultura democratica e antifascista, fornendo ai giovani dati storici e informazioni concrete su ciò che è avvenuto, in Italia, dal 1922 al 1945. Allo stesso Ministro, che ha partecipato, lo scorso anno, ad un viaggio – con studenti – ad Auschwitz, si chiederà un impegno per contribuire a rimuovere ogni ostacolo che si sta opponendo ai viaggi della memoria, tanto importanti anche ai fini formativi. Verrà, altresì, richiesto un incontro col Vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura, per studiare le forme di sensibilizzazione, su questi temi, all’interno del sistema giudiziario, anche mediante inserimento di alcune specifiche materie nei corsi di formazione, centralizzati e decentrati. Infine, verrà chiesto un incontro al Ministro per la cooperazione internazionale Andrea Riccardi, che più volte ha assunto ferme posizioni specialmente a riguardo delle manifestazioni di razzismo e antisemitismo, per valutare quali iniziative possano essere assunte, sotto ogni profilo, per stroncare i gravi fenomeni più sopra denunciati, anche prendendo ispirazione da quanto si è fatto e si sta facendo in altri Paesi europei contro il negazionismo e raccogliendo gli appelli che sono comparsi anche sulla stampa (v. articoli di M. Pirani su “Repubblica” del 1 e 10 ottobre 2012). "Nei prossimi mesi - si preannuncia - si compirà una verifica attenta di quanto si è potuto attuare e dei concreti risultati raggiunti; verifica che sarà peraltro effettuata in forma pubblica, ed eventualmente in concorso con altre Associazioni interessate, anche per il coinvolgimento della cittadinanza nel suo complesso". "L’ANPI - sottolinea il documento - tiene a ribadire, conclusivamente, che non è questo il Paese che sognavano i combattenti per la libertà e che è necessario ricondurlo al più presto entro i binari della legalità, della democrazia e dell’antifascismo, anche per rispetto al sacrificio di quanti hanno perduto la vita, combattendo contro i fascisti ed i tedeschi, per dare al nostro Paese la libertà. Tutta l’Associazione è fortemente impegnata – e deve esserlo sempre di più – per impedire una insopportabile deriva, populista, razzista e nostalgica del fascismo; ci dobbiamo considerare permanentemente impegnati a difendere i valori della democrazia e della Costituzione".

NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE

L’ANPI è a favore, con fermezza e convinzione, della “Convenzione contro la violenza maschile sulle donne”. Questo in estrema sintesi il significato di un ordine del giorno del Comitato nazionale ANPI del 30 ottobre. "Il Comitato nazionale dell’ANPI - si legge - condivide la denuncia e le proposte avanzate dalla “Convenzione contro la violenza maschile sulle donne”. "L’ANPI - si sottolinea - considera l’allarmante aumento della violenza sulle donne, un aspetto particolarmente ripugnante del generale degrado culturale che vede fra l’altro riapparire nel nostro Paese fenomeni di aggressività, intolleranza, esaltazione di eventi e persone delle cui responsabilità l’Italia non ha mai preso sufficientemente coscienza. Fra questi ritorni che ricordano la cultura fascista, è sicuramente presente il virilismo, la prepotenza e la sopraffazione. E, sopra ogni cosa e prima di tutto, un’idea della donna come proprietà privata al cui possesso sarebbe una debolezza inaccettabile rinunciare: un disonore per la propria autorità di maschio". L’ANPI - si rileva - per la sua stessa origine e ragion d’essere, avendo nelle sue file donne che per prime hanno concretamente combattuto per cancellare (si sperava una volta per tutte) quella cultura, da mesi ha avviato iniziative e campagne per contrastare l’odioso ritorno. Proprio per il pericoloso moltiplicarsi degli atti di violenza e l’insufficiente contrasto da parte delle istituzioni, l’ANPI moltiplica i suoi interventi anche nelle scuole, dove incontra l’appassionato interesse delle giovanissime generazioni. In questo ambito sta organizzando per il mese di febbraio un convegno nazionale sul coraggio delle donne, anche nel periodo fascista, nel corso del quale intende approfondire la storia di quel che il fascismo è stato per le donne e, soprattutto, come certi elementi della cultura fascista tendano a riemergere come costante in questo Paese.

STRAGI NAZIFASCISTE, L'IMPEGNO DI NAPOLITANO.

La mattina del 31 ottobre, una delegazione dell’ANPI Nazionale – guidata dal Presidente Carlo Smuraglia – ha incontrato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per esporre il lavoro che l’Associazione ha svolto e sta svolgendo sul tema delle stragi nazifasciste del ’43-’45, per presentare il documento che ne è uscito e che è stato illustrato a Marzabotto e per chiedere un Suo interessamento al fine di ottenere finalmente verità e giustizia per le vittime. Il Presidente Napolitano ha mostrato molta attenzione e si è riservato di valutare tutte le possibili iniziative volte a tenere viva la questione stragi nel Paese. Da ricordare che recentemente il presidente Napolitano VWV definito "sconcertante" l'archiviazione da parte della Procura di Stoccarda della strage nazista di Sant'Anna di Stazzema. Le stragi compiute in Italia dai nazisti, spesso con l’aiuto dei fascisti, dal 1943 al 1945, sono una pagina drammatica della storia del nostro Paese, che riguarda molte vittime innocenti (circa 15.000) e sulla quale ancora non c’è piena conoscenza, né piena giustizia, né completa verità, neppure sul piano storico. E mentre non si è mai discusso seriamente sulle responsabilità dell’enorme e ingiustificato ritardo, alcuni Tribunali militari si sono attivati, hanno svolto complesse istruttorie, hanno celebrato processi importanti. Le sentenze, peraltro, anche quelle definitive, non hanno potuto essere eseguite, perché i condannati risiedevano in Germania e comunque all’estero e poco risulta essere stato fatto, anche da parte dei competenti Ministeri italiani, per agevolare quelle esecuzioni. IL LAVORO SVOLTO DALL’ANPI L’Associazione ha raggiunto un accordo con l’Istituto Nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (INSMLI), per completare le ricerche storiche finora compiute, fino a giungere alla definizione di una mappa completa ed esaustiva di tutto ciò che avvenne in quel doloroso triennio. Ha altresì partecipato ai processi, costituendosi parte civile. Ha promosso e sollecitato un’interpellanza per ottenere finalmente una discussione parlamentare ampia e serena sulle stragi e su quanto avvenuto, nel dopoguerra, rispetto ai famosi fascicoli “occultati”. Ha infine promosso una petizione popolare, sulla quale si stanno raccogliendo le firme, soprattutto nelle zone più direttamente colpite, ma anche in altre, sempre per ottenere che in Parlamento (in questo o in quello che verrà) si discuta finalmente su questa pagina terribile della nostra storia, così contribuendo ad una definizione conclusiva. Questo è il lavoro che l’Associazione ha fatto e intende proseguire, nell’interesse dei cittadini e delle popolazioni interessate, ma anche e soprattutto nell’interesse della giustizia e della verità. Peraltro, per ottenerle occorre un impegno deciso e costante da parte sia del Governo che del Parlamento, perché si possa imprimere alla vicenda delle stragi del ’43 – ’45 un impulso nuovo, che dia soddisfazione a chi attende ancora giustizia ed assicuri che la doverosa memoria di quelle tragiche vicende non sia travolta dall’oblio. link permanente a questa pagina: http://anpi.it/a806/

FERMARE IL CRESCENDO NEOFASCISTA

Il presidente dell'Anpi chiede un incontro con il ministro degli Interni e i rappresentanti dell'Anm. Il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia, chiede di incontrare il Ministro degli Interni e i rappresentanti dell'Associazione Nazioname magistrati per rilanciare l'iniziativa antifascista. Ricorda Smuraglia: "La notizia della manifestazione del ricordo della marcia su Roma è ancora una volta vergognosa, come lo è stata quella della dedica di un sacrario a Graziani, i numerosi episodi di manifestazioni neofasciste, le aggressioni ai licei romani e così via. C'è un crescendo, che bisogna assolutamente fermare, perché indegno di un paese democratico e antifascista". "L'ANPI - sottolinea - ha avviato dal 25 luglio una campagna di mobilitazione su questi temi, ha denunciato all'autorità giudiziaria i responsabili del sacrario a Graziani e non ha mancato di reagire ad ognuno di questi episodi, chiamando anche alle loro responsabilità le autorità dello Stato, le Istituzioni, gli Enti locali". "Ora basta, faremo ancora di più: chiederemo un incontro al Ministro degli Interni, anche sulla base del documento del 25 luglio scorso redatto con l'Istituto Alcide Cervi, proporremo un incontro con l'ANM per verificare il livello della sensibilità della magistratura sull'applicazione della normativa vigente, a partire dalla legge Mancino; e pensiamo di realizzare una iniziativa di forte respiro a livello nazionale, per ottenere un serio impegno antifascista e democratico, da parte di tutti, Istituzioni, autorità pubbliche e cittadini".

GIUSTIZIA E VERITA' SULLE STRAGI NAZIFASCISTE. LA PETIZIONE.

