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venerdì 30 aprile 2010
BERLINO 1945, LA GUERRA MAI VISTA NELLE FOTO RITROVATE
Cliccate sul link sottostante per vedere le foto inedite
http://www.repubblica.it/esteri/2010/04/27/foto/berlino_1945-3652586/1/
http://www.repubblica.it/esteri/2010/04/27/foto/berlino_1945-3652586/1/
FASCISTI SFILANO PER LE VIE DI MILANO
Corteo di destra nelle vie di Milano.
In centinaia con croci celtiche e tricolori.
La destra ha ricordato Sergio Ramelli, giovane missino ucciso 35 anni fa, Carlo Borsani e Enrico Pedenovi
Con le fiaccole, le bandiere con le croci celtiche e i tricolori italiani alcune centinaia di militanti di estrema destra (800 per la questura, oltre 1.000 per gli organizzatori) hanno sfilato per le vie di Milano in ricordo di Sergio Ramelli, giovane missino ucciso 35 anni fa, e di altri due camerati, Carlo Borsani e Enrico Pedenovi, uccisi anche loro il 29 aprile.
La lenta parata, in puro stile militare, con i passi scanditi dai tamburi, si è aperta con una adunata in piazzale Susa, dove al grido di "presente" e col saluto romano è stata omaggiata la memoria di Carlo Borsani, sottotenente della Rsi, lì ucciso dai partigiani 65 anni fa. Al corteo, aperto dallo striscione "onore ai camerati caduti", hanno partecipatp tutte le sigle dell'estrema destra, da Forza Nuova agli Hammerskin e a Casa Pound e alcuni esponenti politici milanesi del Pdl come la consigliera provinciale Roberta Capotosti.
Il corteo ha sfilato lungo le strade del quartiere Città Studi, raggiungendo i luoghi dove furono uccisi anche gli altri due "martiri": Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù, ucciso a 19 anni nel 1975 da un commando di Avanguardia operaia, e il consigliere provinciale Enrico Pedenovi, massacrato esattamente un anno dopo da Prima linea. Durante il tragitto alcuni residenti del quartiere hanno rivolto improperi contro i militanti di estrema destra intonando anche Bella ciao.
tratto da La Repubblica.it
giovedì 29 aprile 2010
VERGOGNE D' ITALIA !
Una messa di suffragio per i 65 anni dalla morte di Benito Mussolini, è stata celebrata mercoledì sera nella chiesa dei Servi a Vicenza. L’appuntamento, annunciato con un’inserzione tra i necrologi del Giornale di Vicenza, è stato promosso dalla federazione provinciale di ‘Continuita’ Ideale.
”Onore al Duce d’Italia – si legge nel necrologio – cav. Benito Mussolini ucciso per mano di un partigiano. I camerati vicentini lo ricordano assieme a tutti i caduti della Rsi”. Alla messa, celebrata da don Alessio Graziani parroco dei Servi, ha preso parte una sessantina di persone, trenta delle quali fedeli abituali della messa vespertina.
“Come eravamo d’accordo – ha detto all’ANSA il sacerdote che ricopre anche l’incarico di addetto stampa della Diocesi di Vicenza – gli attivisti hanno lasciato fuori dalla chiesa bandiere e gagliardetti”. Don Graziani ha celebrato regolarmente la liturgia (“in suffragio non in onore”) “che non ha avuto nulla di diverso della messa che ogni sera si celebra in parrocchia”.
“Solamente, nel momento del ricordo dei defunti – ha spiegato il parroco – si è pregato per l’anima del Duce e dei giovani caduti repubblichini. Personalmente non ho celebrato questa eucaristia né per simpatie ideologiche, nonostante il mio cognome, la mia famiglia é stata anzi duramente provata durante il fascismo né tantomeno per interessi materiali”. Il parroco infine ha sottolineato che la chiesa dei Servi “non è la chiesa dei camerati o lo è nella stessa misura in cui potrebbe esserlo dei compagni qualora questi venissero a chiedere una messa in suffragio dell’anima di Lenin o di Stalin, naturalmente senza bandiere rosse”.
Fonte: Indymedia Roma
2) ANPI E CGIL condannano necrologio Mussolini
Vicenza, 28 apr. (adnkronos) - "A ridosso del 25 aprile commemorato in questi giorni in tutta Italia e alla Scala di Milano da un altissimo discorso pronunciato dal Presidente Napolitano, una organizzazione neo fascista di Vicenza ha voluto sul Giornale di Vicenza del 28 aprile fare un annuncio mortuario inneggiante al duce Mussolini, giustiziato su sentenza del Clc. L'annuncio mortuario e' una gravissima provocazione i cui effetti negativi ricadono su chi la ha ideata e realizzata". Dura la posizione dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani di Vicenza, dell'Istituto Storico della Resistenza di Vicenza e della CGIL di Vicenza in merito al necrologio pubblicato oggi dal quotidiano vicentino ad opera della sezione locale di 'Continuita' Ideale'.
"Una grave offesa - dice una nota della Cgil - e' stata recata alla Resistenza italiana che nelle montagne e nella pianura di Vicenza fu segnata da episodi di sangue, di eroismo, di ricerca di liberazione per il trionfo della liberta' e dalla pace. Gli antifascisti, i combattenti, i democratici di Vicenza non dimenticano. La loro dedizione alla liberta', alla Repubblica e alla Costituzione e' un impegno di vita".
Fonte: Indymedia Roma
3) Forlì: necrologio sul giornale per Benito Mussolini
FORLI' - Un necrologio dedicato al 65° anniversario della morte di Benito Mussolini, avvenuta esattamente il 28 aprile 1945. E' quanto è apparso mercoledì mattina sulle pagine locali del Resto del Carlino. Nell'inserzione a pagamento, senza foto, prima del nome Mussolini, compare una frase che intende essere evocativa "Quando un popolo continua a esaltare il clima della guerra civile è lontano il tempo della pacificazione". Mittente del messaggio è Gastone Proli, ex segretario provinciale Msi negli anni Novanta.
Lo stesso Carlino, incuriosito dall'inserzione, ha chiesto a Proli il motivo di questo necrologio, che può apparire una provocazione, anche per la vicinanza al 25 aprile, il giorno della Liberazione, che anche quest'anno è passato col suo strascico di polemiche. Ma Proli, nelle sua intervista al giornale respinge questo dubbio: "Non offendo nessuno, ricordo solo Mussolini e con lui tutti i caduti della guerra civile. Onoro chi ha combattuto per le proprie idee".
Fonte: Indymedia EmiliaRomagna
4) Stefania Craxi: il 25 aprile occorreva rendere omaggio a Mussolini e Starace
E' questa la reazione a caldo di Massimo Rendina, Presidente dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Roma e del Lazio, dopo aver appreso l'indecente proposta avanzata da Stefania Craxi, parlamentare del Pdl e Sottosegretario agli Esteri, che lamenta "l'assenza di coraggio nel panorama politico e istituzionale di compiere un gesto simbolico che restituisca agli italiani la verità della loro storia".
E chiede di fatto "di recarsi a piazzale Loreto per un atto di cancellazione dell'atroce oltraggio inflitto al cadavere di Benito Mussolini". Ma non solo. La Craxi vorrebbe che venisse commemorata anche la fucilazione del gerarca fascista Achille Starace, ex segretario del Pnf, che a suo dire sarebbe avvenuta dopo un processo sommario da parte dei "partigiani antifascisti, sotto il macabro scenario dei cadaveri appesi per i piedi alla tettoia di un distributore di benzina". Parole provocatorie che piovono come un macigno per chi quell'epoca l'ha dovuta subire con enorme sofferenza.
"Non si può cambiare la storia - precisa Rendina - . Noi non entriamo in polemica con la signora Stefania Craxi che non consideriamo un'interlocutrice quando afferma queste cose."
In sintesi l'esponente del Pdl rimarca il fatto che la storia in nessun caso deve essere tagliata in comparti separati tra loro e proprio per questo sarebbe un gesto simbolico, specialamente dopo dopo il 25 aprile, recarsi nella piazza dove fu impiccato il Duce. Tuttavia gli elementi storici dovrebbero essere ripresi nella loro completezza per capire appieno le conseguenze, la rabbia e l'indignazione che ha provocato il ventennio fascista.
Tra l'altro ricordare il fedelissimo mussoliniano Achille Starace dimostra una mancanza di rispetto per le migliaia di persone che patirono per sua mano. Fu proprio Starace a dirigere tra il 1939 e il 1941 la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, dopo aver abbracciato con estrema convinzione l'antisemitismo con le sue barbare leggi razziali emanate nel '38 e sostenne senza riserve l'alleanza tra Adolf Hitler e Mussolini. Cose di poco contro, forse per la parlamentare del governo Berlusconi che pensa di cancellare con un comunicato stampa le atrocità di uno dei periodi più bui della nostra storia.
A partire dalle persone che subirono sotto il regime fascista il carcere e il confino politico e la fucilazione dopo essere stati giudicati da un Tribunale Speciale, chiaramente di parte, ai 700mila abissini trucidati con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani. Per non parlare dei 110mila caduti nella Lotta per liberare l'Italia o dei 45.000 italiani deportati nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno. E si potrebbe andare ancora avanti. Come diceva Baruch Spinoza "Non si piange sulla propria storia, si cambia rotta". Il 25 aprile del 1945 infatti gli italiani cambiarono rotta nonostante le lacrime di sangue versato. E' proprio vero, chi non conosce la storia farebbe di tutto pur di riviverla.
Fonte: Indymedia Toscana
”Onore al Duce d’Italia – si legge nel necrologio – cav. Benito Mussolini ucciso per mano di un partigiano. I camerati vicentini lo ricordano assieme a tutti i caduti della Rsi”. Alla messa, celebrata da don Alessio Graziani parroco dei Servi, ha preso parte una sessantina di persone, trenta delle quali fedeli abituali della messa vespertina.
“Come eravamo d’accordo – ha detto all’ANSA il sacerdote che ricopre anche l’incarico di addetto stampa della Diocesi di Vicenza – gli attivisti hanno lasciato fuori dalla chiesa bandiere e gagliardetti”. Don Graziani ha celebrato regolarmente la liturgia (“in suffragio non in onore”) “che non ha avuto nulla di diverso della messa che ogni sera si celebra in parrocchia”.
“Solamente, nel momento del ricordo dei defunti – ha spiegato il parroco – si è pregato per l’anima del Duce e dei giovani caduti repubblichini. Personalmente non ho celebrato questa eucaristia né per simpatie ideologiche, nonostante il mio cognome, la mia famiglia é stata anzi duramente provata durante il fascismo né tantomeno per interessi materiali”. Il parroco infine ha sottolineato che la chiesa dei Servi “non è la chiesa dei camerati o lo è nella stessa misura in cui potrebbe esserlo dei compagni qualora questi venissero a chiedere una messa in suffragio dell’anima di Lenin o di Stalin, naturalmente senza bandiere rosse”.
Fonte: Indymedia Roma
2) ANPI E CGIL condannano necrologio Mussolini
Vicenza, 28 apr. (adnkronos) - "A ridosso del 25 aprile commemorato in questi giorni in tutta Italia e alla Scala di Milano da un altissimo discorso pronunciato dal Presidente Napolitano, una organizzazione neo fascista di Vicenza ha voluto sul Giornale di Vicenza del 28 aprile fare un annuncio mortuario inneggiante al duce Mussolini, giustiziato su sentenza del Clc. L'annuncio mortuario e' una gravissima provocazione i cui effetti negativi ricadono su chi la ha ideata e realizzata". Dura la posizione dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani di Vicenza, dell'Istituto Storico della Resistenza di Vicenza e della CGIL di Vicenza in merito al necrologio pubblicato oggi dal quotidiano vicentino ad opera della sezione locale di 'Continuita' Ideale'.
"Una grave offesa - dice una nota della Cgil - e' stata recata alla Resistenza italiana che nelle montagne e nella pianura di Vicenza fu segnata da episodi di sangue, di eroismo, di ricerca di liberazione per il trionfo della liberta' e dalla pace. Gli antifascisti, i combattenti, i democratici di Vicenza non dimenticano. La loro dedizione alla liberta', alla Repubblica e alla Costituzione e' un impegno di vita".
Fonte: Indymedia Roma
3) Forlì: necrologio sul giornale per Benito Mussolini
FORLI' - Un necrologio dedicato al 65° anniversario della morte di Benito Mussolini, avvenuta esattamente il 28 aprile 1945. E' quanto è apparso mercoledì mattina sulle pagine locali del Resto del Carlino. Nell'inserzione a pagamento, senza foto, prima del nome Mussolini, compare una frase che intende essere evocativa "Quando un popolo continua a esaltare il clima della guerra civile è lontano il tempo della pacificazione". Mittente del messaggio è Gastone Proli, ex segretario provinciale Msi negli anni Novanta.
Lo stesso Carlino, incuriosito dall'inserzione, ha chiesto a Proli il motivo di questo necrologio, che può apparire una provocazione, anche per la vicinanza al 25 aprile, il giorno della Liberazione, che anche quest'anno è passato col suo strascico di polemiche. Ma Proli, nelle sua intervista al giornale respinge questo dubbio: "Non offendo nessuno, ricordo solo Mussolini e con lui tutti i caduti della guerra civile. Onoro chi ha combattuto per le proprie idee".
Fonte: Indymedia EmiliaRomagna
4) Stefania Craxi: il 25 aprile occorreva rendere omaggio a Mussolini e Starace
E' questa la reazione a caldo di Massimo Rendina, Presidente dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Roma e del Lazio, dopo aver appreso l'indecente proposta avanzata da Stefania Craxi, parlamentare del Pdl e Sottosegretario agli Esteri, che lamenta "l'assenza di coraggio nel panorama politico e istituzionale di compiere un gesto simbolico che restituisca agli italiani la verità della loro storia".