L’ANPI, ritenendo doveroso fare il punto della situazione sulla questione delle stragi nazifasciste, per le quali il nostro paese ha versato un tributo di sangue di circa 15.000 caduti, disseminando eccidi compiuti anche prima dell’otto settembre 1943, dalla Sicilia fino al nord Italia con l’esercito tedesco in rotta verso la Germania, ha deciso di assumere la questione delle stragi nazifasciste come una sua battaglia nazionale, rivendicando “verità e giustizia” per le vittime. L’azione dell’associazione si è incardinata nella costituzione di una apposita commissione di lavoro, che ha teso l’azione verso tre indirizzi fondamentali: la costituzione come parte civile dell’Anpi in tutti i processi di strage, la raccolta di tutti i materiali giudiziari e parlamentari delle stragi che attualmente sono difficilmente reperibili e consultabili per motivi sia burocratici che politici e non ultimo come importanza censire attraverso la realizzazione di una mappa tutti le stragi avvenute, in quanto ad oggi non si ha questo importante strumento divulgativo e conoscitivo. Aggiungasi a tutto ciò l’avvio di una petizione nel Paese indirizzata al Presidente del Senato. Cosa ancora più importante sarà per l’Anpi portare le istituzioni preposte, governo e parlamento, a discutere sulla conduzione politica di questi 70 anni che ha causato l’enorme ritardo con il quale si stanno svolgendo oggi i processi, limitando notevolmente la possibilità di far giustizia, procedimenti che sono elementi unici sia per sostenere la verità storiografica sia per dare sollievo a tutte le vittime. Tutti gli interventi dei vari specialisti hanno concordato su alcuni punti precisi comuni ai loro pensieri. Un enorme ritardo dell’inizio dei processi con altrettanto grandi responsabilità dei governi italiani che mai hanno preso posizione e coscienza di quello che ha portato a questo colpevole “dimenticanza” nel famoso e famigerato Armadio della Vergogna. Uno sminuire, attraverso una mirata strategia politica, le gravi responsabilità della repubblica sociale e dei fascisti repubblichini, che “volenterosamente” si sono adoperati ad essere accompagnatori quando non esecutori diretti di queste stragi. Una non considerazione della sofferenza dei superstiti e dei famigliari delle vittime, spesso lasciate sole a se stesse, senza risarcimenti né morali né economici. Così come abbiamo oggi un gap comunicativo di Memoria tra le generazioni, in quanto venendo meno il contributo del testimone per motivi anagrafici, con più difficoltà si riesce a portare a conoscenza questi fatti, che hanno la potenzialità di divenire strumenti di formazione di nuove coscienze civili. Un’altra considerazione importante su cui tutti hanno condiviso le proprie riflessioni, è quella che fin dal dopo guerra, sia da parte dei tedeschi sia anche in alcune memorie di sopravvissuti, si è voluta scaricare le colpe sui partigiani, mentre invece l’analisi del caso Toscana, dimostra come solo il 12% delle vittime sia stata causata da rappresaglia, e come comunque sempre ci si trovi di fronte a risposte sproporzionate, definibili oggi come crimini contro l’umanità e non azioni di guerra. Gli ordini erano di una guerra ai civili voluta dai massimi vertici militari germanici. IMPORTANTE: la petizione potrà essere firmata nei gazebo che l'ANPI allestirà in tutta Italia domenica 18 novembre - Giornata Nazionale del tesseramento.

L'ANPI DENUNCIA IL SINDACO DI AFFILE

La Segreteria nazionale ANPI ha deliberato di sporgere formale denuncia presso la Procura della Repubblica di Tivoli contro il Sindaco di Affile, Ercole Viri, ed altri eventuali compartecipi, a seguito dell'erezione del monumento-sacrario a Rodolfo Graziani, per vari reati (apologia del fascismo, apologia di delitti ed altri reati previsti dalla legge Mancino). "Con la denuncia - presentata il 20 settembre si precisa in un comunicato - si chiederà anche che la Procura compia accertamenti sulle modalità della realizzazione del monumento con fondi pubblici, ai fini di ulteriori valutazioni. È stato dunque dato mandato al legale dell'ANPI di procedere". Il monumento-sacrario al generale Graziani, firmatario delle leggi razziali e criminale di guerra condannato a 19 anni di carcere, è stata realizzato beneficiando di un contributo di 180 mila euro stanziati dalla Regione Lazio, guidata dall'ex governatrice, Renata Polverini.

PETIZIONE PER RIAPRIRE L'ARMADIO DELLA VERGOGNA

È stata presentata la petizione promossa dall'Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia) per chiedere che sia aperta una discussione parlamentare sulla stragi nazifasciste compiute in Italia, episodi tragici che non hanno ancora trovato la giusta evidenza civile e che sarebbero stati al centro di “un occultamento” da parte del Governo italiano. Il riferimento va alle decine di fascicoli relativi alle stragi nazifasciste compiute in Italia nel periodo 1943-45, rinvenuti nel 1994 presso la Procura Generale Militare, in quello che è stato chiamato “Armadio della vergogna”. «L'Italia non ha fatto giustizia e ha impedito che si facesse giustizia» spiega il vice presidente nazionale dell'Anpi Luciano Guerzoni, «perché i fascicoli di queste stragi, raccolti a Roma, non sono mai stati rimandati alle procure. È stato un vero e proprio sabotaggio. Purtroppo la democrazia italiana è responsabile di questo fatto. Ecco perché bisogna andare in Parlamento ad esporre questa responsabilità pubblicamente». La petizione è stata presentata dalla presidente provinciale Anpi Aude Pacchioni assieme a Luciano Guerzoni e al sindaco Pighi, con l'obiettivo di raccogliere, entro la fine di novembre, il maggior numero di firme da parte dei cittadini, affinché quei documenti siano resi accessibili a studiosi e cittadini, e affinché il Governo si faccia promotore di una richiesta di risarcimento a quello tedesco per i danni derivanti da “atti barbarici” che si stima abbiano provocato in Italia circa 15mila vittime incluse donne, anziani, bambini.

NAPOLITANO, SCONCERTO PER L'ARCHIVIAZIONE DECISA DALLA GERMANIA

"Omaggio alle vittime dell'eccidio di Bellona. Rammarico per le sconcertanti motivazioni dell'archiviazione in Germania di procedimenti giudiziari su efferate stragi naziste" Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del 69° anniversario dell'eccidio di Bellona (caserta), ha inviato al Sindaco Filippo Abbate, un messaggio con il quale rivolge un "pensiero commosso alle 54 vittime innocenti travolte, insieme a tantissime altre, dall'inumana barbarie del nazifascismo che funestò l'Italia in quel tragico periodo della nostra storia". "La memoria della strage - ha continuato il Capo dello Stato - deve essere perpetuata, affinchè quelle vite così tristemente e assurdamente spezzate, siano sempre di monito e insegnamento per le nuove generazioni e le inducano a profondere ogni possibile sforzo per la costruzione di un mondo fondato sui valori di libertà, pace e dignità della persona, sanciti dalla Carta costituzionale". "Nello stesso tempo - ha aggiunto il Presidente Napolitano - registriamo con profondo rammarico le sconcertanti motivazioni con le quali è stata disposta, in Germania, l'archiviazione di procedimenti giudiziari contro soggetti accusati di partecipazione diretta a efferate stragi naziste. Idealmente presente, formulo a lei, signor Sindaco, ai familiari delle vittime e alla cittadinanza tutta, i sentimenti della mia partecipe vicinanza". Da poarte sua il presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia aveva così commentato l'archiviazione decisa dalla Procura di Stoccarda: “Che si possa archiviare 'per mancanza di prove' una vicenda storicamente accertata e per la quale dieci cittadini tedeschi sono stati condannati in Italia, in tutti i gradi di giudizio, all’ergastolo, è veramente inaudito e incredibile, perché significa che non ci si è resi conto dell'orrenda tragedia compiuta, per mano tedesca e fascista, e non si è pensato non solo alle ragioni imposte dal diritto ma neppure a quelle imposte dalla umanità”. Dieci erano stati gli ergastoli decisi dalla magistratura italiana, in tre gradi di giudizio, per ex soldati della Reichsführer SS che, nell'agosto 1944, compì la strage. La sentenza del tribunale di La Spezia era chiara: gli indagati, essendo in servizio nelle forze armate tedesche, nemiche durante la fine della Seconda guerra mondiale dell'Italia: “Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, tutti, secondo la specifica qualità e mansione, contribuendo alla materiale realizzazione del crimine e comunque reciprocamente rafforzandosi nel proposito delittuoso, il mattino del 12 agosto 1944, alle ore 7 circa e seguenti, in Sant'Anna di Stazzema, senza necessità e senza giustificato motivo, per cause non estranee alla guerra e anzi nell'ambito e con finalità di un'ampia operazione di rastrellamento pianificata e condotta contro i partigiani e la popolazione civile che a quelli si mostrava solidale, cagionava la morte di numerose persone - verosimilmente tra le 457 e le 560 circa, tra le quali, e in prevalenza, anziani, donne e bambini - le quali non prendevano parte alle operazioni militari, agendo con crudeltà e premeditazione”. Tuttavia, per otto degli ex militari - due sono deceduti in questi anni – il tribunale tedesco non considera provata la responsabilità individuale, nonostante l'appartenenza al reparto colpevole dell'eccidio, e pertanto li ha prosciolti. Non è tutto. In un comunicato i magistrati tedeschi sostengono che la strage non fu programmata da parte dell'esercito nazista, poiché non esistono documenti in merito. Giungono a ipotizzare che l'obiettivo delle SS fosse la guerra ai partigiani e la deportazione di uomini abili al lavoro, e che la violenza sui civili fu conseguente al fallimento dell'azione. Ma la storia ha raccontato, e la giustizia italiana ne ha tenuto conto, di come fosse in atto nei venti mesi di occupazione nazista del nord Italia una vera e propria guerra alla popolazione civile. Inoltre, come ha dichiarato il pm al processo italiano, Marco De Paolis, alcuni dei dieci indagati erano rei confessi. “Così - ha aggiunto Smuraglia - le 560 vittime, i loro familiari, i loro figli e nipoti, restano sullo sfondo, come figure irrilevanti, perché non si è stati in grado di capire che così si rinnova il loro dolore, visto che da anni invocano verità e giustizia, senza successo. C’è da restare attoniti e sgomenti a fronte di provvedimenti come questo, che si muovono su un filone mai estinto, ed al quale non è mancato l’apporto della Corte dell’Aja, che ha dato più rilievo al ruolo del diritto che non ai valori ed ai diritti umani”. E' dunque necessario continuare l'azione di testimonianza, di studio perchè, come dichiarato sempre dal presidente Anpi: “Bisogna perseguire la verità ed affermare le ragioni della storia, contrapponendole ad ogni tentativo di ridurre la gravità estrema di quanto accaduto in Italia, tra il ‘43 e il ‘45. Bisogna arricchire le ricerche storiche, condurre in porto i procedimenti penali ancora aperti. Ma bisogna anche ottenere una discussione parlamentare seria sulle stragi, sulle responsabilità tedesche e fasciste, sulle responsabilità collegate all’armadio della vergogna nella loro complessità non solo giuridica ma anche politica". "Deve andare avanti - precisa Smuraglia - l'interrogazione presentata da un gruppo di senatori e reiterata alla Camera, e la raccolta firme sotto la petizione popolare lanciata a Marzabotto. E infine bisogna premere sul governo, perché si proceda nella 'trattativa' con la Germania, che doveva avviarsi dopo la sentenza dell’Aja e di cui non si sa nulla”. “Noi - ha concluso Smuraglia - ci riteniamo impegnati a tutto questo e riteniamo che sia la migliore risposta ai magistrati di Stoccarda, così come ai tanti tentativi di far cadere l’oblio su vicende imprescrittibili. Ed è anche questo il modo migliore per esprimere la solidarietà più forte, affettuosa e sincera, alle vittime, ai sopravvissuti ed ai familiari della strage di S. Anna di Stazzema, così come a tutte le vittime ed i familiari della strage di Marzabotto e di tante altre terribili stragi”.

LA GERMANIA ARCHIVIA LA STRAGE DI SANT'ANNA DI STAZZEMA

La Procura di Stoccarda ha archiviato l'inchiesta per la strage nazista di Sant'Anna di Stazzema, la località toscana in cui il 12 agosto 1944 furono massacrati 560 civili. La decisione è stata motivata con l'assenza di prove documentali comprovanti la responsabilità individuale dei 17 accusati ancora in vita, tra cui il novantunenne Gerhard Sommer, condannato nel 2005 all'ergastolo insieme ad altri 8 imputati dal tribunale di La Spezia.

PROIBIRE LE MANIFESTAZIONI DI FORZA NUOVA

Appello del presidente nazionale dell'Anpi al ministro degli Interni "È una vergogna!". Questo il primo commento del presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia, sulla notizia che il movimento neofascista "Forza Nuova" ha deciso di scendere in piazza in molte città il prossimo 29 settembre. "Già da tempo denunciamo - spiega Smuraglia - il rifiorire di rigurgiti fascisti, in tante forme, ma sempre con i soliti vessilli, i soliti richiami a ideologie fasciste e naziste, da tempo sconfitte e superate. Adesso, abbiamo la concomitanza di undici manifestazioni in altrettante piazze; e per parlare di futuro, ma soprattutto di rivoluzione. Ci sarà qualcuno che abbia il coraggio di vietarle? Ci sarà qualcuno nelle istituzioni pubbliche che abbia chiara la concezione che emerge da tutta la Carta Costituzionale, di assoluta contrarietà ad ogni forma di fascismo? Ci sarà qualcuno che ricorderà che il fascismo è anche quello delle leggi razziali e delle persecuzioni contro gli ebrei e che questo basta, da solo, per rendere penalmente illegittima, ai sensi della legge Mancino, qualunque manifestazione che a quella ideologia si richiami, o ne faccia apologia o mostri di volerne continuare, in qualunque forma, la tragica esperienza? Ci sarà qualcuno che comprende la gravità della parola rivoluzione, specialmente in bocca di forze fasciste? " "Vorremmo tanto che fosse così, che Governo, Ministero degli interni, Prefetti, Questori avessero sotto mano la Carta Costituzionale e verificassero l'incompatibilità con essa delle manifestazioni preannunziate, traendone le conseguenze. Soprattutto, vorremmo che si considerasse che non si tratta (solo) di un problema di ordine pubblico, ma di coerenza con i principi costituzionali". Smuraglia manda una precisa richiesta alle autorità competenti: "Chiediamo di essere coerenti con la Costituzione a cui hanno giurato fedeltà e di impedire lo scempio che si intende proporre nelle nostre città e particolarmente in quelle che tanto hanno sofferto per colpa del fascismo e che hanno sempre dimostrato una netta e precisa volontà antifascista". "Un appello particolare - precisa il presidente dell'Anpi - lo rivolgiamo al Ministro degli Interni, che in varie occasioni ha mostrato saggezza e coerenza democratica: intervenga e faccia il suo dovere, impartendo le opportune disposizioni per tranquillizzare i tanti cittadini che fremono al solo ricordo del fascismo e non tollerano che chicchessia ce ne riproponga l'immagine ed i simboli, arricchendoli con propositi rivoluzionari?". Naturalmente conclude Smuraglia "noi vigileremo, per parte nostra; ma il compito fondamentale è di chi è stato delegato a garantire, ad ogni livello, l'assoluto rispetto dei fondamenti e dei principi di una Costituzione profondamente e intrinsecamente antifascista". "La democrazia deve essere difesa e garantita, prima di tutto, da parte dei pubblici poteri. Ad essi ci rivolgiamo perché vogliano e sappiano svolgere il ruolo che loro spetta in un Paese democratico".

L'ANPI DICE SI' AL REFERENDUM SULL'ARTICOLO 18

L'Anpi dice sì alla proposta di referendum sull'articolo 18 dello statuto dei lavoraratori. Spiega la segreteria nazionale: "Il Paese oggi più che mai ha bisogno di tutele e garanzie fondamentali per chi lavora. Gli strumenti per ottenere ciò sono molteplici e tutti legittimi, sicché è condivisibile l'obiettivo perseguito dai promotori del referendum". Premessa: è stata presentata una proposta di referendum sostanzialmente per il ripristino del testo originario dell'art. 18 e per l'abrogazione dell'art. 8 della legge 13.8.2011 n. 138, soprattutto nella parte in cui si consentono deroghe al contratto collettivo nazionale in virtù di accordi contrattuali di minor livello. "L'Anpi - si anticipa - non ha bisogno di ricordare che su questi temi si è pronunciata ripetutamente, contro le iniziative legislative di cui oggi si chiede l'abrogazione, ribadendo la propria convinzione che ragioni fondamentali di principio dovrebbero impedire di modificare norme che appartengono da tempo alla struttura ed ai fondamenti del diritto del lavoro, corrispondenti a precisi diritti dei lavoratori, che li hanno conquistati a prezzo di lunghe e dure lotte". "Siamo dunque convinti - si aggiunge - che esiste davvero la necessità di tornare alle formulazioni ed ai princìpi originari, tanto più preziosi ora in quanto attraversiamo un momento difficile della vita del nostro Paese; ed è in occasioni e in periodi come questi che vi è più che mai bisogno di tutele e garanzie fondamentali per chi lavora". "Gli strumenti per arrivare a risultati positivi sono molteplici e tutti legittimi - si precisa - sicché è condivisibile l'obiettivo perseguito dai promotori del referendum, per quanto riguarda i due quesiti sopraindicati, così come resta forte la speranza che il governo che uscirà dalle imminenti elezioni possa e sappia intervenire ripristinando quanto è stato tolto ai lavoratori, ai cittadini, al diritto del lavoro". "Ovviamente - si sottolinea - l'Anpi non vuole e non può entrare nella diatriba tutta politica sull'opportunità e sull'idoneità, in questa delicata materia, di un referendum, che peraltro dovrebbe tenersi, se ammesso, soltanto nel 2014". "Gli iscritti e le organizzazioni periferiche - conclude la Segreteria nazionale dell'Anpi - in piena libertà assumeranno ogni opportuna decisione al riguardo, considerando quanto scritto nel documento approvato dal congresso nazionale del 2011, nel quale si ribadisce l'impegno a respingere ogni tentativo di sovvertire princìpi e regole che sono previsti a garanzia della libertà e dei diritti dei cittadini e dove ancora si afferma che per garantire una forte stabilità sociale ed economica al Paese occorre attuare pienamente i princìpi costituzionali in materia di lavoro, cambiando la legislazione vigente che ha ridotto diritti e garanzie per i lavoratori".

PERCHE' LA FABBRICA CHIUDE LA PORTA ALLA COSTITUZIONE?

Qui di seguito un commento di Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi, sul caso Fiat. Fiat: ancora una volta la Costituzione sembra restare fuori, non tanto e solo dalle fabbriche, ma anche dagli uffici degli imprenditori – manager – finanzieri delle aziende di maggiore importanza. La notizia della settimana è che il grande “progetto” (Fabbrica Italia) di Marchionne, lanciato appena due anni fa, sarebbe messo in discussione, se non addirittura relegato a livello di una ipotesi molto vaga. Ovviamente, questa non è una sorpresa per quanti (fra cui noi) avevano già pensato nel 2010, che si trattasse di quella che viene comunemente definita una “bufala”. La verità è che già da allora non si sono visti investimenti, non si sono viste macchine veramente competitive sul mercato; insomma, risolti (negativamente) i casi Pomigliano e Torino, tutto pareva definito, per Marchionne, che sembra guardare sempre di più oltre l’Atlantico. È lecito tutto questo? O quanto meno, è ammissibile? Una corretta lettura dell’art. 41 della Costituzione (quello che infatti, alcuni vorrebbero abolire, per avere ancora più mano libera), imporrebbe di rispondere di no. Dove va a finire l’utilità sociale di cui parla – appunto – l’art. 41 e a che cosa si riducono i limiti previsti dal legislatore costituente per l’iniziativa economica privata (obbligo di rispetto della sicurezza, libertà e dignità umana)? Ma tant’è: ancora una volta la Costituzione sembra restare fuori, non tanto e solo dalle fabbriche, ma anche dagli uffici degli imprenditori – manager – finanzieri delle aziende di maggiore importanza. E questo è davvero grave, perché la situazione è quella che conosciamo e l’ipotesi del crollo di un segmento importante dell’attività produttiva, come la FIAT, è semplicemente spaventosa. Dalla vicenda emergono, comunque, alcuni grandi insegnamenti: - Il primo è diretto a coloro che credono (ed hanno creduto) alle roboanti parole ed ai solenni impegni di chi pensa, invece, soltanto agli affari suoi; - Il secondo, a quelle organizzazioni sindacali che hanno ritenuto che cedere al ricatto rappresentasse comunque qualche vantaggio immediato, almeno per l’occupazione; quel “vantaggio”, realizzato peraltro a carissimo prezzo (divisioni sindacali, rinuncia a princìpi fondamentali del nostro diritto del lavoro) sta rischiando di venire meno; insomma si sarebbe venduta l’anima per ben poco, a tutto vantaggio solo del diavolo; - Il terzo è diretto al Governo, stranamente esitante anche solo a pronunciarsi e ad intervenire con energia; mancanza di coraggio di fronte ad una società che in Italia ha sempre avuto più ancora che rispetto, benefici e vantaggi? Oppure, una strana timidezza, per cui ci si può pronunciare per l’Alcoa, ma non per la Fiat? Certo, la questione è di grande portata e meriterebbe che quegli insegnamenti fossero prontamente raccolti; che finalmente qualcuno si ricordasse dell’art. 41 della Costituzione e lo facesse valere; che il Governo intervenisse davvero con forza; che le divisioni sindacali cessassero (sempre meglio un po’ di resipiscenza che il perseverare nell’errore); che i partiti – dimentichi per un attimo delle solite diatribe – prendessero posizione e producessero atti e comportamenti anche in Parlamento. Se così non fosse, vorrebbe dire che si preferisce aspettare quell’autunno caldo (esplosivo) di cui ho parlato nella news precedente, e che di fronte al disastro si preferisce nascondere il capo sotto l’ala, come lo struzzo. Noi non ci rassegniamo e continueremo ad insistere perché ognuno faccia la sua parte; intanto, esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori della Fiat, giustamente preoccupati del loro futuro. Forse non è un gran sollievo, ma è bene che sappiano che in ogni frangente l’ANPI sarà al loro fianco, a battersi – ancora una volta – per la difesa dei princìpi costituzionali e per la salvaguardia dei diritti e della dignità di chi lavora.