E chiede di fatto "di recarsi a piazzale Loreto per un atto di cancellazione dell'atroce oltraggio inflitto al cadavere di Benito Mussolini". Ma non solo. La Craxi vorrebbe che venisse commemorata anche la fucilazione del gerarca fascista Achille Starace, ex segretario del Pnf, che a suo dire sarebbe avvenuta dopo un processo sommario da parte dei "partigiani antifascisti, sotto il macabro scenario dei cadaveri appesi per i piedi alla tettoia di un distributore di benzina". Parole provocatorie che piovono come un macigno per chi quell'epoca l'ha dovuta subire con enorme sofferenza.
"Non si può cambiare la storia - precisa Rendina - . Noi non entriamo in polemica con la signora Stefania Craxi che non consideriamo un'interlocutrice quando afferma queste cose."
In sintesi l'esponente del Pdl rimarca il fatto che la storia in nessun caso deve essere tagliata in comparti separati tra loro e proprio per questo sarebbe un gesto simbolico, specialamente dopo dopo il 25 aprile, recarsi nella piazza dove fu impiccato il Duce. Tuttavia gli elementi storici dovrebbero essere ripresi nella loro completezza per capire appieno le conseguenze, la rabbia e l'indignazione che ha provocato il ventennio fascista.
Tra l'altro ricordare il fedelissimo mussoliniano Achille Starace dimostra una mancanza di rispetto per le migliaia di persone che patirono per sua mano. Fu proprio Starace a dirigere tra il 1939 e il 1941 la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, dopo aver abbracciato con estrema convinzione l'antisemitismo con le sue barbare leggi razziali emanate nel '38 e sostenne senza riserve l'alleanza tra Adolf Hitler e Mussolini. Cose di poco contro, forse per la parlamentare del governo Berlusconi che pensa di cancellare con un comunicato stampa le atrocità di uno dei periodi più bui della nostra storia.
A partire dalle persone che subirono sotto il regime fascista il carcere e il confino politico e la fucilazione dopo essere stati giudicati da un Tribunale Speciale, chiaramente di parte, ai 700mila abissini trucidati con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani. Per non parlare dei 110mila caduti nella Lotta per liberare l'Italia o dei 45.000 italiani deportati nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno. E si potrebbe andare ancora avanti. Come diceva Baruch Spinoza "Non si piange sulla propria storia, si cambia rotta". Il 25 aprile del 1945 infatti gli italiani cambiarono rotta nonostante le lacrime di sangue versato. E' proprio vero, chi non conosce la storia farebbe di tutto pur di riviverla.
Fonte: Indymedia Toscana
martedì 27 aprile 2010
ANCHE TU PUOI SOSTENERE L' ANPI !
Destinare il 5 per mille della dichiarazione dei redditi 2009 all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è semplice:
Nel quadro Scelta per la destinazione del cinque per mille dell’Irpef dei Modelli CUD, 730-1 e Unico apponi la tua firma solo nel primo dei tre spazi previsti, quello con la dicitura "Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a), del D.Lgs. n. 460 del 1997”
Sotto la firma inserisci il Codice Fiscale dell’ANPI: 00776550584
È importante firmare anche se il calcolo della tua Irpef è pari a zero o a credito: la ripartizione delle somme tra i beneficiari viene calcolata in proporzione al numero di sottoscrizioni ricevute da ciascun soggetto.
Quindi firma e fai firmare in favore dell'ANPI!
Si PRECISA che questa donazione del 5 per mille, NON E’ IN ALTERNATIVA ALL’8 per mille per le Chiese e lo Stato, ma è in AGGIUNTA
L'ESTREMA DESTRA AVANZA. ARTICOLO DI SAVERIO FERRARI.
Poche decine, soprattutto anziani, con i labari dell'Uncrsi (Unione nazionale dei combattenti della repubblica sociale italiana) e dell'Anai (Associazione nazionale arditi d'Italia), hanno sfilato in fila per cinque, la mattina di domenica scorsa, 18 aprile, per i vialetti del cimitero maggiore di Milano, fino al campo X, dove sono raccolte le spoglie di alcune centinaia di repubblichini caduti tra il 1943 e il 1945. A rimpolpare la compagnia anche qualche reduce della Legione Muti. Altri, in divisa delle Brigate nere, quasi si confondevano con il drappello dei carabinieri chiamati a sorvegliare la cerimonia. Alla fine, officiante “padre” Giulio Maria Tam, un prete lefebvriano vicino a Forza nuova, è stata celebrata una messa in onore di Benito Mussolini, presente un pronipote del duce.
L'iniziativa, ripresa da qualche giornale locale, rientrava in un fitto calendario di appuntamenti programmati dall'estrema destra milanese. Solo la settimana precedente, infatti, quasi in incognito, organizzato trasversalmente da esponenti sia del neofascismo milanese sia della Lega, era stato invece pubblicizzato il proposito di comporre con fiaccole in piazza Duomo una croce di dodici metri “proprio dove due anni fa i musulmani hanno pregato provocatoriamente”.
L'intervento della questura aveva evitato che la manifestazione avesse luogo. Ma ancor prima, il 23 marzo, in occasione del 91° anniversario della fondazione dei Fasci di combattimento, al cimitero Monumentale si era svolta un'altra commemorazione presso una sorta di mausoleo fatto erigere nel 1925 dal regime fascista per gli squadristi milanesi caduti nel corso dei loro assalti alle camere del lavoro e alle sedi dei partiti di sinistra. Sempre identico il nucleo promotore: ancora l'Anai e Roberto Jonghi Lavarini, fondatore di Cuore nero ora nel Popolo della libertà. L'ultima notizia, in ordine di tempo, ha infine riguardato lo spostamento, dopo le proteste dei partiti e dei movimento antifascisti, di un concerto nazi-rock organizzato da “I camerati” (una specie di coordinamento di tutte le realtà dell'estrema destra milanese, da Forza nuova a Hammerskin) dal 24 aprile, giorno in cui sarebbe stato presente a Milano per celebrare la Resistenza il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a domenica 2 maggio. Il tutto con il patrocinio e il sostegno economico del consiglio di zona, a maggioranza guidato da Pdl e Lega. Alle spalle, come madrina dell'evento, la consigliera provinciale del Pdl Roberta Capotosti, con un passato tra Forza nuova e Alleanza nazionale.
Il clou di questa vera e propria campagna di mobilitazione dovrebbe essere rappresentato dalla fiaccolata di giovedì 29 aprile per le vie del quartiere di Città studi “in ricordo di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani, caduti per mano dell'odio comunista”. Vale solo la pena di ricordare che Carlo Borsani, un importante gerarca fascista, firmatario del “Manifesto della razza”, fu attivo fino all'ultimo, a fianco dei tedeschi, nel reclutare giovani per la Rsi.
È necessario, a questo punto, domandarsi cosa stia accadendo. Questa ripresa dell'estrema destra segna un indubbio salto di qualità. Riguarda Milano, ma non solo. Il taglio delle iniziative promosse dalle diverse sigle a scadenza ravvicinata, ha via via assunto un profilo sempre più aggressivo, che esalta il fascismo repubblichino come lo squadrismo degli anni Venti, puntando a condurre un attacco aperto e frontale al 25 aprile. In questi termini non era mai accaduto. Ma soprattutto mai così esplicite erano state le coperture politiche da parte dei partiti della destra istituzionale, una delle conseguenze dell'apertura del Pdl milanese come della Lega, al reclutamento di consistenti spezzoni organizzati del neofascismo. Un fenomeno in corso, assai sottovalutato.
Prima l'ingresso nel Pdl del gruppo di Destra per Milano, poi di Area identitaria (una scheggia fuoriuscita da Cuore nero) infine di Comunità in movimento. Ma a collocarsi sotto lo stesso ombrello, sponda Comunione e liberazione, ci avevano già pensato anche i principali gruppi della destra integralista, da Alleanza cattolica al Circolo La Rocca di Benedetto Tusa. In orbita Lega, invece, si sono ultimamente posti, dopo la chiusura della sede, i rimasugli di Cuore nero, ora Casa Pound Milano, rifugiandosi in uno dei locali a disposizione di Mario Borghezio, presso il Centro identitario padano. Nel giro di un paio d'anni si è dunque realizzata una confluenza sostanziale. A rimanerne fuori solo quelli di Forza nuova, la setta neonazista degli Hammer e poco più. Un laboratorio che sta facendo scuola anche a livello nazionale, complice il bipolarismo. Già la Fiamma tricolore, non a caso, sta valutando di approdare nel suo insieme al Pdl.
La crescita delle aggressioni di matrice fascista sul territorio nazionale non è a sua volta estranea a questi fenomeni di interazione e sovrapposizione fra destra istituzionale ed estrema. In Italia tra il 2005 e il 2008 (così come monitorato dal sitowww.ecn.org/antifa, sulla base della semplice consultazione dei media nazionali e locali), si sono contati almeno 329 episodi di violenza, tra cui cinque tentati omicidi e un omicidio vero e proprio, quello del compagno Renato Biagetti di 26 anni a Focene, presso Roma, accoltellato il 27 agosto 2006. Le vittime di queste azioni sono stati soprattutto i militanti di sinistra e i giovani dei centri sociali, ma anche diversi immigrati, omosessuali e rom.
Nell'ultimo anno e mezzo, le cose non sono andate meglio. Nel 2009 si è passati dagli assalti di fine novembre a Napoli con “mazze tricolori” da parte di Casa Pound, all'accoltellamento di fine dicembre di tre studenti di sinistra a Teramo. Nei primi quattro mesi del 2010 abbiamo già avuto un accoltellamento a Modena, l'aggressione a un ragazzo marocchino a Riva del Garda, qualche pestaggio tra Firenze e Napoli, gli episodi di qualche giorno fa di Roma con l'assalto di un gruppo di naziskin a un bar gestito da una famiglia di origini ebraiche e di Alghero, dove in sei hanno aggredito due fratelli congolesi al grido di “Sporchi negri tornate a casa vostra”. Ma l'offensiva, quasi militare, sembra avere come epicentro ancora una volta Roma, con tanto di spedizioni squadriste alla Garbatella e all'Università di Tor Vergata da parte di Casa Pound e del Blocco studentesco.
A Milano, in gennaio Forza nuova ha proposto “classi separate per i bambini immigrati”, a febbraio ha pure tentato un blitz in viale Padova dopo l'uccisione di un immigrato in una rissa tra stranieri, in marzo un rabbino è stato insultato su un bus al grido “Via gli ebrei, vi ammazziamo tutti!”. Tutto ciò mentre il vicesindaco Riccardo De Corato esultava per il duecentesimo sgombero di un campo rom e un clochard, a febbraio, inspiegabilmente veniva sprangato quasi a morte al quartiere Ticinese, nella cabina telefonica divenuta il suo rifugio. L'escalation di queste violenze, minacciate o praticate, organizzate o spontanee, sembra sempre più accompagnare la crescita della destre. Da qui un nuovo spazio per i fascisti.
L'iniziativa, ripresa da qualche giornale locale, rientrava in un fitto calendario di appuntamenti programmati dall'estrema destra milanese. Solo la settimana precedente, infatti, quasi in incognito, organizzato trasversalmente da esponenti sia del neofascismo milanese sia della Lega, era stato invece pubblicizzato il proposito di comporre con fiaccole in piazza Duomo una croce di dodici metri “proprio dove due anni fa i musulmani hanno pregato provocatoriamente”.
L'intervento della questura aveva evitato che la manifestazione avesse luogo. Ma ancor prima, il 23 marzo, in occasione del 91° anniversario della fondazione dei Fasci di combattimento, al cimitero Monumentale si era svolta un'altra commemorazione presso una sorta di mausoleo fatto erigere nel 1925 dal regime fascista per gli squadristi milanesi caduti nel corso dei loro assalti alle camere del lavoro e alle sedi dei partiti di sinistra. Sempre identico il nucleo promotore: ancora l'Anai e Roberto Jonghi Lavarini, fondatore di Cuore nero ora nel Popolo della libertà. L'ultima notizia, in ordine di tempo, ha infine riguardato lo spostamento, dopo le proteste dei partiti e dei movimento antifascisti, di un concerto nazi-rock organizzato da “I camerati” (una specie di coordinamento di tutte le realtà dell'estrema destra milanese, da Forza nuova a Hammerskin) dal 24 aprile, giorno in cui sarebbe stato presente a Milano per celebrare la Resistenza il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a domenica 2 maggio. Il tutto con il patrocinio e il sostegno economico del consiglio di zona, a maggioranza guidato da Pdl e Lega. Alle spalle, come madrina dell'evento, la consigliera provinciale del Pdl Roberta Capotosti, con un passato tra Forza nuova e Alleanza nazionale.
Il clou di questa vera e propria campagna di mobilitazione dovrebbe essere rappresentato dalla fiaccolata di giovedì 29 aprile per le vie del quartiere di Città studi “in ricordo di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani, caduti per mano dell'odio comunista”. Vale solo la pena di ricordare che Carlo Borsani, un importante gerarca fascista, firmatario del “Manifesto della razza”, fu attivo fino all'ultimo, a fianco dei tedeschi, nel reclutare giovani per la Rsi.
È necessario, a questo punto, domandarsi cosa stia accadendo. Questa ripresa dell'estrema destra segna un indubbio salto di qualità. Riguarda Milano, ma non solo. Il taglio delle iniziative promosse dalle diverse sigle a scadenza ravvicinata, ha via via assunto un profilo sempre più aggressivo, che esalta il fascismo repubblichino come lo squadrismo degli anni Venti, puntando a condurre un attacco aperto e frontale al 25 aprile. In questi termini non era mai accaduto. Ma soprattutto mai così esplicite erano state le coperture politiche da parte dei partiti della destra istituzionale, una delle conseguenze dell'apertura del Pdl milanese come della Lega, al reclutamento di consistenti spezzoni organizzati del neofascismo. Un fenomeno in corso, assai sottovalutato.