MOBILITAZIONE PER LA CAMPAGNA ANTIFASCISTA

Prende vigore la campagna dell'Anpi per il rilancio dell'antifascismo come valore fondante. L'iniziativa viene rilanciata con forza dal presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia mentre a Isernia viene lanciato un appello alla mobilitazione dopo la condanna di un gruppo di cittadini democratici "colpevoli" di aver cantato "Bella ciao". Ma andiamo per ordine. "Ci appelliamo alle forze democratiche molisane, di centro, di destra e di sinistra, alle culture del cattolicesimo, del socialismo e del pensiero laico e liberale, che seppero unirsi nella lotta di liberazione contro il nazi-fascismo e permisero all’Italia di dotarsi di una Costituzione che ancora oggi è all’avanguardia nel mondo per principi di civiltà, di democrazia e di libertà". Inizia così l'appello dell'Anpi di Comitato Anpi Molise che così prosegue: "Chiediamo alle forze politiche e sociali di prendere posizione con nitidità sulla condanna di 7 antifascisti che cantarono “BELLA CIAO” ad Isernia e sulla manifestazione promossa sempre ad Isernia da “CASAPOUND” e “GIOVENTU’ ITALIANA del MOLISE” a cui ha partecipato anche un Repubblichino di Salò". "Come ha denunciato il giuslavorista Carlo Smuraglia, l’ex-partigiano di 88 anni, attuale Presidente Nazionale dell’ANPI, c’è un Italia che è esposta ai rischi del populismo e di un fascismo di ritorno che minerebbero le libertà costituzionali essenziali e sancirebbero l’affermazione di una cultura autoritaria e neo-fascista. Il Presidente Smuraglia ha segnalato all’opinione pubblica nazionale il paradosso di uno Stato che ad Isernia colpisce l’antifascismo e resta silente di fronte ad avvenimenti preoccupanti. Per questo l’ANPI del Molise invita le istituzioni democratiche, i sindacati, i partiti e le associazioni a mobilitarsi in ogni sede in difesa della Costituzione Italiana. "Un fatto significativo - ricorda da parte sua il presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia - si è verificato a Isernia, dove c'è stata una manifestazione di Casa Pound (autorizzata) e un sit in di protesta (anch'esso autorizzato) con disposizioni dettate per garantire che le due parti non venissero a contatto e conseguentemente anche con un enorme impiego di polizia". "Le disposizioni del Comitato per l'ordine pubblico sembrano essere state rispettate, tant'è che si è svolta la manifestazione, si è svolto il sit in, dal quale si sarebbe distaccato un gruppetto che sarebbe stato fronteggiato dalla polizia, talché sarebbe stato indotto ad allontanarsi, cantando". "Dunque - sottolinea Smuraglia - non è accaduto nulla se non che un gruppo di manifestanti si era appena mosso e soprattutto aveva cantato, e cantato, ahimè, "Bella ciao", di cui si fa cenno perfino nel decreto penale di condanna. E' quanto è accaduto in mille occasioni, in questi anni, in Italia e non ricordiamo che, ci siano stati provvedimenti e tanto meno provvedimenti giudiziari, quando non si è verificato nessun vero incidente. In questo caso, invece, la scure impietosa della giustizia si è abbattuta su un gruppetto di antifascisti, condannandoli per decreto penale, che presumo sarà oggetto di opposizione". "Al di là della banalità della vicenda - argomenta il presidente nazionale dell'Anpi - colpiscono alcune cose che non si possono non rilevare: si dimostra tolleranza per un movimento di fascisti sedicenti "del terzo millennio", che in quanto tali sarebbero fuori dalla Costituzione e dal nostro stesso sistema, come ha detto la stessa corte di Cassazione, che ha ritenuto la responsabilità penale di chi ha fatto il saluto romano in uno stadio o ha spiegato un tricolore con un fascio littorio inciso al centro. E poi si fa la faccia feroce con gli antifascisti che protestano, senza aver compiuto alcun atto di una qualsiasi rilevanza penale". "Sarà casuale, ma è singolare che nel decreto penale non ci si limiti a dire che poi si allontanavano, magari cantando, (farebbe poca differenza se silenziosamente o cantando) ma specificando che cantavano proprio "Bella ciao". In realtà, ed al di là della reale volontà dei singoli protagonisti (Questori, Prefetti, Organi di polizia, Magistrati, sicuramente convinti e determinati a fare ciascuno quello che riteneva essere il proprio dovere) si sarebbe portati a concludere che il nostro sistema statuale è più portato a tollerare i fascisti che non gli antifascisti. Se così fosse sarebbe ancora più giustificata la campagna che stiamo avviando per il rilancio dell'antifascismo in tutto il Paese, fra i cittadini ma anche nelle istituzioni, che non sempre appaiono conformi, nella sostanza e nello spirito, al disegno costituzionale, che è non solo democratico ma anche profondamente antifascista (e non solo nella dodicesima disposizione transitoria, come alcuni mostrano di credere, ma in tutti i princìpi, in tutti i valori che pervadono e percorrono la Carta Costituzionale)".

TROPPI SILENZI SULLA VERGOGNA DI AFFILE

Con i soldi pubblici realizzato un mausoleo in onore di un criminale di guerra come il generale Graziani. "In Italia c'è ancora troppa gente che guarda al passato e in particolare ad un passato che non deve tornare mai più. Mi riferisco prima di tutto all'incredibile vicenda del sacrario dedicato, con un parco, nientemeno che a Graziani, di cui gli storici hanno da tempo delineato la figura del fascista, dello spregiudicato conquistatore di colonie, del collaborazionista, del Ministro della Repubblica di Salò, dell'uomo condannato per le malefatte di guerra e di pace a 19 anni di reclusione e poi salvato da una benigna amnistia e da provvedimenti di condono". Inizia così una dichiarazione di Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi, a commento della vergognosa decisione del Comune di Affile (Roma) di realizzare un mausoleo in onore di un criminale di guerra come il generale Graziani, soprannominato il "macellaio d'africa". "Certo - spiega Smuraglia - la vicenda ha suscitato indignazione, anche se non troppa (chissà mai, potrebbe far male!) tanto che forse si sono più scandalizzati alcuni giornali stranieri, da quelli inglesi, a quelli americanie d a quelli spagnoli, che non alcuni organi di stampa del nostro Paese. L'indignazione è stata più forte e vera tra i nostri iscritti e fra i tanti cittadini democratici che sono convintamente antifascisti e hanno trovato che quanto accaduto era davvero troppo, tanto da raggiungere il livello della provocazione". "Ma ancor più ci ha colpito il fatto - sottolinea a ancora Smuraglia - che sia intervenuto il finanziamento da parte della Regione Lazio, a riprova di quanto bisogno ci sia ancora di democratizzare perfino il nostro sistema delle autonomie e delle pubbliche istituzioni. 130.000, 00 euro non sono una cifra indifferente. E questa somma è stata bruciata in un attimo solo per consentire un'operazione indegna e contraria a tutti i princìpi su cui si fonda il nostro Paese, oltre che alla storia". "E' necessario, peraltro, porsi anche qualche domanda. Possibile che questa scelta sia esplosa all'improvviso, nel mese di agosto, come se si trattasse dell'idea nata in quel momento e subito realizzata? Non è credibile perché sappiamo bene che un'operazione del genere ha bisogno di un'istruttoria, ha bisogno del rispetto di alcune regole e di alcune deliberazioni, insomma di un iter sostanzialmente complesso. Ma questo iter si è svolto in un silenzio diffuso, senza che vi fosse una vera opposizione, un segnale di allarme, nulla? Oppure qualcosa è avvenuto e ci è stato taciuto da una stampa poco responsabile? Anche questo sarebbe un aspetto da approfondire, perché quel silenzio se ci fosse stato, come sembrerebbe, allo stato delle nostre conoscenze sarebbe altrettanto grave, perché rivelerebbe la carenza di un antifascismo davvero pronto a reagire, a denunciare, a far capire ciò che si sta compiendo".