Prima l'ingresso nel Pdl del gruppo di Destra per Milano, poi di Area identitaria (una scheggia fuoriuscita da Cuore nero) infine di Comunità in movimento. Ma a collocarsi sotto lo stesso ombrello, sponda Comunione e liberazione, ci avevano già pensato anche i principali gruppi della destra integralista, da Alleanza cattolica al Circolo La Rocca di Benedetto Tusa. In orbita Lega, invece, si sono ultimamente posti, dopo la chiusura della sede, i rimasugli di Cuore nero, ora Casa Pound Milano, rifugiandosi in uno dei locali a disposizione di Mario Borghezio, presso il Centro identitario padano. Nel giro di un paio d'anni si è dunque realizzata una confluenza sostanziale. A rimanerne fuori solo quelli di Forza nuova, la setta neonazista degli Hammer e poco più. Un laboratorio che sta facendo scuola anche a livello nazionale, complice il bipolarismo. Già la Fiamma tricolore, non a caso, sta valutando di approdare nel suo insieme al Pdl.
La crescita delle aggressioni di matrice fascista sul territorio nazionale non è a sua volta estranea a questi fenomeni di interazione e sovrapposizione fra destra istituzionale ed estrema. In Italia tra il 2005 e il 2008 (così come monitorato dal sitowww.ecn.org/antifa, sulla base della semplice consultazione dei media nazionali e locali), si sono contati almeno 329 episodi di violenza, tra cui cinque tentati omicidi e un omicidio vero e proprio, quello del compagno Renato Biagetti di 26 anni a Focene, presso Roma, accoltellato il 27 agosto 2006. Le vittime di queste azioni sono stati soprattutto i militanti di sinistra e i giovani dei centri sociali, ma anche diversi immigrati, omosessuali e rom.
Nell'ultimo anno e mezzo, le cose non sono andate meglio. Nel 2009 si è passati dagli assalti di fine novembre a Napoli con “mazze tricolori” da parte di Casa Pound, all'accoltellamento di fine dicembre di tre studenti di sinistra a Teramo. Nei primi quattro mesi del 2010 abbiamo già avuto un accoltellamento a Modena, l'aggressione a un ragazzo marocchino a Riva del Garda, qualche pestaggio tra Firenze e Napoli, gli episodi di qualche giorno fa di Roma con l'assalto di un gruppo di naziskin a un bar gestito da una famiglia di origini ebraiche e di Alghero, dove in sei hanno aggredito due fratelli congolesi al grido di “Sporchi negri tornate a casa vostra”. Ma l'offensiva, quasi militare, sembra avere come epicentro ancora una volta Roma, con tanto di spedizioni squadriste alla Garbatella e all'Università di Tor Vergata da parte di Casa Pound e del Blocco studentesco.
A Milano, in gennaio Forza nuova ha proposto “classi separate per i bambini immigrati”, a febbraio ha pure tentato un blitz in viale Padova dopo l'uccisione di un immigrato in una rissa tra stranieri, in marzo un rabbino è stato insultato su un bus al grido “Via gli ebrei, vi ammazziamo tutti!”. Tutto ciò mentre il vicesindaco Riccardo De Corato esultava per il duecentesimo sgombero di un campo rom e un clochard, a febbraio, inspiegabilmente veniva sprangato quasi a morte al quartiere Ticinese, nella cabina telefonica divenuta il suo rifugio. L'escalation di queste violenze, minacciate o praticate, organizzate o spontanee, sembra sempre più accompagnare la crescita della destre. Da qui un nuovo spazio per i fascisti.
lunedì 26 aprile 2010
domenica 25 aprile 2010
L' INTERVENTO DI NAPOLITANO IL 24 APRILE A MILANO
Signora Sindaco, Signor Presidente della Provincia, Signor Presidente della Regione, Signori rappresentanti del Comitato Antifascista e di tutte le associazioni partigiane e combattentistiche, Signor Presidente del Consiglio, Onorevoli parlamentari, Autorità, cittadini di Milano,
si può facilmente comprendere con quale animo io abbia accolto l'invito a celebrare a Milano il 65° anniversario della Liberazione. Con animo grato, per la speciale occasione che mi veniva offerta, con viva emozione e con grande rispetto per quel che Milano ha rappresentato in una stagione drammatica, in una fase cruciale della storia d'Italia. E tanto più forte è l'emozione nel rivolgere questo mio discorso al paese dal palcoscenico del glorioso Teatro La Scala, che seppe risollevarsi dai colpi distruttivi della guerra per divenire espressione e simbolo, nel mondo intero, della grande tradizione musicale e culturale italiana.
Si, viva e sincera è la mia emozione perché fu Milano che assunse la guida politica e militare della Resistenza. Nel gennaio del 1944, il Comitato di Liberazione Nazionale lombardo venne investito dal CLN di Roma - nella prospettiva di una non lontana liberazione della capitale, e di una separazione dell'Italia settentrionale dal resto d'Italia - dei poteri di "governo straordinario del Nord". Esso si trasformò così in Comitato Nazionale di Liberazione per l'Alta Italia e si mise all'opera per assicurare la massima unitarietà di orientamenti e di direttive al movimento di liberazione. Più avanti - superata la crisi dell'inverno 1944 e avvicinandosi la fase conclusiva della lotta - si costituirà, per assicurare anche sul piano militare la necessaria unitarietà di direzione, il Comando generale del Corpo Volontari della Libertà : lo guiderà il generale Raffaele Cadorna. Seguono ben presto i piani pre-insurrezionali, che vedono al primo posto il cruciale obbiettivo della difesa degli impianti dalle minacce di distruzione tedesche, e infine i piani operativi per l'insurrezione, soprattutto nelle tre città-chiave della Resistenza nel Nord, Torino, Milano, Genova.
Nel piano di Milano, di lì irradiandosi le direttive per tutta la periferia, è previsto l'impiego di 32 mila partigiani. L'insurrezione si prepara come sbocco, sempre più maturo, dello sviluppo - con l'approssimarsi della primavera, e al prezzo di duri sforzi e sacrifici - delle azioni partigiane (2 mila nell'area di Milano tra febbraio e aprile) ; essa non è dunque la fiammata di un giorno glorioso, ma il frutto di una lunga, eroica semina e di una sapiente organizzazione finale.
Genova è la prima ad insorgere, per decisione presa dal CLN già la sera del 23 aprile ; il piano si snoda attraverso momenti drammatici e prove magnifiche da parte delle squadre partigiane, e si conclude la sera del 25 con la firma, da parte del generale Meinhold, dell'atto di resa delle forze armate germaniche alle Forze Armate del Corpo Volontari della Liguria e, per esse, al Presidente del CLN di Genova. Ne dà l'annuncio alla radio Paolo Emilio Taviani, tra i protagonisti dell'insurrezione, con le solenni parole : "Per la prima volta nella storia di questa guerra un corpo d'Esercito si è arreso dinanzi alle forze spontanee di popolo".A Milano, la decisione viene presa, l'ordine viene impartito, per il 25 aprile - in rapporto con le notizie provenienti da Genova - dal Comitato insurrezionale : Sandro Pertini, Emilio Sereni, Leo Valiani. Cade, già nel pomeriggio del 24, prima vittima, Gina Galeotti Bianchi, dirigente dei Gruppi di difesa delle donne, la partigiana Lia, ricordata e onorata proprio giorni fa alla Camera dei Deputati. La mattina del 25 Sandro Pertini, già impegnatosi in audaci azioni di attacco, accorre alla fabbrica CGE, dinanzi ai cui cancelli due operai, precedentemente rinchiusi a San Vittore, sono stati trascinati e brutalmente uccisi anche per intimorire le maestranze : Pertini parla ai lavoratori nel piazzale portando l'appello del Comitato insurrezionale. La sera del 26 Milano è praticamente liberata. Gli ultimi reparti tedeschi capitoleranno all'arrivo in città delle divisioni partigiane dell'Oltrepo pavese.
In quei tesissimi giorni, si consumeranno a Milano anche gli ultimi tentativi di impossibili trattative cui si erano mostrati ambiguamente disponibili i capi fascisti. E a Milano si compì poi il tragico epilogo dell'avventura mussoliniana, in uno scenario di orrore che replicò altri orrori inscenati nello stesso luogo di Piazzale Loreto. La guerra era finita, con la vittoria delle forze alleate ; e insieme era finita, con la sconfitta del fascismo repubblichino, anche la guerra civile fatalmente intrecciatasi con la Resistenza.
Nel Campo della gloria al Cimitero maggiore verranno raccolti i resti mortali, verranno scolpiti i nomi, di 4.134 cittadine e cittadini milanesi caduti per la libertà tra l'8 settembre 1943 e la primavera del '45, di 2.351 partigiani del Corpo Volontari della Libertà.Ho voluto partire da un sommario richiamo a drammatici eventi, a memorabili momenti della storia della Resistenza - per quanto più volte e più puntualmente ripercorsi nelle celebrazioni del 25 aprile - perché mai in queste celebrazioni, e dunque nemmeno in quella di oggi, si può smarrire il riferimento ai fatti, al vissuto, a quel che fu un viluppo di circostanze concrete, di dilemmi, di scelte difficili, di decisioni coraggiose e costose, di sconfitte e di successi ; non si può mai smarrire il riferimento a tutto ciò, rinunciare a ricostruire e tramandare costantemente quelle esperienze reali, se non si vuole ridurre il movimento di Liberazione a immagine sbiadita o ad oggetto di dispute astratte.
Nella mia rapida rievocazione del ruolo di Milano in quegli eventi, è risuonato il nome di Sandro Pertini. E non c'è migliore occasione di questa per ricordarlo a vent'anni dalla scomparsa. Perché il suo nome spicca in tutto il percorso della Resistenza, tra quelli che da Milano la guidarono, come protagonisti del Comitato di Liberazione Alta Italia, del Comando del Corpo Volontari della Libertà, del Comitato insurrezionale.
Fu combattente instancabile, senza eguali per slancio, audacia, generosità, a cominciare dalla partecipazione - all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre - al disperato tentativo di resistere ai tedeschi nel cuore di Roma, a Porta San Paolo, dopo che il Re è fuggito a Pescara e la capitale è stata militarmente abbandonata. Pertini è lì, reduce da lunghi anni di carcere, di confino e di esilio ; è lì anche da vecchio combattente, medaglia d'argento, della prima guerra mondiale. Ne uscirà capo dell'organizzazione militare del Partito socialista per l'Italia centrale occupata.Ma già il 15 ottobre viene arrestato, insieme con Giuseppe Saragat e altri socialisti, invano interrogato per due giorni e due notti in Questura, rinchiuso a Regina Coeli (inizialmente nel braccio tedesco), fino a quando tutto il gruppo dei sette socialisti poté evaderne grazie a un piano ingegnoso che ebbe tra i suoi registi un grande patriota, poi eminente giurista e uomo pubblico, Giuliano Vassalli.
Pertini riprese così il suo posto nella lotta contro l'occupazione tedesca, cui si dedicò, da Roma, in tutti i primi mesi del '44 : il 3 aprile Vassalli fu trascinato nella famigerata via Tasso e sottoposto ad ogni violenza dalle SS. Nel mese successivo si avviano colloqui al più alto livello in Vaticano con il comandante delle SS in Italia per evitare la distruzione della capitale (e da quei contatti scaturì anche la liberazione di Vassalli). Il progetto dell'insurrezione a Roma viene accantonato ; Pertini sceglie allora, a metà maggio, di partire per Milano, perché "lassù" - disse - "c'era tanto da fare e da combattere". E da Milano si muoverà per portare il suo contributo e il suo impulso in tutto il Nord.
A luglio è chiamato a Roma per consultazioni politiche : ma si ferma a Firenze per partecipare all'insurrezione fino a liberare la città dai tedeschi. Giunto a Roma, freme per tornare al più presto a Milano: e per raggiungere quella meta compie un viaggio quanto mai avventuroso, in aereo fino a Digione in Francia, e poi valicando con una guida il Monte Bianco. Di lì a Cogne e a Torino, e finalmente a Milano, in tempo per contribuire a organizzare e guidare la fase finale della guerra di Liberazione.
L'immagine conclusiva del suo impegno - come poi dirà la motivazione della medaglia d'oro al valor militare - di "prezioso e insostituibile animatore e combattente" della Resistenza, è rimasta consegnata alla fotografia che lo ritrae mentre tiene il suo primo discorso, dopo decenni di privazione della libertà, il 26 aprile 1945 a Piazza del Duomo.E' stato - dobbiamo dirlo - un onore per l'Italia, un onore per la Repubblica, avere tra i suoi Presidenti Sandro Pertini.
L'omaggio che oggi gli rendo, anche con forte sentimento personale per il rapporto che ci fu tra noi, vorrei fosse però incitamento ed auspicio per un nuovo, deciso impegno istituzionale, politico, culturale, educativo diretto a far conoscere e meditare vicende collettive ed esempi personali che danno senso e dignità al nostro essere italiani come eredi di ispirazioni nobilissime, di insegnamenti altissimi, più forti delle meschinità e delle degenerazioni da cui abbiamo dovuto risollevarci. Un impegno siffatto è mancato, o è sempre rimasto molto al di sotto del necessario. Abbiamo esitato, esitiamo a presentare in tutte le sue luci il patrimonio che ci ha garantito un posto più che degno nel mondo : esitiamo per eccessiva ritrosia, per timore, oltre ogni limite, della retorica e dei miti, o per sostanziale incomprensione del dovere di affermare, senza iattanza ma senza autolesionismi, quel che di meglio abbiamo storicamente espresso e rappresentiamo.
E questo amaro discorso vale per le grandi pagine e le grandi figure del processo che condusse, 150 anni fa, all'Unità d'Italia ; così come per le più luminose pagine e figure dell'antifascismo e della Resistenza. Perfino a Sandro Pertini, che pure è stato Presidente amato e popolare, non abbiamo - al di là di quel che con affetto lo ricorda nella sua terra natale - saputo dedicare un memorial, un luogo di memorie, come quelli che in grandi paesi democratici (si pensi agli Stati Uniti d'America) onorano e fanno vivere le figure dei maggiori rappresentanti della storia, per quanto travagliata, della nazione.
Eppure, l'identità, la consapevolezza storica, l'orgoglio nazionale di un paese traggono forza dalla coltivazione e valorizzazione di fatti, di figure, di simboli, in cui il popolo, in cui i cittadini possano riconoscersi traendone motivi di fierezza e di fiducia.
Naturalmente, l'impegno che sollecito, riferito alla Resistenza, esige - per dispiegarsi pienamente, per ottenere riscontri positivi e suscitare il più largo consenso - la massima attenzione nel declinare correttamente il significato e l'eredità della Resistenza, in termini condivisibili, non restrittivi e settari, non condizionati da esclusivismi faziosi.
Guardiamo, per intenderci, a quel che si legge nel Diario di Benedetto Croce, alla data del 26 aprile 1945 :
"Grande sollievo per la rapida liberazione dell'alta Italia dai tedeschi senza le minacciate e temute distruzioni, e per opera dei patrioti e partigiani, che è gran beneficio, anche morale, per l'Italia".
Poche essenziali parole, con le quali il grande uomo di pensiero e di cultura liberale scolpì il valore della conclusione vittoriosa della Resistenza. Valore nazionale, per il "gran beneficio anche morale" assicurato all'Italia restituendole piena dignità di paese libero, liberatosi con le sue forze, di concerto con la determinante avanzata degli eserciti alleati ma senza restare inerte ad attenderne il trionfo. Chi può negare che l'apporto delle forze angloamericane fu decisivo per schiacciare la macchina militare tedesca, per scacciarne le truppe dal territorio italiano che occupavano e opprimevano? Certamente nessuno, ma è egualmente indubbio che il generoso contributo italiano, contro ogni comodo e calcolato attendismo, ci procurò un prezioso riconoscimento e rispetto.
E ho citato Benedetto Croce perché le parole, prive di ogni ombra di retorica ma così significative e lineari, di un'eminente figura dell'Italia prefascista, lontanissima dalle correnti ideali e politiche che attraversarono più ampiamente il moto resistenziale e che sarebbero risultate maggioritarie al momento della nascita della Repubblica, danno il segno di un'obbiettiva definizione del 25 aprile come storica giornata di riscatto nazionale, al di là di ogni caratterizzazione di parte.
Che cosa era in effetti accaduto in quei venti mesi tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945? Che cosa era accaduto a partire dal momento della presa d'atto - con l'armistizio - della disfatta in cui era culminata la disastrosa guerra voluta da Mussolini al fianco della Germania hitleriana? Che cosa era accaduto da quello che fu il momento del collasso dello Stato sabaudo fascistizzato e di un generale, pauroso sbandamento del paese, ma anche il momento dei primi segni di una nuova volontà di resistenza al sopruso e all'oppressione, di ritrovamento della propria fierezza e identità di italiani?
Era accaduto che nell'esperienza della partecipazione alla Resistenza, in tutte le sue forme ed espressioni, si era riscoperto, recuperato, rinnovato, un sentimento, un fondamentale riferimento emotivo e ideale che sembrava essersi dissolto. Praticamente dissolto, come aveva detto - già mesi prima della caduta del fascismo - lo stesso Benedetto Croce, in uno scritto che circolò clandestinamente :
"Risuona oggi, alta su tutto, la parola libertà ; ma non un'altra che un tempo andava a questa strettamente congiunta : la patria, l'amore della patria, l'amore, per noi italiani, dell'Italia.
Perché?
Perché ... la ripugnanza sempre crescente contro il nazionalismo si è tirata dietro una sorta di esitazione e di ritrosia a parlare di 'patria' e di 'amor di patria'.
Ma se ne deve riparlare, e l'amor della patria deve tornare in onore appunto contro il cinico e stolido nazionalismo, perché esso non è affine al nazionalismo, ma il suo contrario."
Ebbene, con la Resistenza, di fronte alla brutalità offensiva e feroce dell'occupazione nazista, rinacque proprio l'amore, il senso della patria, il più antico e genuino sentimento nazionale. "Le parole 'patria' e 'Italia'" - scrisse poi una sensibilissima scrittrice, Natalia Ginzburg - che erano divenute "gonfie di vuoto", ci apparvero d'un tratto senza aggettivi e così trasformate che ci sembrò di averle udite e pensate per la prima volta." E Carlo Azeglio Ciampi ha richiamato autobiograficamente il momento del "collasso dello Stato" nel settembre '43, quando lui e tanti altri "trovarono nelle loro coscienze l'orientamento", perché in esse "vibrava profondo il senso della Patria".
Personalmente, ho più volte ribadito come non ci si debba chiudere in rappresentazioni idilliache e mitiche della Resistenza e in particolare del movimento partigiano, come non se ne debbano tacere i limiti e le ombre, come se ne possano mettere a confronto diverse letture e interpretazioni : senza che ciò conduca, sia chiaro, a sommarie svalutazioni e inaccettabili denigrazioni. E' comunque un fatto che anche studiosi attenti a cogliere le molteplici dimensioni del fenomeno della Resistenza, compresa quella di "guerra civile", non ne abbiano certo negato o sminuito quella di "guerra patriottica".
D'altronde, le "lettere dei condannati a morte della Resistenza" restano la più ricca, drammatica testimonianza delle motivazioni patriottiche dell'impegno e del sacrificio di tanti partigiani, soprattutto giovani partigiani.E quando parlo di tutte le forme e le espressioni di partecipazione alla Resistenza, attraverso le quali si è compiuta una vera e propria riscoperta del senso della patria e della nazione, mi riferisco in special modo alla rilevantissima componente costituita dal concorso dei militari al moto di liberazione, di riconquista della libertà e dell'indipendenza del paese : dai contingenti militari regolari chiamati a durissime prove all'indomani dell'armistizio - a Cefalonia, per non ricordare che un luogo-simbolo di quelle manifestazioni di eroico senso dell'onore e coraggio - agli ufficiali e ai soldati che si unirono alle formazioni partigiane, alle centinaia di migliaia di internati in Germania in campi di concentramento, alle nuove forze armate che si raccolsero nel Corpo Italiano di Liberazione. A queste ultime ho dedicato lo scorso anno la cerimonia del 25 aprile a Mignano Montelungo, che fu teatro, nel dicembre 1943, di un'aspra battaglia e costituì "il battesimo di sangue del rinato Esercito italiano". Quell'azione dei nostri soldati fu esaltata dal Generale Clark, Comandante della V Armata americana, come esempio di determinazione per liberare il proprio paese dalla dominazione tedesca : "un esempio - egli disse - per i popoli oppressi d'Europa".
Naturali portatori, nella Resistenza, del senso della patria e della nazione furono i militari, e tra essi quelli che si unirono alle formazioni partigiane, che si collocarono nelle strutture clandestine del movimento di Liberazione. Ne furono portatori anche in termini di continuità, sia pure nel travaglio della partecipazione a una guerra antitetica a quella precedentemente combattuta. Un travaglio che si coglie nella lettera indirizzata alla moglie dal generale Giuseppe Perotti all'indomani della condanna a morte decretata dal Tribunale Speciale, e alla vigilia della fucilazione al Martinetto in Torino : egli scrive di un esito tragico, che "non so come classificare", di un "destino imperscrutabile" che comunque lo conduce a morire in guerra. In quegli stessi giorni, il più giovane capitano Franco Balbis, arrestato e fucilato, il 5 aprile 1944, insieme col generale Perotti e con altri, tutti membri del Comitato Militare Regionale Piemontese, scrive alla madre di offrire la sua vita "per ricostruire l'unità italiana" dopo aver servito la Patria "sui campi d'Africa", e chiede che si celebrino "in una chiesa delle colline torinesi due messe", nell'anniversario della battaglia di Ain El Gazala e di quella di El Alamein, nelle quali aveva valorosamente combattuto.
Emerge in effetti da tante di quelle estreme motivazioni del proprio impegno e del proprio sacrificio, come nella scelta di schierarsi fino in fondo con la Resistenza avessero finito per confluire ideali di liberazione sociale, visioni universalistiche, aspirazioni a "un mondo migliore", consapevolezza antifascista, sete di libertà, e amore per l'Italia. E l'elemento unificante non poteva che essere questo, l'attaccamento alla propria terra, alla Patria, la volontà di liberarla. Ritorno sulle parole del capitano Balbis : "ricostruire l'unità italiana", come supremo obbiettivo per cui sacrificare la vita.
Si, vedete, amici, il 25 aprile è non solo Festa della Liberazione : è Festa della riunificazione d'Italia. Dopo essere stata per 20 mesi tagliata in due, l'Italia si riunifica, nella libertà e nell'indipendenza. Se ciò non fosse accaduto, la nostra nazione sarebbe scomparsa dalla scena della storia, su cui si era finalmente affacciata come moderno Stato unitario nel 1861, con il compimento del moto risorgimentale.Gli storici hanno analizzato anche l'aspetto del ricollegarsi della Resistenza al Risorgimento, ne hanno con misura pesato i molti segni, nella pubblicistica politica, nelle dichiarazioni programmatiche, negli stessi nomi delle formazioni partigiane, nello spirito che animava i militari deportati e internati in Germania. E se hanno poi potuto apparire abusate certe formule, e poco fondate le facili generalizzazioni, resta il fatto che la memoria del Risorgimento, il richiamo a quell'eredità - per quanto venisse assunto ambiguamente anche dall'altra parte - fu componente importante della piattaforma ideale della Resistenza.
Si trattò di un decisivo arricchimento di quella che era e rimase la matrice antifascista della guerra di Liberazione : nel più ampio e condiviso sentimento della Nazione, nel grande alveo della guerra patriottica si raccolsero forze che non erano state partecipi dell'antifascismo militante e fresche energie rappresentative di nuove, giovanissime generazioni. E questa caratterizzazione più ricca, e sempre meno di parte, della Resistenza si rispecchiò più tardi nel confronto costituente, nel disegno e nei principi della Costituzione repubblicana.
Se nella Costituzione possono ben riconoscersi - come dissi celebrando il 25 aprile due anno orsono a Genova, e come voglio ripetere - anche quanti vissero diversamente dai combattenti della libertà i drammatici anni 1943-45, "anche quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi condivisi", è perché la Carta approvata nel '47 sancì - dandovi solide basi democratiche - una rinnovata identità e unità della nazione italiana.Mi auguro che in questo spirito si celebri il 65° anniversario della Liberazione e Riunificazione d'Italia. "Il nostro paese ha un debito inestinguibile" - da detto un anno fa in un impegnativo discorso a Onna in Abruzzo il Presidente del Consiglio - "verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare l'onore della patria...........": ricordando con rispetto "tutti i caduti", senza che "questo significhi neutralità o indifferenza". Si tratta in effetti di celebrare il 25 aprile nel suo profondo significato nazionale ; ed è così che si stabilisce un ponte ideale con il prossimo centocinquantenario della nascita dello Stato unitario.
Mi si permetterà, credo, di ignorare qualche battuta sgangherata, che qua e là si legge, sulla ricorrenza del prossimo anno. Siamo chiari. Se noi tutti, Nord e Sud, tra l'800 e il 900, entrammo nella modernità, fu perché l'Italia si unì facendosi Stato ; se, 150 anni dopo, siamo un paese democratico profondamente trasformatosi, tra i più avanzati in quell'Europa integrata che abbiamo concorso a fondare, è perché superammo i traumi del fascismo e della guerra, recuperando libertà e indipendenza, ritrovando la nostra unità.
Quella unità rappresenta oggi, guardando al futuro, una conquista e un ancoraggio irrinunciabili. Non può formare oggetto di irrisione, né considerarsi un mito obsoleto, un residuo del passato. Solo se ci si pone fuori della storia e della realtà si possono evocare con nostalgia, o tornare a immaginare, più entità statuali separate nella nostra penisola. Come bene intesero tutte le correnti e le figure di spicco del Risorgimento, l'Italia è chiamata a vivere come nazione e come Stato nell'unità del suo territorio, della sua lingua, della sua storia. Se non si consolidasse questa unità, finiremmo ai margini del processo di globalizzazione - che vede emergere nuovi giganti nazionali in impetuosa crescita - e anche ai margini del processo di integrazione europeo.
Un' Europa sempre più integrata e assertiva sulla base di istituzioni comuni è la sola dimensione entro la quale gli stessi Stati nazionali più forti del nostro continente potranno far valere insieme il loro patrimonio storico, la loro capacità di contribuire allo sviluppo di un più giusto e bilanciato sviluppo globale il cui baricentro si sta assestando lontano da noi. Ma non c'è nessuna contraddizione tra l'imperativo dell'integrazione, la salvaguardia della diversità delle tradizioni e delle culture nazionali, il rafforzamento della coesione e dell'unità nazionale di ciascuno Stato membro dell'Unione.
Per contare in Europa e per contare nel mondo di oggi e di domani, la nostra unità nazionale resta punto di forza e leva essenziale. Unità nazionale che non contrasta ma si consolida e arricchisce con il pieno riconoscimento e la concreta promozione delle autonomie, come d'altronde vuole la Costituzione repubblicana : quelle autonomie regionali e locali, di cui si sta rinnovando e accrescendo il ruolo secondo un'ispirazione federalistica.
Questa è la strada per far crescere di più e meglio tutto il nostro paese, in vista di obbiettivi che mai come ora ci appaiono critici e vitali per garantire innanzitutto il diritto al lavoro e prospettive di futuro per le giovani generazioni.