giovedì 30 agosto 2012

MANIFESTO ANTIFASCISTA

Manifesto Anpi-Istituto Cervi per una campagna antifascista Quello che segue è il documento elaborato da ANPI nazionale e Istituto Alcide Cervi - presentato il 25 luglio alla "pastasciuttata" che tradizionalmente viene organizzata a Casa Cervi - che sarà la base della campagna che verrà lanciata in settembre per rilanciare l'antifascismo e contrastare il neofascismo. Per un nuovo impegno e una nuova cultura antifascista 1) Benché in Italia esista un gruppo consistente, diffuso e coerente di veri, sinceri e impegnati antifascisti, non c’è dubbio che il Paese avrebbe bisogno di una forte iniezione di antifascismo, capace di diffonderlo fra i cittadini e di farlo penetrare nella cittadella delle istituzioni, come condizione essenziale per il consolidamento della democrazia. Ciò a maggior ragione perché ci troviamo in una fase in cui in tutta Europa spirano venti di conservazione, di populismo e addirittura, in alcuni casi, di autoritarismo: donde la crescita e la diffusione di movimenti dichiaratamente neonazisti. In Italia, quelli che apparivano semplici rigurgiti di nostalgia, si stanno manifestando con rinnovato impegno, con rinnovata ampiezza e con crescente diffusione. Si aprono nuove sedi di movimenti neofascisti, si assumono iniziative, spesso ardite, da parte di Forza Nuova, di “Fiamma Tricolore”, di “Casa Pound”, con un vero e proprio crescendo e spesso con la protezione e l’incoraggiamento anche da parte di pubblici amministratori. Cresce anche la violenza delle manifestazioni, anche da parte di coloro che – storicamente – risorgono in occasione delle crisi cercando di approfittarne e finiscono sempre per porre in essere vere e proprie spinte verso destra, i cui sbocchi – sempre sotto il profilo storico – sono sempre stati nefasti. Si aggiungono anche i tentativi di collegamento, addirittura a livello europeo, di cui è manifesta dimostrazione il convegno neofascista e neonazista di Milano, con un forte afflusso di esponenti della destra “nera” da tutta Europa. In questa situazione complessiva, la linea di difesa di coloro che credono nei valori della democrazia e dell’antifascismo è ancora troppo debole e spesso incerta tra la reazione immediata e la riflessione più ampia e il tentativo di coinvolgere nella resistenza e nel contrattacco, molti cittadini e le stesse istituzioni. Colpisce il fatto che l’esposizione di simboli fascisti e le manifestazioni aperte di fascismo e nazismo lascino indifferente tanta parte dei cittadini, che non ne considera la gravità e la pericolosità, e trovino un clima troppo tiepido anche nelle istituzioni che dovrebbero garantire il rispetto della Costituzione. Istituzioni che, al più, possono prendere in considerazione il problema sotto il profilo dell’ordine pubblico, senza avvedersi che il problema è molto più serio e coinvolge princìpi e tematiche riferibili ai valori costituzionali. Tutto questo trova le sue radici nel fatto che il nostro Paese non ha mai fatto i conti con il proprio passato, non ha mai analizzato e fatto conoscere a fondo il fascismo, ha trascurato non di rado le pagine più belle della nostra storia, come la Liberazione dai tedeschi e dai fascisti, ed infine è stato troppo tiepido di fronte ai continui attacchi di negazionismo e di revisionismo. Si è diffusa la falsa idea di un fascismo “buono” e “mite”, contro la verità e la realtà, a fronte dei tremila morti del primo periodo del fascismo, delle leggi razziali, delle persecuzioni di chi non era fascista e della guerra in cui sono stati mandate al massacro decine di migliaia di giovani e si è rovinato e distrutto il Paese. Revisionismo e negazionismo favoriscono la sottovalutazione dei fenomeni, producono diseducazione e disinformazione, non aiutano la diffusione di un antifascismo di fondo, che dovrebbe essere il connotato comune di tutte le generazioni. Ancora più grave il fatto che le stesse Istituzioni, mai liberate del tutto dalle incrostazioni fasciste, facciano così poco per trasformarsi in quegli organismi democratici che disegna la Costituzione, con fondamentali disposizioni come l’art. 54 e l’art. 97, ma poi con tutto il quadro dei princìpi che ne costituiscono l’ossatura, il fondamento e la base. Eppure dovrebbe essere chiaro che ogni spazio che si lascia aperto e ogni ostacolo che oggettivamente si frappone allo sviluppo della democrazia, rappresentano un’occasione di crescita dei movimenti fascisti e nazisti; e dunque dev’essere evitata ogni possibile concessione, volontaria o meno, ai nemici della democrazia. Il fatto che un Comune come quello di Roma possa mostrare aperta simpatia verso i movimenti neofascisti, così come il fatto che troppi prefetti e questori restino inerti (oppure si attestino, come si è detto, sull’ordine pubblico) a fronte di manifestazioni che dovrebbero ripugnare alla coscienza civile di tutti, sono rivelatori di una permeabilità assai pericolosa per istituzioni che – per definizione – dovrebbero essere democratiche. Ma c’è di più: è una singolare “dimenticanza” quella di un Governo (quello attuale) che, ripartendo i contributi annuali in favore di Associazioni combattentistiche, li assegna (e in misura ridotta) soltanto alle Associazioni d’arma, ma nulla prevede, per il 2012, per le altre Associazioni e in particolare per quelle partigiane, con provvedimenti che sanno di vera e autentica discriminazione. Ma c’è dell’altro. Noi siamo convinti che gran parte degli appartenenti alle forze dell’ordine sia rispettosa delle norme costituzionali e dei doveri connessi alla loro funzione; ma non possiamo non constatare che ancora troppi sono gli episodi di violenza ingiustificata e arbitraria, da quelli collettivi (per tutti, l’esempio del G8 di Genova) a quelli individuali (episodi anche recenti, di cui si è diffusamente occupata la stampa, come i pestaggi di cittadini inermi e gli “anomali” trattamenti riservati ad alcuni arrestati). Questo dimostra che è ancora insufficiente il livello di democratizzazione e di formazione all’interno di Corpi che dovrebbero essere sempre e concretamente impegnati nella difesa della democrazia e della convivenza civile, nel profondo rispetto dei diritti del cittadino. Infine, la scuola. Davvero questa scuola è in grado di educare i cittadini alla cultura della legalità, al culto della democrazia, ad una seria e consistente formazione antifascista? E’ appena il caso di ricordare che perfino nella legge “Scelba (n.645/1952), all’art. 9, si dettava una norma (peraltro mai applicata fino ad oggi) che disponeva che fosse diffusa nelle scuole e fra i giovani la conoscenza di ciò che è stato il fascismo. Se, infine, si passa alle istituzioni più decentrate, il problema è altrettanto evidente; ci sono Regioni che non hanno mai adottato alcun provvedimento a favore della ricerca storica sugli eventi più recenti e della formazione di una cultura democratica; altre hanno adottato provvedimenti del genere, che applicano – peraltro - con criteri discutibili, oppure non li rendono – di fatto – operanti in termini concreti. Generale e diffusa è poi la sottovalutazione dei fenomeni europei, dei pericoli che derivano dalle esperienze populistiche e autoritarie in atto e di quelli che nascono dai collegamenti che si vanno istituendo tra le organizzazioni, comprese quelle italiane, che si ispirano al neofascismo e al neonazismo. 2. Insomma, un quadro davvero insoddisfacente e per alcuni versi addirittura preoccupante, contro il quale occorre reagire non solo episodicamente, ma in modo coordinato e diffuso, che riguardi i cittadini, le associazioni, i partiti, i movimenti, ma si riferisca anche alle istituzioni. Occorre, cioè, delineare un programma non solo di difesa democratica, ma anche di sviluppo dell’antifascismo e della cultura dei valori e dei princìpi costituzionali. Un programma – politico e culturale - che riguardi tutti, senza esclusioni e senza eccezioni, e che sia fortemente impegnato e partecipato. Un programma che sia fondato su questi essenziali elementi: a) A fronte delle manifestazioni di neofascismo, per le quali la contrapposizione violenta non serve e talvolta è addirittura dannosa, occorrono prese di posizione delle associazioni e delle istituzioni, dichiarazioni di non gradimento da parte di pubbliche autorità, elettive e non, interventi degli organi preposti all’ordine pubblico soprattutto sotto il profilo della non compatibilità di tali manifestazioni con i princìpi costituzionali visti nel loro complesso (non è solo la dodicesima disposizione transitoria a mostrare una linea antifascista, ma è l’intero complesso dei princìpi e delle disposizioni normative ad assumere tale carattere). Occorrono, quando sia ritenuto opportuno, presìdi delle forze democratiche, ovviamente pacifici, ma idonei a dimostrare e a contrapporre una forte presenza antifascista; b) Le associazioni democratiche e antifasciste devono assumere in posizione centrale nei loro programmi di lavoro, la formazione dei propri iscritti e anche quella dei cittadini, per una compiuta conoscenza di ciò che è stato il fascismo e di ciò che rappresentano certi simboli di morte e di guerra e per una corretta informazione anche sul contributo dei fascisti alla persecuzione degli ebrei, degli antifascisti, dei partigiani e perfino delle popolazioni civili, soprattutto negli anni dal ‘43 al ‘45, quando i fascisti non furono da meno i tutti i casi in cui si scatenò la barbarie nazista; c) Le stesse Associazioni devono impegnarsi a fondo per contribuire a creare una cultura della legalità e della cittadinanza, un culto della convivenza civile, della tolleranza e della coesione, contro ogni forma di discriminazione e dei fondamenti e dei contenuti della Carta Costituzionale; d) Regioni e Comuni devono considerare, nei loro programmi di attività, il contributo della ricerca storica per la conoscenza del fascismo e della Resistenza, il rispetto delle festività più significative sul piano dei valori (come il 25 aprile e il 2 giugno) e scendere in campo in prima persona contro ogni tentativo di negare o svalorizzare i significati ad esse collegati, garantendo la più ampia partecipazione dei cittadini e contrastando, in ogni forma, tutte le manifestazioni contrarie allo spirito che pervade la Costituzione italiana; e) Le istituzioni centrali devono fare quanto occorre per rendere il “corpo” dello Stato il più possibile democratico e vicino alle esigenze ed alle attese dei cittadini, e per garantirne l’impermeabilità rispetto ad ogni intrusione da parte di chi non si richiama ai valori costituzionali; devono altresì procedere alla formazione, al loro interno, del personale perché si ispiri alle regole dettate dalla Costituzione, non lasciando alcuno spazio all’autoritarismo, al sopruso, alla corruzione, al burocraticismo esasperato, alla mancanza di rispetto per i diritti dei cittadini; f) Il Governo, nel suo complesso, e in particolare i Ministeri dell’istruzione e della coesione sociale, debbono adottare misure adeguate perché si insegni nelle scuole non solo la nostra storia più recente e le sue pagine migliori (dal Risorgimento alla Resistenza) ma la stessa concezione della democrazia, Debbono altresì essere adottate misure adeguate per la formazione del cittadino alla convivenza civile ed ai valori di fondo del nostro sistema democratico; favorendo, al tempo stesso, l’integrazione e la coesione sociale e fornendo agli stranieri che si inseriscono stabilmente sul nostro territorio, gli strumenti necessari per l’acquisizione di un vero senso di appartenenza; g) Alla Magistratura, si richiede di essere attenta ai fenomeni più volte descritti ed al loro significato, e di essere pronta a intervenire contro ogni eccesso, tenendo presente che vi sono alcune leggi (come la cosiddetta legge Scelba) ormai di difficile applicazione ed altre invece (come la legge n. 205 del 1993, cosiddetta “Mancino”), che offrono potenzialità di intervento veramente notevoli anche a fronte di manifestazioni apertamente fasciste (potenzialità esattamente colte dalla stessa Corte di Cassazione con due sentenze che meritano di essere ricordate, fra le altre per la loro esplicita chiarezza nell’individuare lo stretto collegamento tra fascismo e razzismo: la sentenza n. 12026/2007 del 10 luglio 2007 e la sentenza 235/09 del 4.3.09). Certo, non è solo con la repressione che si contrastano i fenomeni più volte ricordati; tuttavia – quando ne ricorrono i presupposti – le leggi vanno applicate e fatte rispettare con convinzione, se non altro perché anche questo costituisce un significativo segnale dell’indirizzo a cui lo Stato intende attenersi; d’altro lato, l’esistenza di un procedimento penale può fungere anche come deterrente e come occasione, per le Associazioni che svolgono un’attività antifascista, per sollevare apertamente il problema e far conoscere la realtà, insomma in qualche modo creare fra i cittadini quell’interesse e quella “cultura” antifascista di cui più volte abbiamo parlato, superando ogni forma di agnosticismo, ed ogni tipo di sottovalutazione. 3. Si apre, dunque, una grande battaglia, che richiede un impegno diffuso, da parte di tutti i cittadini e delle Istituzioni. Uno studioso ha scritto di recente un libro con un titolo significativo: “Italia: una nazione senza Stato”, osservando che se si è ormai costruita l’anima (la Nazione) manca, tuttavia, un “corpo” che a quella corrisponda (cioè una Costituzione non solo bella ma applicata concretamente e rispettata, Governi duraturi, Parlamento che funziona, leggi comprensibili e ispirate a interessi generali, strutture organizzative efficienti e imparziali, burocrazia non arcigna ma fatta per il cittadino, e così via). Noi siamo d’accordo, in linea di principio, ma pensiamo che in materia di democrazia e di antifascismo ci sia bisogno di uno slancio salutare e innovativo sia per l’anima che per il corpo; ed a questo vogliamo contribuire con una grande campagna di massa per creare una vera cultura dell’antifascismo e della democrazia, per disperdere ogni vocazione autoritaria e populistica, per ricreare la fiducia reciproca fra cittadini e istituzioni. Una Repubblica, dunque, in cui non ci sia più spazio per un passato tragico e doloroso che mai più deve poter tornare in nessuna forma, in questo Paese. Per quanto riguarda le Associazioni firmatarie del presente documento, deve essere chiaro che esse intendono collocarsi in prima linea, nel quadro dell’impegno e della campagna di informazione e formazione, e dunque politica e culturale, con tutte le forze e gli strumenti di cui le rispettive organizzazioni dispongono, facendo in modo che la questione dell’antifascismo e della democrazia diventi veramente una questione nazionale e si avvii verso sbocchi ampiamente e concretamente positivi per l’intera collettività.