La complessità dei problemi che si sono venuti accumulando nei decenni dell'Italia repubblicana - talvolta per eredità di un più lontano passato - esige un grande sforzo collettivo, una comune assunzione di responsabilità. Questa esigenza non può essere respinta, quello sforzo non può essere rifiutato, come se si trattasse di rimuovere ogni conflitto sociale e politico, di mortificare una naturale dialettica, in particolare, tra forze di maggioranza e forze di opposizione. Si tratta invece di uscire da una spirale di contrapposizioni indiscriminate, che blocca il riconoscimento di temi e impegni di più alto interesse nazionale, tali da richiedere una limpida e mirata convergenza tra forze destinate a restare distinte in una democrazia dell'alternanza.All'auspicabile crearsi di questo nuovo clima, può contribuire non poco il diffondersi tra gli italiani di un più forte senso dell'identità e unità nazionale.
Così ritengo giusto che si concepisca anche la celebrazione di anniversari come quello della Liberazione, al di là, dunque, degli steccati e delle quotidiane polemiche che segnano il terreno della politica. Le condizioni sono ormai mature per sbarazzare il campo dalle divisioni e incomprensioni a lungo protrattesi sulla scelta e sul valore della Resistenza, per ritrovarci in una comune consapevolezza storica della sua eredità più condivisa e duratura. Vedo in ciò una premessa importante di quel libero, lungimirante confronto e di quello sforzo di raccoglimento unitario, di cui ha bisogno oggi il paese, di cui ha bisogno oggi l'Italia.
si può facilmente comprendere con quale animo io abbia accolto l'invito a celebrare a Milano il 65° anniversario della Liberazione. Con animo grato, per la speciale occasione che mi veniva offerta, con viva emozione e con grande rispetto per quel che Milano ha rappresentato in una stagione drammatica, in una fase cruciale della storia d'Italia. E tanto più forte è l'emozione nel rivolgere questo mio discorso al paese dal palcoscenico del glorioso Teatro La Scala, che seppe risollevarsi dai colpi distruttivi della guerra per divenire espressione e simbolo, nel mondo intero, della grande tradizione musicale e culturale italiana.
Si, viva e sincera è la mia emozione perché fu Milano che assunse la guida politica e militare della Resistenza. Nel gennaio del 1944, il Comitato di Liberazione Nazionale lombardo venne investito dal CLN di Roma - nella prospettiva di una non lontana liberazione della capitale, e di una separazione dell'Italia settentrionale dal resto d'Italia - dei poteri di "governo straordinario del Nord". Esso si trasformò così in Comitato Nazionale di Liberazione per l'Alta Italia e si mise all'opera per assicurare la massima unitarietà di orientamenti e di direttive al movimento di liberazione. Più avanti - superata la crisi dell'inverno 1944 e avvicinandosi la fase conclusiva della lotta - si costituirà, per assicurare anche sul piano militare la necessaria unitarietà di direzione, il Comando generale del Corpo Volontari della Libertà : lo guiderà il generale Raffaele Cadorna. Seguono ben presto i piani pre-insurrezionali, che vedono al primo posto il cruciale obbiettivo della difesa degli impianti dalle minacce di distruzione tedesche, e infine i piani operativi per l'insurrezione, soprattutto nelle tre città-chiave della Resistenza nel Nord, Torino, Milano, Genova.
Nel piano di Milano, di lì irradiandosi le direttive per tutta la periferia, è previsto l'impiego di 32 mila partigiani. L'insurrezione si prepara come sbocco, sempre più maturo, dello sviluppo - con l'approssimarsi della primavera, e al prezzo di duri sforzi e sacrifici - delle azioni partigiane (2 mila nell'area di Milano tra febbraio e aprile) ; essa non è dunque la fiammata di un giorno glorioso, ma il frutto di una lunga, eroica semina e di una sapiente organizzazione finale.
Genova è la prima ad insorgere, per decisione presa dal CLN già la sera del 23 aprile ; il piano si snoda attraverso momenti drammatici e prove magnifiche da parte delle squadre partigiane, e si conclude la sera del 25 con la firma, da parte del generale Meinhold, dell'atto di resa delle forze armate germaniche alle Forze Armate del Corpo Volontari della Liguria e, per esse, al Presidente del CLN di Genova. Ne dà l'annuncio alla radio Paolo Emilio Taviani, tra i protagonisti dell'insurrezione, con le solenni parole : "Per la prima volta nella storia di questa guerra un corpo d'Esercito si è arreso dinanzi alle forze spontanee di popolo".A Milano, la decisione viene presa, l'ordine viene impartito, per il 25 aprile - in rapporto con le notizie provenienti da Genova - dal Comitato insurrezionale : Sandro Pertini, Emilio Sereni, Leo Valiani. Cade, già nel pomeriggio del 24, prima vittima, Gina Galeotti Bianchi, dirigente dei Gruppi di difesa delle donne, la partigiana Lia, ricordata e onorata proprio giorni fa alla Camera dei Deputati. La mattina del 25 Sandro Pertini, già impegnatosi in audaci azioni di attacco, accorre alla fabbrica CGE, dinanzi ai cui cancelli due operai, precedentemente rinchiusi a San Vittore, sono stati trascinati e brutalmente uccisi anche per intimorire le maestranze : Pertini parla ai lavoratori nel piazzale portando l'appello del Comitato insurrezionale. La sera del 26 Milano è praticamente liberata. Gli ultimi reparti tedeschi capitoleranno all'arrivo in città delle divisioni partigiane dell'Oltrepo pavese.
In quei tesissimi giorni, si consumeranno a Milano anche gli ultimi tentativi di impossibili trattative cui si erano mostrati ambiguamente disponibili i capi fascisti. E a Milano si compì poi il tragico epilogo dell'avventura mussoliniana, in uno scenario di orrore che replicò altri orrori inscenati nello stesso luogo di Piazzale Loreto. La guerra era finita, con la vittoria delle forze alleate ; e insieme era finita, con la sconfitta del fascismo repubblichino, anche la guerra civile fatalmente intrecciatasi con la Resistenza.
Nel Campo della gloria al Cimitero maggiore verranno raccolti i resti mortali, verranno scolpiti i nomi, di 4.134 cittadine e cittadini milanesi caduti per la libertà tra l'8 settembre 1943 e la primavera del '45, di 2.351 partigiani del Corpo Volontari della Libertà.Ho voluto partire da un sommario richiamo a drammatici eventi, a memorabili momenti della storia della Resistenza - per quanto più volte e più puntualmente ripercorsi nelle celebrazioni del 25 aprile - perché mai in queste celebrazioni, e dunque nemmeno in quella di oggi, si può smarrire il riferimento ai fatti, al vissuto, a quel che fu un viluppo di circostanze concrete, di dilemmi, di scelte difficili, di decisioni coraggiose e costose, di sconfitte e di successi ; non si può mai smarrire il riferimento a tutto ciò, rinunciare a ricostruire e tramandare costantemente quelle esperienze reali, se non si vuole ridurre il movimento di Liberazione a immagine sbiadita o ad oggetto di dispute astratte.
Nella mia rapida rievocazione del ruolo di Milano in quegli eventi, è risuonato il nome di Sandro Pertini. E non c'è migliore occasione di questa per ricordarlo a vent'anni dalla scomparsa. Perché il suo nome spicca in tutto il percorso della Resistenza, tra quelli che da Milano la guidarono, come protagonisti del Comitato di Liberazione Alta Italia, del Comando del Corpo Volontari della Libertà, del Comitato insurrezionale.
Fu combattente instancabile, senza eguali per slancio, audacia, generosità, a cominciare dalla partecipazione - all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre - al disperato tentativo di resistere ai tedeschi nel cuore di Roma, a Porta San Paolo, dopo che il Re è fuggito a Pescara e la capitale è stata militarmente abbandonata. Pertini è lì, reduce da lunghi anni di carcere, di confino e di esilio ; è lì anche da vecchio combattente, medaglia d'argento, della prima guerra mondiale. Ne uscirà capo dell'organizzazione militare del Partito socialista per l'Italia centrale occupata.Ma già il 15 ottobre viene arrestato, insieme con Giuseppe Saragat e altri socialisti, invano interrogato per due giorni e due notti in Questura, rinchiuso a Regina Coeli (inizialmente nel braccio tedesco), fino a quando tutto il gruppo dei sette socialisti poté evaderne grazie a un piano ingegnoso che ebbe tra i suoi registi un grande patriota, poi eminente giurista e uomo pubblico, Giuliano Vassalli.
Pertini riprese così il suo posto nella lotta contro l'occupazione tedesca, cui si dedicò, da Roma, in tutti i primi mesi del '44 : il 3 aprile Vassalli fu trascinato nella famigerata via Tasso e sottoposto ad ogni violenza dalle SS. Nel mese successivo si avviano colloqui al più alto livello in Vaticano con il comandante delle SS in Italia per evitare la distruzione della capitale (e da quei contatti scaturì anche la liberazione di Vassalli). Il progetto dell'insurrezione a Roma viene accantonato ; Pertini sceglie allora, a metà maggio, di partire per Milano, perché "lassù" - disse - "c'era tanto da fare e da combattere". E da Milano si muoverà per portare il suo contributo e il suo impulso in tutto il Nord.
A luglio è chiamato a Roma per consultazioni politiche : ma si ferma a Firenze per partecipare all'insurrezione fino a liberare la città dai tedeschi. Giunto a Roma, freme per tornare al più presto a Milano: e per raggiungere quella meta compie un viaggio quanto mai avventuroso, in aereo fino a Digione in Francia, e poi valicando con una guida il Monte Bianco. Di lì a Cogne e a Torino, e finalmente a Milano, in tempo per contribuire a organizzare e guidare la fase finale della guerra di Liberazione.
L'immagine conclusiva del suo impegno - come poi dirà la motivazione della medaglia d'oro al valor militare - di "prezioso e insostituibile animatore e combattente" della Resistenza, è rimasta consegnata alla fotografia che lo ritrae mentre tiene il suo primo discorso, dopo decenni di privazione della libertà, il 26 aprile 1945 a Piazza del Duomo.E' stato - dobbiamo dirlo - un onore per l'Italia, un onore per la Repubblica, avere tra i suoi Presidenti Sandro Pertini.
L'omaggio che oggi gli rendo, anche con forte sentimento personale per il rapporto che ci fu tra noi, vorrei fosse però incitamento ed auspicio per un nuovo, deciso impegno istituzionale, politico, culturale, educativo diretto a far conoscere e meditare vicende collettive ed esempi personali che danno senso e dignità al nostro essere italiani come eredi di ispirazioni nobilissime, di insegnamenti altissimi, più forti delle meschinità e delle degenerazioni da cui abbiamo dovuto risollevarci. Un impegno siffatto è mancato, o è sempre rimasto molto al di sotto del necessario. Abbiamo esitato, esitiamo a presentare in tutte le sue luci il patrimonio che ci ha garantito un posto più che degno nel mondo : esitiamo per eccessiva ritrosia, per timore, oltre ogni limite, della retorica e dei miti, o per sostanziale incomprensione del dovere di affermare, senza iattanza ma senza autolesionismi, quel che di meglio abbiamo storicamente espresso e rappresentiamo.
E questo amaro discorso vale per le grandi pagine e le grandi figure del processo che condusse, 150 anni fa, all'Unità d'Italia ; così come per le più luminose pagine e figure dell'antifascismo e della Resistenza. Perfino a Sandro Pertini, che pure è stato Presidente amato e popolare, non abbiamo - al di là di quel che con affetto lo ricorda nella sua terra natale - saputo dedicare un memorial, un luogo di memorie, come quelli che in grandi paesi democratici (si pensi agli Stati Uniti d'America) onorano e fanno vivere le figure dei maggiori rappresentanti della storia, per quanto travagliata, della nazione.
Eppure, l'identità, la consapevolezza storica, l'orgoglio nazionale di un paese traggono forza dalla coltivazione e valorizzazione di fatti, di figure, di simboli, in cui il popolo, in cui i cittadini possano riconoscersi traendone motivi di fierezza e di fiducia.
Naturalmente, l'impegno che sollecito, riferito alla Resistenza, esige - per dispiegarsi pienamente, per ottenere riscontri positivi e suscitare il più largo consenso - la massima attenzione nel declinare correttamente il significato e l'eredità della Resistenza, in termini condivisibili, non restrittivi e settari, non condizionati da esclusivismi faziosi.
Guardiamo, per intenderci, a quel che si legge nel Diario di Benedetto Croce, alla data del 26 aprile 1945 :
"Grande sollievo per la rapida liberazione dell'alta Italia dai tedeschi senza le minacciate e temute distruzioni, e per opera dei patrioti e partigiani, che è gran beneficio, anche morale, per l'Italia".
Poche essenziali parole, con le quali il grande uomo di pensiero e di cultura liberale scolpì il valore della conclusione vittoriosa della Resistenza. Valore nazionale, per il "gran beneficio anche morale" assicurato all'Italia restituendole piena dignità di paese libero, liberatosi con le sue forze, di concerto con la determinante avanzata degli eserciti alleati ma senza restare inerte ad attenderne il trionfo. Chi può negare che l'apporto delle forze angloamericane fu decisivo per schiacciare la macchina militare tedesca, per scacciarne le truppe dal territorio italiano che occupavano e opprimevano? Certamente nessuno, ma è egualmente indubbio che il generoso contributo italiano, contro ogni comodo e calcolato attendismo, ci procurò un prezioso riconoscimento e rispetto.
E ho citato Benedetto Croce perché le parole, prive di ogni ombra di retorica ma così significative e lineari, di un'eminente figura dell'Italia prefascista, lontanissima dalle correnti ideali e politiche che attraversarono più ampiamente il moto resistenziale e che sarebbero risultate maggioritarie al momento della nascita della Repubblica, danno il segno di un'obbiettiva definizione del 25 aprile come storica giornata di riscatto nazionale, al di là di ogni caratterizzazione di parte.
Che cosa era in effetti accaduto in quei venti mesi tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945? Che cosa era accaduto a partire dal momento della presa d'atto - con l'armistizio - della disfatta in cui era culminata la disastrosa guerra voluta da Mussolini al fianco della Germania hitleriana? Che cosa era accaduto da quello che fu il momento del collasso dello Stato sabaudo fascistizzato e di un generale, pauroso sbandamento del paese, ma anche il momento dei primi segni di una nuova volontà di resistenza al sopruso e all'oppressione, di ritrovamento della propria fierezza e identità di italiani?
Era accaduto che nell'esperienza della partecipazione alla Resistenza, in tutte le sue forme ed espressioni, si era riscoperto, recuperato, rinnovato, un sentimento, un fondamentale riferimento emotivo e ideale che sembrava essersi dissolto. Praticamente dissolto, come aveva detto - già mesi prima della caduta del fascismo - lo stesso Benedetto Croce, in uno scritto che circolò clandestinamente :
"Risuona oggi, alta su tutto, la parola libertà ; ma non un'altra che un tempo andava a questa strettamente congiunta : la patria, l'amore della patria, l'amore, per noi italiani, dell'Italia.
Perché?
Perché ... la ripugnanza sempre crescente contro il nazionalismo si è tirata dietro una sorta di esitazione e di ritrosia a parlare di 'patria' e di 'amor di patria'.
Ma se ne deve riparlare, e l'amor della patria deve tornare in onore appunto contro il cinico e stolido nazionalismo, perché esso non è affine al nazionalismo, ma il suo contrario."
Ebbene, con la Resistenza, di fronte alla brutalità offensiva e feroce dell'occupazione nazista, rinacque proprio l'amore, il senso della patria, il più antico e genuino sentimento nazionale. "Le parole 'patria' e 'Italia'" - scrisse poi una sensibilissima scrittrice, Natalia Ginzburg - che erano divenute "gonfie di vuoto", ci apparvero d'un tratto senza aggettivi e così trasformate che ci sembrò di averle udite e pensate per la prima volta." E Carlo Azeglio Ciampi ha richiamato autobiograficamente il momento del "collasso dello Stato" nel settembre '43, quando lui e tanti altri "trovarono nelle loro coscienze l'orientamento", perché in esse "vibrava profondo il senso della Patria".
Personalmente, ho più volte ribadito come non ci si debba chiudere in rappresentazioni idilliache e mitiche della Resistenza e in particolare del movimento partigiano, come non se ne debbano tacere i limiti e le ombre, come se ne possano mettere a confronto diverse letture e interpretazioni : senza che ciò conduca, sia chiaro, a sommarie svalutazioni e inaccettabili denigrazioni. E' comunque un fatto che anche studiosi attenti a cogliere le molteplici dimensioni del fenomeno della Resistenza, compresa quella di "guerra civile", non ne abbiano certo negato o sminuito quella di "guerra patriottica".
D'altronde, le "lettere dei condannati a morte della Resistenza" restano la più ricca, drammatica testimonianza delle motivazioni patriottiche dell'impegno e del sacrificio di tanti partigiani, soprattutto giovani partigiani.E quando parlo di tutte le forme e le espressioni di partecipazione alla Resistenza, attraverso le quali si è compiuta una vera e propria riscoperta del senso della patria e della nazione, mi riferisco in special modo alla rilevantissima componente costituita dal concorso dei militari al moto di liberazione, di riconquista della libertà e dell'indipendenza del paese : dai contingenti militari regolari chiamati a durissime prove all'indomani dell'armistizio - a Cefalonia, per non ricordare che un luogo-simbolo di quelle manifestazioni di eroico senso dell'onore e coraggio - agli ufficiali e ai soldati che si unirono alle formazioni partigiane, alle centinaia di migliaia di internati in Germania in campi di concentramento, alle nuove forze armate che si raccolsero nel Corpo Italiano di Liberazione. A queste ultime ho dedicato lo scorso anno la cerimonia del 25 aprile a Mignano Montelungo, che fu teatro, nel dicembre 1943, di un'aspra battaglia e costituì "il battesimo di sangue del rinato Esercito italiano". Quell'azione dei nostri soldati fu esaltata dal Generale Clark, Comandante della V Armata americana, come esempio di determinazione per liberare il proprio paese dalla dominazione tedesca : "un esempio - egli disse - per i popoli oppressi d'Europa".
Naturali portatori, nella Resistenza, del senso della patria e della nazione furono i militari, e tra essi quelli che si unirono alle formazioni partigiane, che si collocarono nelle strutture clandestine del movimento di Liberazione. Ne furono portatori anche in termini di continuità, sia pure nel travaglio della partecipazione a una guerra antitetica a quella precedentemente combattuta. Un travaglio che si coglie nella lettera indirizzata alla moglie dal generale Giuseppe Perotti all'indomani della condanna a morte decretata dal Tribunale Speciale, e alla vigilia della fucilazione al Martinetto in Torino : egli scrive di un esito tragico, che "non so come classificare", di un "destino imperscrutabile" che comunque lo conduce a morire in guerra. In quegli stessi giorni, il più giovane capitano Franco Balbis, arrestato e fucilato, il 5 aprile 1944, insieme col generale Perotti e con altri, tutti membri del Comitato Militare Regionale Piemontese, scrive alla madre di offrire la sua vita "per ricostruire l'unità italiana" dopo aver servito la Patria "sui campi d'Africa", e chiede che si celebrino "in una chiesa delle colline torinesi due messe", nell'anniversario della battaglia di Ain El Gazala e di quella di El Alamein, nelle quali aveva valorosamente combattuto.
Emerge in effetti da tante di quelle estreme motivazioni del proprio impegno e del proprio sacrificio, come nella scelta di schierarsi fino in fondo con la Resistenza avessero finito per confluire ideali di liberazione sociale, visioni universalistiche, aspirazioni a "un mondo migliore", consapevolezza antifascista, sete di libertà, e amore per l'Italia. E l'elemento unificante non poteva che essere questo, l'attaccamento alla propria terra, alla Patria, la volontà di liberarla. Ritorno sulle parole del capitano Balbis : "ricostruire l'unità italiana", come supremo obbiettivo per cui sacrificare la vita.
Si, vedete, amici, il 25 aprile è non solo Festa della Liberazione : è Festa della riunificazione d'Italia. Dopo essere stata per 20 mesi tagliata in due, l'Italia si riunifica, nella libertà e nell'indipendenza. Se ciò non fosse accaduto, la nostra nazione sarebbe scomparsa dalla scena della storia, su cui si era finalmente affacciata come moderno Stato unitario nel 1861, con il compimento del moto risorgimentale.Gli storici hanno analizzato anche l'aspetto del ricollegarsi della Resistenza al Risorgimento, ne hanno con misura pesato i molti segni, nella pubblicistica politica, nelle dichiarazioni programmatiche, negli stessi nomi delle formazioni partigiane, nello spirito che animava i militari deportati e internati in Germania. E se hanno poi potuto apparire abusate certe formule, e poco fondate le facili generalizzazioni, resta il fatto che la memoria del Risorgimento, il richiamo a quell'eredità - per quanto venisse assunto ambiguamente anche dall'altra parte - fu componente importante della piattaforma ideale della Resistenza.
Si trattò di un decisivo arricchimento di quella che era e rimase la matrice antifascista della guerra di Liberazione : nel più ampio e condiviso sentimento della Nazione, nel grande alveo della guerra patriottica si raccolsero forze che non erano state partecipi dell'antifascismo militante e fresche energie rappresentative di nuove, giovanissime generazioni. E questa caratterizzazione più ricca, e sempre meno di parte, della Resistenza si rispecchiò più tardi nel confronto costituente, nel disegno e nei principi della Costituzione repubblicana.
Se nella Costituzione possono ben riconoscersi - come dissi celebrando il 25 aprile due anno orsono a Genova, e come voglio ripetere - anche quanti vissero diversamente dai combattenti della libertà i drammatici anni 1943-45, "anche quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi condivisi", è perché la Carta approvata nel '47 sancì - dandovi solide basi democratiche - una rinnovata identità e unità della nazione italiana.Mi auguro che in questo spirito si celebri il 65° anniversario della Liberazione e Riunificazione d'Italia. "Il nostro paese ha un debito inestinguibile" - da detto un anno fa in un impegnativo discorso a Onna in Abruzzo il Presidente del Consiglio - "verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare l'onore della patria...........": ricordando con rispetto "tutti i caduti", senza che "questo significhi neutralità o indifferenza". Si tratta in effetti di celebrare il 25 aprile nel suo profondo significato nazionale ; ed è così che si stabilisce un ponte ideale con il prossimo centocinquantenario della nascita dello Stato unitario.
Mi si permetterà, credo, di ignorare qualche battuta sgangherata, che qua e là si legge, sulla ricorrenza del prossimo anno. Siamo chiari. Se noi tutti, Nord e Sud, tra l'800 e il 900, entrammo nella modernità, fu perché l'Italia si unì facendosi Stato ; se, 150 anni dopo, siamo un paese democratico profondamente trasformatosi, tra i più avanzati in quell'Europa integrata che abbiamo concorso a fondare, è perché superammo i traumi del fascismo e della guerra, recuperando libertà e indipendenza, ritrovando la nostra unità.
Quella unità rappresenta oggi, guardando al futuro, una conquista e un ancoraggio irrinunciabili. Non può formare oggetto di irrisione, né considerarsi un mito obsoleto, un residuo del passato. Solo se ci si pone fuori della storia e della realtà si possono evocare con nostalgia, o tornare a immaginare, più entità statuali separate nella nostra penisola. Come bene intesero tutte le correnti e le figure di spicco del Risorgimento, l'Italia è chiamata a vivere come nazione e come Stato nell'unità del suo territorio, della sua lingua, della sua storia. Se non si consolidasse questa unità, finiremmo ai margini del processo di globalizzazione - che vede emergere nuovi giganti nazionali in impetuosa crescita - e anche ai margini del processo di integrazione europeo.
Un' Europa sempre più integrata e assertiva sulla base di istituzioni comuni è la sola dimensione entro la quale gli stessi Stati nazionali più forti del nostro continente potranno far valere insieme il loro patrimonio storico, la loro capacità di contribuire allo sviluppo di un più giusto e bilanciato sviluppo globale il cui baricentro si sta assestando lontano da noi. Ma non c'è nessuna contraddizione tra l'imperativo dell'integrazione, la salvaguardia della diversità delle tradizioni e delle culture nazionali, il rafforzamento della coesione e dell'unità nazionale di ciascuno Stato membro dell'Unione.
Per contare in Europa e per contare nel mondo di oggi e di domani, la nostra unità nazionale resta punto di forza e leva essenziale. Unità nazionale che non contrasta ma si consolida e arricchisce con il pieno riconoscimento e la concreta promozione delle autonomie, come d'altronde vuole la Costituzione repubblicana : quelle autonomie regionali e locali, di cui si sta rinnovando e accrescendo il ruolo secondo un'ispirazione federalistica.
Questa è la strada per far crescere di più e meglio tutto il nostro paese, in vista di obbiettivi che mai come ora ci appaiono critici e vitali per garantire innanzitutto il diritto al lavoro e prospettive di futuro per le giovani generazioni.
La complessità dei problemi che si sono venuti accumulando nei decenni dell'Italia repubblicana - talvolta per eredità di un più lontano passato - esige un grande sforzo collettivo, una comune assunzione di responsabilità. Questa esigenza non può essere respinta, quello sforzo non può essere rifiutato, come se si trattasse di rimuovere ogni conflitto sociale e politico, di mortificare una naturale dialettica, in particolare, tra forze di maggioranza e forze di opposizione. Si tratta invece di uscire da una spirale di contrapposizioni indiscriminate, che blocca il riconoscimento di temi e impegni di più alto interesse nazionale, tali da richiedere una limpida e mirata convergenza tra forze destinate a restare distinte in una democrazia dell'alternanza.All'auspicabile crearsi di questo nuovo clima, può contribuire non poco il diffondersi tra gli italiani di un più forte senso dell'identità e unità nazionale.
Così ritengo giusto che si concepisca anche la celebrazione di anniversari come quello della Liberazione, al di là, dunque, degli steccati e delle quotidiane polemiche che segnano il terreno della politica. Le condizioni sono ormai mature per sbarazzare il campo dalle divisioni e incomprensioni a lungo protrattesi sulla scelta e sul valore della Resistenza, per ritrovarci in una comune consapevolezza storica della sua eredità più condivisa e duratura. Vedo in ciò una premessa importante di quel libero, lungimirante confronto e di quello sforzo di raccoglimento unitario, di cui ha bisogno oggi il paese, di cui ha bisogno oggi l'Italia.
sabato 24 aprile 2010
E DOPO LA CELEBRAZIONE CARATESE TUTTI A MILANO !
Domenica 25 aprile a MILANO
Pomeriggio: ore 14,30 – concentramento a Porta Venezia, dei partecipanti al corteo che, percorrendo Corso Venezia, Piazza S. Babila, Corso Vittorio Emanuele,raggiungerà Piazza del Duomo.
Ore 16: Piazza del Duomo. Discorsi celebrativi: oratore ufficiale:
On. Prof. Virginio Rognoni
Contributi e saluti di rappresentanti di associazioni partigiane e combattentistiche, associazioni e istituzioni
Conclude: Prof. Carlo Smuraglia, Presidente dell’ANPI provinciale di Milano
Pomeriggio: ore 14,30 – concentramento a Porta Venezia, dei partecipanti al corteo che, percorrendo Corso Venezia, Piazza S. Babila, Corso Vittorio Emanuele,raggiungerà Piazza del Duomo.