SCONCERTANTE SENTENZA

Sette antifascisti molisani dovrebbero pagare 1350 euro di multa per aver cantato "Bella ciao" e aver gridato "il Molise è antifascista". No, non è uno scherzo del caldo agostano. E' una sentenza di un Trbunale della Repubblica Italiana nata dalla resistenza. Una notizia sconcertante ma purtoppo vera. "Ribalta il dettato costituzionale ed ignora la XII disposizione transitoria della stessa Costituzione che persegue il fascismo e non l’antifascismo", commentano i rappresentanti del "Coordinamento Prima Persona Molise". La vicenda risale al 29 ottobre 2011. Per quel giorno l'organizzazione neofascista "Casapond" aveva organizzato una manifestazione ospitata dalla Provincia. Gli antifascisti di Isernia protestano e vanno a presidiare la piazza. Dove cantano "Bella ciao" e gridano "il Molise è antifascista". Da qui una denuncia sfociata nella sentenza di condanna notificata a metà agosto. Sconcertante e vergognosa.

AFFILE VERGOGNA NAZIONALE

"Celebrare il criminale di guerra Graziani è un offesa all'Italia democratica". Questo in sintesi il significato della presa di posizione dell'Anpi di Roma a proposito dell'indecente notizia proveniente dal Comune di Affile dove l'amministrazione municipale, dopo aver inaugurato un busto in memoria dell'on. Giorgio Almirante, è pronta a inaugurare di un "sacrario" dedicato al gen. Graziani. Graziani fu condannato a 19 anni di carcere per crimini di guerra (anche se poi non scontò che in minima parte la pena) e va quindi ricordato solo come un criminale, colpevole di gravissimi reati contro l'umanità. "Il suo curriculum - precisa Vito Francesco Polcaro, presidente del Comitato provinciale ANPI di Roma - vanta, tra l'altro, la feroce repressione della rivolta libica all'occupazione italiana, l'uso di gas asfissianti e numerose stragi anche di civili nella guerra di aggressione fascista all'Etiopia, il decreto che ordinava l'esecuzione dei renitenti alla leva durante la repubblica di Salò, nella quale egli fu ministro della difesa. Un simile personaggio è una vergogna per la nostra Nazione e va ricordato solo come un esempio del livello di infamia al quale seppe arrivare il regime fascista, dal quale il Paese potè riscattarsi solo grazie all'eroismo dei partigiani".

giovedì 7 giugno 2012

FESTA ANPI PROVINCIALE MONZA E BRIANZA

Mercoledì 13 giugno alle ore 18,00, presso il centro sportivo di Besana Brianza,si terrà l’inaugurazione della quarta festa dell’Anpi provinciale di Monza e Brianza. Per cinque giorni l’Anpi proporrà un intenso e ricco programma che prevede concerti,spettacoli teatrali,incontri tematici,presentazioni di libri e mostre . Il filo conduttore della manifestazione è sintetizzato nel titolo della festa: “Lavoro, diritti, giustizia sociale: i valori costituzionali per il futuro”. L’ANPI è convinta che si possa affrontare questa grave crisi che il paese sta affrontando mettendo al centro i temi della difesa dei diritti,della coesione e della giustizia sociale,valori fondanti della nostra Costituzione,che devono ispirare anche l’iniziativa di oggi. Bisogna partire dai diritti per giungere a quella giustizia sociale che costituisce il fondamento della democrazia conquistata con la lotta di Resistenza contro la dittatura nazifascista. La festa dell’ANPI vuole rappresentare un momento di svago, con spettacoli di qualità ,ma anche di riflessione sulla nostra storia e sul nostro presente. Qui a fianco il link per accedere al programma della festa! Vi aspettiamo!

sabato 2 giugno 2012

EL ALAMEIN ? PER L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE UNA MISSIONE DI PACE.

L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia sezione di Carate Brianza ha ricevuto nei giorni scorsi l’invito a partecipare con il proprio labaro alla manifestazione “Grazie Ragazzi” organizzata dall’Amministrazione comunale caratese e in programma per il prossimo 3 giugno. Un’iniziativa che ricade nell’ambito delle celebrazioni della Festa della Repubblica e della Costituzione Italiana. Non intendiamo addentrarci nuovamente nel dibattito relativo alle cosiddette “missioni di pace” dei militari italiani negli scenari di guerra oltre confine. Abbiamo più volte espresso la nostra posizione in merito. L’Italia, dopo essere stata liberata nel 1945 dalla dittatura nazifascista, scelse di ripudiare la guerra, scrivendolo nero su bianco nell’articolo 11 della Costituzione Italiana. Quella Carta Costituzionale su cui pongono giuramento coloro che, in nome del popolo italiano, governano il Paese. Quella Carta Costituzionale che deve, lo sottolineiamo con decisione, essere applicata da ogni figura istituzionale, ivi incluse le amministrazioni comunali. Intendiamo esprimere lo sconcerto e la preoccupazione per la scelta dell’amministrazione comunale di inserire in un “percorso” storico-didattico” una mostra dedicata alla battaglia di El Alamein. L’iniziativa “Grazie ragazzi”, si legge sul volantino che pubblicizza l’evento, è dedicata ai militari italiani in missione di pace dal dopoguerra ad oggi. La battaglia di El Alamein come può inserirsi in questo contesto? I soldati italiani furono sacrificati dal fascismo in un’ assurda guerra coloniale. Guerra di conquista, guerra di aggressione a fianco della Germania nazista. Qual è l’intento didattico – educativo nell’affiancare una pagina buia della storia italiana alla celebrazione della Festa della Repubblica? Cosa racconterà l’amministrazione comunale alle eventuali scolaresche che verranno a visitare la mostra? Forse il Sindaco e la Giunta ritengono che gli uomini della “Folgore” caduti ad El Alamein hanno svolto lo stesso compito dei soldati italiani caduti a Nassiriya? Si scorge un trionfalismo guerraiolo, uno sfoggio della potenza militare, una mistificante messa in comune delle tragedie dell’ultimo secolo costate immani sacrifici e lutti con una festa, quella del 2 giugno, destinata a ricordare la nascita della repubblica dopo la liberazione dal dominio nazifascista. Noi abbiamo una bussola e un orizzonte di riferimento che, oggi più che mai, ci richiama alla difesa di una repubblica fondata sulla pace, il lavoro, i diritti, la giustizia sociale: questi da sempre i nostri valori costituzionali, che appartengono al 2 giugno e ai cittadini caratesi. Ecco perché il 3 giugno non ci saremo. Anpi Carate Brianza