Ore 16: Piazza del Duomo. Discorsi celebrativi: oratore ufficiale:
On. Prof. Virginio Rognoni
Contributi e saluti di rappresentanti di associazioni partigiane e combattentistiche, associazioni e istituzioni
Conclude: Prof. Carlo Smuraglia, Presidente dell’ANPI provinciale di Milano
L'ANPI PROVINCIALE DI SALERNO REPLICA DURAMENTE A CIRIELLI
COMUNICATO STAMPA DEL COMITATO PROVINCIALE DI SALERNO
DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA
Il 25 Aprile si celebra la Liberazione d’Italia dalla dittatura fascista e
dall’occupazione nazista e il ritorno della Democrazia nel nostro Paese. In
questo giorno si onora l’eroismo di quanti, militari e civili, i Partigiani,
lottarono, fino al sacrificio estremo della propria vita, contro il nazifascismo.
In questo giorno si riconferma la fedeltà alla Costituzione repubblicana nata dalla
Resistenza antifascista. La lotta di Liberazione dei Partigiani ridette
dignità all’Italia nel consesso internazionale e, grazie alla lotta dei Partigiani,
Alcide De Gasperi potette presentarsi alla Conferenza di Pace, a Parigi,
il 10 agosto 1946, e affermare: “L’Italia ha liberato se stessa dal regime fascista...
Le perdite nella resistenza contro i tedeschi, prima e dopo la dichiarazione di
guerra, furono di oltre 100 mila uomini tra morti e dispersi, senza contare
i militari e civili vittime dei nazisti nei campi di concentramento ed i 50
mila patrioti caduti nella lotta partigiana."
Gli alleati Americani non intervennero per salvare l’Italia dalla dittatura
comunista, ma per combattere in tutta Europa il mostro sanguinario del nazifascismo.
Un Presidente di Provincia non può e non deve imbrattare i muri dei paesi della
provincia con un manifesto che stravolgendo la Storia cancella la lotta contro
i nazisti e i fascisti ad essi completamente asserviti, il sacrificio dei Partigiani
e, sempre con le parole di De Gasperi, quello "delle Forze armate italiane
che hanno preso parte attiva alla guerra contro la Germania... si tratta di tutta
la marina da guerra, di centinaia di migliaia di militari per i servizi di retrovia,
del "Corpo Italiano di Liberazione", trasformatosi poi nelle divisioni
combattenti. Il sacrificio delle Forze armate e dei Partigiani non va negato
con tanta arroganza. Un Presidente di Provincia non può e non deve corrompere
con la menzogna e la disinformazione la coscienza dei suoi concittadini,
specialmente i più giovani. Un Presidente di Provincia che si abbandona
ad una tale inaudita e volgare arroganza non è un Presidente di Provincia. La
Provincia di Salerno non ha un Presidente. Edmondo Cirielli se vuole restare ad
occupare la carica istituzionale di Presidente della Provincia deve chiedere scusa
ai cittadini per aver disonorato la solenne celebrazione del 25 Aprile con il suo
manifesto. Altrimenti lasci quella carica.
Il Comitato provinciale di Salerno dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
chiede al Prefetto e al Questore di Salerno di vigilare, come loro dovere, per il
rispetto della legalità a partire dalla difesa dei principi e dei valori della
Costituzione, legge suprema dello Stato, perseguendo come prescritto chiunque con
la menzogna e la disinformazione operi per negarne l’eredità morale che è alla base
delle Istituzioni repubblicane e dell’identità nazionale.
Il Comitato provinciale di Salerno assieme alla Presidenza e alla Segreteria
Nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia lancia un appello a
tutti i cittadini affinché questo 25 Aprile, Festa della Liberazione dalla
dittatura fascista e dai nazisti, divenga un grande momento di mobilitazione
civile e unitaria contro i tentativi della destra di trasformare il nostro sistema
politico, conforme ai principi della Costituzione, in un sistema autoritario e
personale non più soggetto ai controlli e ai limiti previsti dalle Istituzioni
di garanzia.
DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA
Il 25 Aprile si celebra la Liberazione d’Italia dalla dittatura fascista e
dall’occupazione nazista e il ritorno della Democrazia nel nostro Paese. In
questo giorno si onora l’eroismo di quanti, militari e civili, i Partigiani,
lottarono, fino al sacrificio estremo della propria vita, contro il nazifascismo.
In questo giorno si riconferma la fedeltà alla Costituzione repubblicana nata dalla
Resistenza antifascista. La lotta di Liberazione dei Partigiani ridette
dignità all’Italia nel consesso internazionale e, grazie alla lotta dei Partigiani,
Alcide De Gasperi potette presentarsi alla Conferenza di Pace, a Parigi,
il 10 agosto 1946, e affermare: “L’Italia ha liberato se stessa dal regime fascista...
Le perdite nella resistenza contro i tedeschi, prima e dopo la dichiarazione di
guerra, furono di oltre 100 mila uomini tra morti e dispersi, senza contare
i militari e civili vittime dei nazisti nei campi di concentramento ed i 50
mila patrioti caduti nella lotta partigiana."
Gli alleati Americani non intervennero per salvare l’Italia dalla dittatura
comunista, ma per combattere in tutta Europa il mostro sanguinario del nazifascismo.
Un Presidente di Provincia non può e non deve imbrattare i muri dei paesi della
provincia con un manifesto che stravolgendo la Storia cancella la lotta contro
i nazisti e i fascisti ad essi completamente asserviti, il sacrificio dei Partigiani
e, sempre con le parole di De Gasperi, quello "delle Forze armate italiane
che hanno preso parte attiva alla guerra contro la Germania... si tratta di tutta
la marina da guerra, di centinaia di migliaia di militari per i servizi di retrovia,
del "Corpo Italiano di Liberazione", trasformatosi poi nelle divisioni
combattenti. Il sacrificio delle Forze armate e dei Partigiani non va negato
con tanta arroganza. Un Presidente di Provincia non può e non deve corrompere
con la menzogna e la disinformazione la coscienza dei suoi concittadini,
specialmente i più giovani. Un Presidente di Provincia che si abbandona
ad una tale inaudita e volgare arroganza non è un Presidente di Provincia. La
Provincia di Salerno non ha un Presidente. Edmondo Cirielli se vuole restare ad
occupare la carica istituzionale di Presidente della Provincia deve chiedere scusa
ai cittadini per aver disonorato la solenne celebrazione del 25 Aprile con il suo
manifesto. Altrimenti lasci quella carica.
Il Comitato provinciale di Salerno dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
chiede al Prefetto e al Questore di Salerno di vigilare, come loro dovere, per il
rispetto della legalità a partire dalla difesa dei principi e dei valori della
Costituzione, legge suprema dello Stato, perseguendo come prescritto chiunque con
la menzogna e la disinformazione operi per negarne l’eredità morale che è alla base
delle Istituzioni repubblicane e dell’identità nazionale.
Il Comitato provinciale di Salerno assieme alla Presidenza e alla Segreteria
Nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia lancia un appello a
tutti i cittadini affinché questo 25 Aprile, Festa della Liberazione dalla
dittatura fascista e dai nazisti, divenga un grande momento di mobilitazione
civile e unitaria contro i tentativi della destra di trasformare il nostro sistema
politico, conforme ai principi della Costituzione, in un sistema autoritario e
personale non più soggetto ai controlli e ai limiti previsti dalle Istituzioni
di garanzia.
REVISIONISMO STORICO A SALERNO
SALERNO - Alla vigilia del 25 aprile scoppia il "caso Salerno". Il presidente della Provincia Edmondo Cirielli, l'ex deputato di An oggi Pdl e presidente della commissione Difesa della Camera, "cancella" dal manifesto celebrativo la Resistenza e la lotta di liberazione dall'occupazione nazifascista. A Salerno campeggiano i manifesti della Provincia ma su di essi non c'è nessun riferimento alla Resistenza partigiana e alla lotta al nazifascismo, bensì un elogio all'esercito americano "per l'intervento nella nostra terra che ha sancito un'alleanza che ha garantito un luogo periodo di pace e di progresso economico e sociale senza precedenti e che ha salvato l'Italia, come l'Europa, dalla dittatura comunista". "Dimenticare il ruolo dei partigiani non è mai casuale, è una colpevole mancanza - afferma Emanuele Fiano -la cultura antifascista italiana non ha mai dimenticato lo straoprdinario sacrificio degli alleati", ma "non avremmo mai potuto camminare a testa alta se anche gli italiani stessi non si fossero ribellati e non avessero compiuto la lotta di Resistenza. Dimenticare i partigiani nel giorno della Liberazione è un tentativo di riscrivere la storia che va respinto".
tratto da Repubblica
tratto da Repubblica
MORATTI REVOCHI PATROCINIO ALLE INIZIATIVE NEOFASCISTE
Camera del Lavoro di Milano: La Sindaca Moratti revochi il patrocinio alle iniziative neofasciste!
Quella che dovrebbe essere la settimana dedicata solo alle iniziative di commemorazione del 25 aprile, è segnata invece da decine di eventi patrocinati, voluti e deliberati dal Comune di Milano, che rasentano l’apologia di fascismo e sovente ispirate ad una visione anti storica della resistenza.
Fra la fine di aprile e i primi di maggio, i gruppi neofascisti organizzeranno a Milano una serie di eventi (concerto nazirock, corteo e festa) con l’evidente obiettivo di contrapporre “ricorrenza a ricorrenza” ponendole sullo stesso piano per sminuire il significato nazionale ed unitario della Resistenza e delle sue celebrazioni.
Tra i tanti eventi organizzati, in contrapposizione mascherata o palese, per offendere la conquista della democrazia e l’onore di tutti coloro che ci hanno regalato la libertà il 25° aprile 1945, se ne segnala uno in particolare, finanziato e patrocinato dal Comune di Milano: un torneo di calcetto coronato da stands eno-gastronomici, mostra fotografica e, infine, premiazione - si dice - da parte delle autorità..
La Camera del lavoro di Milano, denuncia l’ irresponsabile politica del comune di Milano che avvallando questi eventi - dal chiaro intento provocatorio - soffia sul fuoco delle divisioni e annebbia i valori della nostra Memoria Storica, da sempre condivisa nella nostra Milano, città simbolo e capitale della Resistenza.
I valori della nostra Carta Costituzionale, che indicano come priorità la ribellione ad ogni forma di razzismo ed emarginazione, rimangono ancora i veri simboli della vita democratica.
Ed è proprio in base a questi che chiediamo alla Sindaca Moratti di ritirare la sponsorizzazione dell’evento nonché, ai responsabili dell’ordine pubblico, di revocare la autorizzazione alle manifestazioni previste.
Quella che dovrebbe essere la settimana dedicata solo alle iniziative di commemorazione del 25 aprile, è segnata invece da decine di eventi patrocinati, voluti e deliberati dal Comune di Milano, che rasentano l’apologia di fascismo e sovente ispirate ad una visione anti storica della resistenza.
Fra la fine di aprile e i primi di maggio, i gruppi neofascisti organizzeranno a Milano una serie di eventi (concerto nazirock, corteo e festa) con l’evidente obiettivo di contrapporre “ricorrenza a ricorrenza” ponendole sullo stesso piano per sminuire il significato nazionale ed unitario della Resistenza e delle sue celebrazioni.
Tra i tanti eventi organizzati, in contrapposizione mascherata o palese, per offendere la conquista della democrazia e l’onore di tutti coloro che ci hanno regalato la libertà il 25° aprile 1945, se ne segnala uno in particolare, finanziato e patrocinato dal Comune di Milano: un torneo di calcetto coronato da stands eno-gastronomici, mostra fotografica e, infine, premiazione - si dice - da parte delle autorità..
La Camera del lavoro di Milano, denuncia l’ irresponsabile politica del comune di Milano che avvallando questi eventi - dal chiaro intento provocatorio - soffia sul fuoco delle divisioni e annebbia i valori della nostra Memoria Storica, da sempre condivisa nella nostra Milano, città simbolo e capitale della Resistenza.
I valori della nostra Carta Costituzionale, che indicano come priorità la ribellione ad ogni forma di razzismo ed emarginazione, rimangono ancora i veri simboli della vita democratica.
Ed è proprio in base a questi che chiediamo alla Sindaca Moratti di ritirare la sponsorizzazione dell’evento nonché, ai responsabili dell’ordine pubblico, di revocare la autorizzazione alle manifestazioni previste.
venerdì 23 aprile 2010
SEMPRE PEGGIO...
Milano – Il Consiglio di Zona 5 - non autorizza l’uso della sala “Walter Tobagi” per il tradizionale incontro dedicato ai Partigiani della Zona 5, nel 65°anniversario della Liberazione.
Il Coordinamento ANPI di Zona 5 di Milano ha inviato in data 10/03/2010, come ogni anno, la richiesta dell’uso spazio della sala consigliare “W. Tobagi” per il tradizionale incontro del 23/4/2010, che normalmente si tiene presso il Consiglio di Zona 5 per la ricorrenza del 25 APRILE e che il Consiglio di Zona 5 ha sempre concesso e sostenuto, quest'anno dedicato ai Partigiani della Zona 5.
La maggioranza di centro – destra del Consiglio di Zona 5, con la delibera di giovedì 15/4/2010, ha respinto la richiesta sia del Coordinamento ANPI di Zona 5 sia di un Consigliere, in rappresentanza dei Gruppi Consiliari di opposizione.
Nella nostra zona, da anni, l’ANPI e la cittadinanza si incontrano al Consiglio di Zona 5 in occasione della ricorrenza del 25 aprile, ricordano i tanti caduti portando le corone alle lapidi poste sui muri delle case dei nostri quartieri e celebrano questa data fondamentale di Milano, città medaglia d’oro alla Resistenza, perché i Partigiani, che si sono sempre riconosciuti nel dettato Costituzionale e nella Repubblica, nata dalla Resistenza Antifascista, si sentono Istituzione e chiedono da sempre che le Istituzioni siano parte fondamentale della giornata della Festa Nazionale.
La decisione del Consiglio di Zona 5 ci amareggia in quanto pensiamo doveroso che le istituzioni ed i suoi rappresentanti partecipino insieme all’ANPI, ed alla cittadinanza a questa importante ricorrenza, mettendo a disposizione la sala del suo Consiglio, come avvento per tanti anni.