giovedì 3 maggio 2012

LIBERE SEMPRE

Semplicemente libere: confronto fra generazioni dalla Resistenza ad oggi". Questo il tema della manifestazione che si svolgerà il 4 maggio - su iniziativa dell'ANPI Nazionale - alle ore 17,30 nella Sala Giorgio Fregosi della Provincia di Roma (Via IV Novembre, 119/a). Programma: Saluto di Giuseppina Maturani, Presidente del Consiglio Provinciale di Roma Interventi di: Marisa Ombra, partigiana, scrittrice, Vice Presidente Nazionale ANPI, autrice del volume "Libere Sempre" (ed. Einaudi); Paola Soriga, scrittrice, autrice del volume "Dove finisce Roma" (ed. Einaudi); Lucrezia Boari, giovane iscritta all'ANPI; Coordina Carlo Smuraglia, Presidente Nazionale ANPI. Un articolo di Marisa Ombra Quanto vale l’esperienza di una persona – e che cosa può dire ad altri? In particolare, quando quell’esperienza è stata vissuta in una situazione eccezionale e nel caso che fra la persona che racconta e la persona che ascolta, corra un tempo enorme, nel mio caso qualcosa come settant’anni? E’ la prima domanda che mi sono posta quando sono stata sollecitata a scrivere il mio ultimo libro "Libere Sempre", più che altro una lettera lunga. Temo che l’esperienza sia un fatto singolare, nel senso che ciascuno nasce in un tempo e in un sistema di relazioni specifici e si sente per così dire “nuovo”, quello che c’era prima è vecchio e sorpassato, ciò che faccio e che penso deve venire solo da me, devo inventarlo io, senza principi prestabiliti. Tuttavia, nella vita dell’adolescente, nel momento della crescita o addirittura dell’infanzia , può accadere qualcosa, incontrare qualcuno – può capitare di avere ascoltato una parola o un fatto che ti hanno colpito, sono stati registrati dalla memoria e destinati a segnare la tua vita. A me è accaduto e credo sia accaduto a tanti, se non a tutti. La scelta della Resistenza, per esempio, nel mio caso ha un antefatto: avevo più o meno 10 anni, quando, finita la scuola elementare, mio padre, operaio, uomo di poche parole ma di idee chiare, mi mise in mano “I miserabili” dichiarando “ora sei in grado di capire”. Credo di dovere a quel primo libro importante – importante per i miei anni – se, quasi a mia insaputa, si sono fissati nella mia testa alcuni principi che sempre hanno determinato, da allora in poi, i miei comportamenti. O che, almeno, hanno funzionato da punti di riferimento , anche quando la situazione avrebbe reso difficile rispettarli. Sarebbe veramente presuntuoso immaginare che qualche parola , qualche immagine descritta in questa lettera, abbia il potere di incidersi nella memoria di una ragazza di oggi. E tuttavia mi ha indotta a provarci il sentimento di impotenza davanti a ciò che stava succedendo e tuttora succede, e dunque la necessità forte di fare comunque qualcosa, di provarci. Ho pensato che anche se una sola adolescente fosse raggiunta da quel colloquio virtuale, sarebbe stato un successo. Questa lettera, dunque, più che un messaggio, è un desiderio. Il desiderio di un ponte tra mondi tanto diversi eppure tanto eguali per certi versi. Che cosa tento di comunicare alla quattordicenne del libro? Storie di vita ed esperienze che sono accadute a me e a tante altre, ma che possono accadere e qualsiasi ragazza di oggi. Racconto come le ho affrontate, con quale fatica e anche con quale allegria, come ci si sente quando si evita una sfida immaginando di sottrarsi a una fatica o a un dolore, e quando invece la sfida si accetta e magari si vince e si ha la felice sensazione di essere riuscita a tenere in mano la tua vita. Racconto quanto sia essenziale guardare dietro le apparenze, cercare di capire se ci sia consistenza oppure solo immagini, e dunque quanto sia importante far funzionare il cervello, in assoluto la parte più importante del nostro corpo, ben più importante della bellezza. Quanto ci si possa sentire appagate, e persino felici, quando si raggiunge la certezza di esserci fatte valere per quel che siamo, che facciamo, che pensiamo, avendo scelto liberamente e mettendo sempre avanti la dignità. Racconto, facendo esempi, di come il senso di responsabilità personale faccia tutt’uno con la libertà e la dignità. Rifletto non astrattamente sulle difficoltà che questa generazione si trova a vivere. Sembrandomi che fra la generazione di oggi e chi aveva vent’anni nel dopoguerra, ci siano molti punti di contatto. Entrambe si sono trovate infatti con alle spalle cumuli di macerie, materiali e morali. Niente di recuperabile era dietro la mia generazione. Dovevamo comunque farcela, non c’erano alternative. Ce l’abbiamo fatta. Oggi è sicuramente tutto più complicato. Ma anche oggi non ci sono alternative e tocca alle ragazze e ai ragazzi reinventare i rapporti, il lavoro, i sistemi economici, in sostanza la vita. Il mondo. Non molto diversamente da settant’anni fa. Con la differenza che oggi ci sono più strumenti a disposizione, più conoscenze, più possibilità di entrare in relazione persino tra continenti. Dunque, non si deve rinunciare alla speranza. Marisa Ombra Vice Presidente Nazionale ANPI

IL TRENO DEI MILLE

Mille giovani. Frequentano le ultime classi di scuola secondaria superiore o i primi anni d’Università, vengono da tutta Europa e s’incontrano a Bruxelles il 5 maggio per un viaggio che li condurrà ad Auschwitz e Birkenau. Mille erano i deportati nei convogli verso i Campi di sterminio, e mille saranno le ragazze ed i ragazzi che, sotto l’Alto Patronato di Sua Maestà il Re dei Belgi, dalla Fondazione Auschwitz, la FIR e l’Istituto Belga dei Veterani in collaborazione con l’ANPI, raggiungeranno Cracovia con “Il Treno dei 1000”. La delegazione italiana è tra le più numerose, una trentina di giovani provenienti da tutta la penisola, dalla Puglia alla Lombardia passando per il Lazio, le Marche, l’Umbria, l’Emilia Romagna, la Liguria, il Piemonte ed il Friuli, senza dimenticare le sezioni ANPI in Europa, dalla Francia e, ovviamente, dal Belgio. Il gruppo sarà accompagnato da insegnanti, dirigenti delle varie associazioni di resistenti e antifascisti d’Europa e da ex deportati, e dopo un giorno intero ad Auschwitz sarà a Birkenau l’8 di maggio, anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale per una grande commemorazione alla presenza di Elio di Rupo, Primo Ministro belga. Assieme a Carlo Saletti, ricercatore esperto dell’Olocausto che collabora con il Centre de documentation juive contemporaine di Parigi, accompagnano la delegazione italiana Marcello Basso (presidente dell’ANPI di Venezia), Daniele Susini (presidente dell’ANPI di Rimini), e Filippo Giuffrida (Vicepresidente dell’ANPI del Belgio e Coordinatore del Progetto del Treno dei 1000. Anche l'Anpi provinciale di Monza e Brianza parteciperà con due giovani ragazze. A presto un report del viaggio.

SFILATE NEOFASCISTE A MILANO

L'ANPI di Milano denuncia le sfilate neofasciste. La denuncia della segreteria dell'ANPI Provinciale di Milano si riferisce a quanto avviente, ormai da anni, il 29 aprile per commemorare Ramelli e Pedenovi in Piazzale Susa: "croci celtiche, saluti romani, divise nere, simboli funerei della repubblica di Salò, come testimoniato ampiamente dalle fotografie pubblicate sui principali quotidiani italiani". L'ANPI Provinciale di Milano ha da sempre espresso la sua ferma condanna della feroce aggressione nei confronti del diciassettenne missino Sergio Ramelli, morto dopo oltre trenta giorni di atroce agonia e dell'uccisione del consigliere provinciale del Movimento Sociale Italiano, Enrico Pedenovi. E si ricorda: "Nella seduta del Consiglio Comunale del 24 settembre 1985, l'allora Presidente dell'ANPI Provinciale di Milano Tino Casali nel denunciare "la vile uccisione del giovane missino Ramelli avvenuta nel 1975 e nell'auspicare che venisse fatta piena luce su quell'episodio come su altri gravi fatti di sangue che avevano drammaticamente colpito la nostra città (uccisione di Claudio Varalli, Alberto Brasili, Gaetano Amoroso, Fausto e Iaio ad opera di neofascisti) e offuscata la coscienza dei valori di fondo che regolano i nostri ordinamenti democratici" si chiedeva "quale poteva essere l'etica morale e politica, che spingeva quei giovani di venti anni di una parte o dell'altra, ad aggredire e persino ad uccidere a sangue freddo dei loro coetanei". "Nessuno nega il diritto legittimo - si sottolinea - di ricordare giovani, come Ramelli, vittime della violenza, purchè esso si svolga nel rigoroso rispetto dei principi e delle regole democratiche. Ciò che condanniamo e che riteniamo inaccettabili sono le sfilate che ogni anno si svolgono per commemorare Ramelli e Pedenovi in Piazzale Susa, con croci celtiche, saluti romani, divise nere, simboli funerei della repubblica di Salò, come testimoniato ampiamente dalle fotografie pubblicate sui principali quotidiani italiani". "Riteniamo che tutto ciò, oltre ad offendere la memoria di Milano, Città medaglia d'Oro della Resistenza, si pone in aperto contrasto con il carattere antifascista della nostra Costituzione, con quanto prevede la XII disposizione transitoria e finale della Carta Costituzione che vieta "la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito fascista" e con quanto stabilito dalle leggi Scelba e Mancino. Chiediamo quindi alle autorità che i responsabili di queste manifestazioni di aperta apologia di fascismo vengano identificati e denunciati, e alle Forze preposte alla difesa dell'ordine pubblico che le tetre sfilate che puntualmente ogni 29 Aprile hanno luogo nelle vie della nostra città vengano vietate, perché profondamente offensive del carattere antifascista di Milano e della memoria di chi ha sacrificato la propria giovane vita per restituire la libertà e la democrazia al nostro Paese".

domenica 29 aprile 2012

GRANDE SUCCESSO PER "BRIANZA PARTIGIANA" A MONZA

Proponiamo due contributi video relativi alla presentazione della mostra "Brianza partigiana" presso la Galleria civica di Monza. Nella prima parte Leonardo Visco Gilardi,coautore della mostra assieme ad Emanuela Manco e Rossana Valtorta. Nella seconda il discorso del Presidente nazionale dell'ANPI,Carlo Smuraglia.

SUSANNA CAMUSSO 25 APRILE 2012

CARLO SMURAGLIA, MANIFESTAZIONE NAZIONALE 25 APRILE

Ancora una volta, siamo qui a festeggiare il 25 aprile, in tantissimi, molti di più dell’anno scorso, siamo in 50.000, a dispetto di quelli che pensano che la Resistenza e la Liberazione vanno dimenticate. Purtroppo, in questo anno, molti ci hanno lasciato; Nori Pesce, Stellina Vecchio, Rosario Bentivegna, Miriam Mafai, Giorgio Bocca e tanti altri. Sono qui con noi e li riuniamo tutti in un abbraccio commosso; non li dimenticheremo. Nei giorni scorsi a Roma al Liceo Avogadro vi è stata la contestazione di un partigiano con domande sciocche e provocazioni puerili da parte di un gruppetto di giovani di destra e chiaramente fascisti. Ma pochi giorni prima, di fronte al funerale di un eroe della Resistenza, a Roma, c’è stato chi aveva gridato “assassino”; e l’invettiva è stata ripetuta anche da parlamentari e dirigenti del Pdl. Intanto una buona parte di commercianti milanesi ha preteso di tenere aperti i negozi, come se dall’apertura di questo pomeriggio dipendessero le sorti della crisi e come se fossero indifferenti all’idea di una festa che da tempo è stata dichiarata festa nazionale. Tutto questo, a tanti anni di distanza, colpisce e preoccupa. In oltre 60 anni non è ancora passata l’idea che la Resistenza è una delle pagine più esaltanti e gloriose della storia del nostro Paese, di cui tutti dovrebbero essere fieri e andare orgogliosi. Continua il negazionismo, continua il revisionismo e l’uso politico della storia. E intanto, periodicamente, ci parlano di una memoria condivisa; è il colmo dell’ipocrisia: deformare la memoria, negare pagine intere della nostra storia e poi pretendere una sorta di abbraccio generale, che sarebbe ipocrita e falso e rappresenterebbe una vera e propria negazione della storia. Non perché noi vogliamo fomentare odi e mantenere divisioni, chè anzi siamo convinti che un Paese civile dovrebbe avere una memoria condivisa nel senso di un minimo di patto o di intesa tra forze politiche e forze sociali che individuasse almeno nella liberazione del nostro Paese e nella sua Costituzione le fondamenta per costruire qualcosa di comune, su cui fondare la convivenza civile, la memoria collettiva e su cui potrebbero assumere un senso vero ed attuale le cerimonie, le corone, gli onori resi alle lapidi e ai caduti. Questi ultimi sono certo tutti uguali di fronte alla morte; ma non possono essere uguali davanti alla storia, perché alcuni sono caduti per la libertà ed altri per la sopraffazione e la dittatura. E i loro sogni e le loro speranze troncate non potevano che essere profondamente diversi. D’altronde, ad impedire una memoria condivisa c’è anche questo continuo rigurgito di neofascismo e neonazismo, in varie forme, in Italia e in Europa, quasi che il processo di liberazione che in forme diverse si è attuato in tutti i Paesi europei tra il ’43 e il ’45 fosse una pagina da dimenticare e superare. Coloro che fanno manifestazioni fasciste, che inaugurano sedi con saluti e insegne fasciste, che innalzano le insegne di un tragico passato dovrebbero vergognarsi, perché tutto questo sa di orrore e di morte e ci obbliga a ricordare le migliaia di caduti per la libertà i militari uccisi per non aver voluto sottostare alla prepotenza tedesca, i combattenti e deportati, le donne che hanno fatto irruzione nella storia politica, in quel periodo, come mai era caduto nel passato, i contadini e i civili che hanno aiutato i partigiani in ogni momento e di fronte ad ogni difficoltà. E’ un ricordo che nessun revisionismo può cancellare. E’ una memoria che bisogna aiutare a sconfiggere gli insulti del tempo e gli attacchi dei revisionisti; è una memoria da rendere viva, come materia di conoscenza e di riflessione, per tutti coloro che non hanno vissuto quella esperienza, ma amano la democrazia ed aspirano ad un futuro migliore. Certo, come si può ancora sperare in un Paese degradato e smarrito come il nostro? Come si può reagire contro il degrado politico e morale, contro la corruzione dilagante, contro la conquista da parte delle varie mafie perfino di zone che un tempo ne erano indenni, contro la caduta verticale della politica, contro la perdita del lavoro e la dignità del lavoro, contro le disuguaglianze, il razzismo, la xenofobia, contro una riforma del mercato del lavoro che mira al rovesciamento dell’intero nostro sistema lavorista, costruito in tanti anni di lavoro e di lotta? Come si può reagire contro la stagnazione, contro la crisi, contro lo strapotere delle banche e del mondo finanziario? Con quali strumenti e con quali alleanze? C’è chi ha proposto con forza il tema delle indignazione: bisogna indignarsi di più, vincere l’indifferenza, l’assenteismo, il rifiuto della politica come tale, e lo scoraggiamento. Abbiamo detto mille volte che siamo d’accordo, che bisogna combattere contro quei nemici della democrazia e reagire allo sconforto e dunque indignarsi di più. Ma abbiamo anche aggiunto che indignarsi non basta, se non si propongono e costruiscono vere alternative, se non si individuano gli strumenti e i mezzi per riportare in primo piano i valori della Costituzione nata dalla Resistenza. Non ci sono scorciatoie. Le grandi lotte del 68 – 69 avevano obiettivi ambiziosi; i lavoratori scendevano in piazza non solo per difendere i contratti di lavoro o per ottenerne di migliori, ma anche per rivendicare il diritto alla casa, alle riforme sociali necessarie per garantire a tutti lavoro, dignità e sicurezza sociale, per garantire la presenza dei lavoratori e dei loro sindacati nelle fabbriche. E furono raggiunti, nonostante tutto, alcuni obiettivi fondamentali fra i quali vanno sempre ricordato lo statuto dei lavoratori, ma anche la legge sul divorzio, sull’aborto, sul diritto di famiglia, la riforma carceraria del 1975 e così via. E’ quella della lotta e dell’unità fra le forze antifasciste democratiche l’unica strada che può pagare ed aiutarci ad uscire da questo terribile degrado. Del quale non si esce con la violenza; quando lo si è fatto, a Roma, nell’ottobre scorso, il risultato è stato quello di vanificare perfino una manifestazione pacifica degli indignados, che si stava svolgendo contemporaneamente in tutti i Paesi del mondo. Qualcuno, è bene saperlo, può giocare anche su questo, perfino sulla nostra indignazione. Ed è facile convincersene guardando alla storia, che dimostra quante volte risposte violente ma senza sbocchi alla crisi hanno favorito un ulteriore degrado ed hanno portato il Paese in mano alla destra, al fascismo, al nazismo. Noi non vogliamo finire così, noi ricordiamo che la liberazione dell’Italia dai tedeschi e fascisti è stata possibile perché tutti sono riusciti a mettere da parte qualcosa dei loro convincimenti e dei propri obiettivi, per cercare di trovare la forza di combattere insieme per un duplice obiettivo: quello della liberazione dai tedeschi e dai fascisti e per la democrazia. Festeggiare il 25 aprile deve servirci per ricordare quel grande esempio, al quale dobbiamo il privilegio di disporre di una Costituzione tra le più belle ed avanzate del mondo. Una Costituzione rimasta in gran parte inattuata proprio perché l’unità della resistenza si ruppe, e non si trovò più la possibilità di compiere insieme il cammino necessario almeno per realizzare il bene comune ed attualizzare ed attuare i princìpi e i valori costituzionali. In questi anni abbiamo visto di tutto: gli attacchi alla democrazia, le stragi, il terrorismo; abbiamo visto anche ripetuti attacchi alla stessa carta Costituzionale, con tentativi di modificarla o vanificarla, in forme espliciti o addirittura striscianti. Il Paese ha resistito perché nonostante le divisioni c’è stata almeno una volontà comune di difendere il terreno democratico. Hanno tentato perfino di imporci, come modello, il perseguimento dell’interesse individuale e personale a scapito di quello generale. Ma anche quel tentativo è nella sostanza fallito anche se ha lasciato sul terreno tanti effetti nefasti: non solo gli scandali, ma il disprezzo delle regole, le collusioni con le mafie, la caduta morale e culturale del Paese, il disagio dei cittadini, il distacco crescente nei confronti di questa politica. Ma abbiamo resistito anche a questo ed abbiamo dato tante prove di una volontà di riscatto, come la manifestazione delle donne del 13 febbraio 2011, i successi di forze nuove e democratiche in alcune città come Milano, Cagliari e Napoli (e qui ne abbiamo un esempio con la presenza del Sindaco Pisapia), il successo nei referendum del giugno scorso; l’enorme raccolta di firme per l’abrogazione di un’iniqua legge elettorale, che i partiti non si decidono ancora a modificare in senso favorevole ai cittadini e per restituire ad essi la libertà di decidere e di scegliere. Su questa strada bisogna insistere, perché non è la strada della sola sinistra, ma è quella di tutti coloro che credono nei valori fondamentali nell’antifascismo, nella Costituzione, nella democrazia. Ecco perché insistiamo a ripetere che questa giornata è e deve essere la festa di tutti, nel ricordo di un impegno diffuso e comune per la libertà e la democrazia. E’ in nome di quei combattenti, di quei caduti, che oggi dobbiamo assumere l’impegno solenne di fare tutti insieme – nelle istituzioni, nei partiti, nei movimenti, nelle organizzazioni sociali e nella nostra stessa vita quotidiana – tutto ciò che è necessario perché di fascismo non si possa parlare mai più, perché si esca dalla crisi con un progresso dell’intera società e col riconoscimento dei diritti delle categorie finora più disagiate; perché si costruisca un Paese depurato dagli scandali e dalla corruzione dilagante, ma anche ispirato all’equità ed all’utilità sociale, come vuole la nostra Costituzione; un Paese in cui non ci sia posto per disuguaglianze e razzismo, in cui il bene comune prevalga sempre e comunque sugli interessi individuali; in cui insomma i valori a cui oggi ci richiamiamo ricordando la Resistenza, divengano finalmente e fino in fondo i valori e i princìpi su cui si regge la vita, faticosa e difficile, del nostro Paese, nel quadro di un consolidato antifascismo e di una più forte e robusta democrazia. link permanente a questa pagina: http://anpi.it/a706/

MILANO 25 APRILE