Le nostre manifestazioni nella zona ci saranno, anche senza la maggioranza di centro-destra che governa il Consiglio di Zona 5. In particolare il 23/4/2010, dalle ore 20,30, ci sarà con un INCONTRO con CONFERENZA STAMPA a cura del Coordinamento delle Sez. ANPI di Zona 5, che avrà luogo nello spazio antistante l’ingresso del Consiglio di Zona 5, in Viale Tibaldi 41 a Milano. Al termine dell'incontro i partecipanti, in corteo, porteranno la corona dell'ANPI alla lapide dei Martiri di Viale Tibaldi e, a seguire, ci sarà la deposizione delle corone ai Caduti per la Libertà, nel quartiere Tibaldi-Ticinese.
Desideriamo esprimere con forza la nostra disapprovazione verso un comportamento ingiustificato della maggioranza di centro - destra del Consiglio di Zona 5 e invitiamo tutta la cittadinanza, i giornalisti e le Agenzie di stampa a partecipare a detto INCONTRO con CONFERENZA STAMPA.
Il coordinamento ANPI Sezioni Martiri di Viale Tibaldi, Fiore-Stadera e Vigentina
Coordinamento ANPI di Zona 5 - Ufficio Stampa
Via Bellezza 16/A Milano
GRUPPI CONSILIARI DI OPPOSIZIONE DEL COMUNE DI MILANO
MILANO
25 APRILE IN ZONA 5: PRESIDENZA E CENTRO DESTRA, STATURA POLITICA DA SEMINTERRATO!!!!!
Prendendo a pretesto un presunto insulto ricevuto tempo fa, il Presidente della Zona 5 e la sua maggioranza, negano all'ANPI ed alle forze antifasciste della zona di celebrare il 25 aprile nella Sala Consiliare della Zona, relegandone lo svolgimento in una sala al seminterrato.
Questa decisione viene assunta nonostante una lettera, firmata dai Capigruppo dell'opposizione a Palazzo Marino, rimasta peraltro senza risposta.
Ciò avviene inoltre a poche settimane dalle ingiurie rivolte da un esponente della maggioranza di Centrodestra alla memoria del Presidente della Repubblica e Capo Partigiano Sandro Pertini, senza che il Presidente Ferrari prendesse immediatamente le distanze da queste affermazioni.
E' inammissibile che il Presidente di una Zona si dimostri incapace di saper distinguere tra un eventuale insulto ricevuto e la Celebrazione della Liberazione dal nazifascismo, momento fondativo della riconquistata libertà e democrazia per tutti gli Italiani.
Con questa decisione il Presidente del consiglio di Zona e la sua maggioranza ritengono probabilmente di aver mostrato una grande determinazione sicuramente degna di miglior causa, sfugge loro invece di aver dimostrato soltanto che la loro statura politica è pari al seminterrato.
Pierfrancesco Majorino, Capogruppo PD
Aldo Ugliano, Consigliere PD
Milly Moratti, Capogruppo Milano Civica
Enrico Fedrighini, Capogruppo Verdi
Giuseppe Landonio, Consigliere Gruppo Misto
Vladimiro Merlin, Capogruppo Rifondazione Comunista
Francesco Rizzati, Capogruppo Comunisti Italiani
Raffaele Grassi, Consigliere Gruppo Misto
Basilio Rizzo, Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
Il Coordinamento ANPI di Zona 5 di Milano ha inviato in data 10/03/2010, come ogni anno, la richiesta dell’uso spazio della sala consigliare “W. Tobagi” per il tradizionale incontro del 23/4/2010, che normalmente si tiene presso il Consiglio di Zona 5 per la ricorrenza del 25 APRILE e che il Consiglio di Zona 5 ha sempre concesso e sostenuto, quest'anno dedicato ai Partigiani della Zona 5.
La maggioranza di centro – destra del Consiglio di Zona 5, con la delibera di giovedì 15/4/2010, ha respinto la richiesta sia del Coordinamento ANPI di Zona 5 sia di un Consigliere, in rappresentanza dei Gruppi Consiliari di opposizione.
Nella nostra zona, da anni, l’ANPI e la cittadinanza si incontrano al Consiglio di Zona 5 in occasione della ricorrenza del 25 aprile, ricordano i tanti caduti portando le corone alle lapidi poste sui muri delle case dei nostri quartieri e celebrano questa data fondamentale di Milano, città medaglia d’oro alla Resistenza, perché i Partigiani, che si sono sempre riconosciuti nel dettato Costituzionale e nella Repubblica, nata dalla Resistenza Antifascista, si sentono Istituzione e chiedono da sempre che le Istituzioni siano parte fondamentale della giornata della Festa Nazionale.
La decisione del Consiglio di Zona 5 ci amareggia in quanto pensiamo doveroso che le istituzioni ed i suoi rappresentanti partecipino insieme all’ANPI, ed alla cittadinanza a questa importante ricorrenza, mettendo a disposizione la sala del suo Consiglio, come avvento per tanti anni.
Le nostre manifestazioni nella zona ci saranno, anche senza la maggioranza di centro-destra che governa il Consiglio di Zona 5. In particolare il 23/4/2010, dalle ore 20,30, ci sarà con un INCONTRO con CONFERENZA STAMPA a cura del Coordinamento delle Sez. ANPI di Zona 5, che avrà luogo nello spazio antistante l’ingresso del Consiglio di Zona 5, in Viale Tibaldi 41 a Milano. Al termine dell'incontro i partecipanti, in corteo, porteranno la corona dell'ANPI alla lapide dei Martiri di Viale Tibaldi e, a seguire, ci sarà la deposizione delle corone ai Caduti per la Libertà, nel quartiere Tibaldi-Ticinese.
Desideriamo esprimere con forza la nostra disapprovazione verso un comportamento ingiustificato della maggioranza di centro - destra del Consiglio di Zona 5 e invitiamo tutta la cittadinanza, i giornalisti e le Agenzie di stampa a partecipare a detto INCONTRO con CONFERENZA STAMPA.
Il coordinamento ANPI Sezioni Martiri di Viale Tibaldi, Fiore-Stadera e Vigentina
Coordinamento ANPI di Zona 5 - Ufficio Stampa
Via Bellezza 16/A Milano
GRUPPI CONSILIARI DI OPPOSIZIONE DEL COMUNE DI MILANO
MILANO
25 APRILE IN ZONA 5: PRESIDENZA E CENTRO DESTRA, STATURA POLITICA DA SEMINTERRATO!!!!!
Prendendo a pretesto un presunto insulto ricevuto tempo fa, il Presidente della Zona 5 e la sua maggioranza, negano all'ANPI ed alle forze antifasciste della zona di celebrare il 25 aprile nella Sala Consiliare della Zona, relegandone lo svolgimento in una sala al seminterrato.
Questa decisione viene assunta nonostante una lettera, firmata dai Capigruppo dell'opposizione a Palazzo Marino, rimasta peraltro senza risposta.
Ciò avviene inoltre a poche settimane dalle ingiurie rivolte da un esponente della maggioranza di Centrodestra alla memoria del Presidente della Repubblica e Capo Partigiano Sandro Pertini, senza che il Presidente Ferrari prendesse immediatamente le distanze da queste affermazioni.
E' inammissibile che il Presidente di una Zona si dimostri incapace di saper distinguere tra un eventuale insulto ricevuto e la Celebrazione della Liberazione dal nazifascismo, momento fondativo della riconquistata libertà e democrazia per tutti gli Italiani.
Con questa decisione il Presidente del consiglio di Zona e la sua maggioranza ritengono probabilmente di aver mostrato una grande determinazione sicuramente degna di miglior causa, sfugge loro invece di aver dimostrato soltanto che la loro statura politica è pari al seminterrato.
Pierfrancesco Majorino, Capogruppo PD
Aldo Ugliano, Consigliere PD
Milly Moratti, Capogruppo Milano Civica
Enrico Fedrighini, Capogruppo Verdi
Giuseppe Landonio, Consigliere Gruppo Misto
Vladimiro Merlin, Capogruppo Rifondazione Comunista
Francesco Rizzati, Capogruppo Comunisti Italiani
Raffaele Grassi, Consigliere Gruppo Misto
Basilio Rizzo, Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
EDIZIONE SPECIALE DI "PATRIA INDIPENDENTE" PRESSO LA BIBLIOTECA COMUNALE CARATESE
IL 25 APRILE TINO CASALI COMPIE 90 ANNI
TINO CASALI
Nato a Milano il 25 aprile 1920, Presidente onorario dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
Cresciuto in famiglia con principi di libertà e democrazia, già a scuola (si sarebbe diplomato in ragioneria), ebbe a subire le conseguenze della mancata adesione alle organizzazioni fasciste. Ciò non gli impedì, durante il Secondo conflitto mondiale, di ricevere, dopo che era stato ferito, una decorazione al valor militare.
Dopo l'8 settembre 1943 Casali, che era mobilitato nella Francia meridionale, partecipò alla guerra partigiana contro gli occupanti tedeschi. August Colombanì (questo il nome di copertura che aveva scelto), si battè con il maquis, nel Vaar-Collebrieres. Rientrato in Italia all'inizio del 1944,“Tino” (questo il suo nuovo nome di battaglia, che avrebbe poi sempre conservato per i compagni e per gli amici), affiancò Angelo Aliotta nell'organizzazione dei GAP del capoluogo lombardo.
Nella primavera del 1944 il trasferimento nell'Oltrepò pavese, per organizzarvi le formazioni partigiane che si stavano costituendo nella zona. Prima comandante del Battaglione “Cosenz”, poi commissario della Brigata “Casotti”, “Tino” alla vigilia dell'insurrezione era commissario di guerra della Divisione d'assalto “Antonio Gramsci”. Questa formazione di montagna, equipaggiata e armata con mezzi pesanti, dopo aspri combattimenti, superati il Po e il Ticino e liberata Pavia, sarebbe entrata per prima a Milano partecipando alla sua liberazione.
Dopo la guerra, Tino Casali riprese la sua attività professionale, ma soprattutto si impegnò (dopo aver fondato con Arrigo Boldrini e altri patrioti l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia), nella direzione dell'ANPI provinciale di Milano, che ha presieduto per oltre mezzo secolo, e nell'attività nelle organizzazioni democratiche. Dal 1951 al 1958 è stato segretario provinciale e regionale del Movimento dei Partigiani della Pace; dal 1956 al 1965 consigliere al Comune di Milano; nel 1969 promuove la costituzione del Comitato Permanente Antifascista per la Difesa dell'Ordine Repubblicano, di cui è presidente-coordinatore, che è diventato punto di riferimento dell'impegno democratico di istituzioni, forze politiche e sociali contro il terrorismo e la strategia delle stragi e della tensione. Ha presieduto, dal 1976 al 1981, l'ente ospedaliero milanese “Luigi Sacco” e dal 1980 al 1990 è stato di nuovo consigliere comunale, assolvendo dal 1980 al 1985al ruolo di assessore.
Non a caso Tino Casali è tra i protagonisti del film documentario Il primo giorno-Milano, 25 aprile 1945, realizzato dalla Provincia di Milano (con la regia di Marco Pozzi su progetto dello stesso Pozzi e di Sergio Fiorini) e presentato, al Teatro “Dal Verme” di Milano, nel sessantesimo anniversario della Liberazione.
Al 14° Congresso nazionale dell'ANPI, che si è tenuto a Chianciano Terme nel 2006, Casali (che aveva svolto la relazione introduttiva) è stato eletto Presidente nazionale, succedendo ad Arrigo Boldrini, impossibilitato per motivi di salute a continuare a dirigere l'Associazione. Da tempo ammalato, è stato eletto il 17 giugno 2009 Presidente Onorario dal Comitato Nazionale.
lunedì 19 aprile 2010
NIENTE PATROCINIO ALL' ANPI. VERGOGNA A MILANO.
A.N.P.I. (ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA)
Sezioni: Barona – Giambellino – Lorenteggio – Porta Genova
Comunicato Stampa
Milano CDZ 6 - NO al 25 Aprile. Niente PATROCINIO ai Partigiani
Come tutti gli anni il coordinamento ANPI Milano zona 6 inviava in data 3 marzo c.a. richiesta di patrocinio per le manifestazioni locali, “25 APRILE – 65° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE” al proprio Consiglio di Zona che da sempre aderiva, patrocinava, e sosteneva le manifestazioni di questa importante ricorrenza “FESTA NAZIONALE”
Purtroppo quest’anno, nessuna risposta. Negazione alla richiesta. No al patrocinio.
Nella nostra zona dal 1946, l’ANPI e tutti i cittadini celebrano e festeggiano questa data fondamentale. Tante, troppe lapidi sui muri della nostra zona, sui muri di una Milano città medaglia d’oro alla Resistenza, ricordano che i Partigiani si sentono Istituzione e chiedono da sempre che le Istituzioni da loro create,sorte da quella fulgida pagina della guerra di Liberazione, base fondante della Costituzione e della nostra Repubblica, siano senza remore e perplessità parte fondamentale della ricorrenza, dell’anniversario di una giornata di Festa Nazionale.
Siamo perplessi, siamo amareggiati, un CDZ che vuole una strada per Giorgio Almirante. Un CDZ che continua a non rispondere alle richieste dell’ANPI, che per voce del suo presidente considera l’ANPI e la sua storia come una semplice associazione non degna di una risposta, perché non interessa le commissioni, non interessa i consiglieri, non interessa chi decide, gestisce e governa.
Un CDZ che dimentica un Decreto Legge che certifica l’ANPI “ente morale”.
Un CDZ senza memoria... ci preoccupa e ci fa riflettere.
Denunciamo con tutta la nostra forza questa negazione, questa estrema posizione.
Le nostre manifestazioni nella zona ci saranno, anche senza la maggioranza di centrodestra che governa il CDZ; chiediamo dunque sostegno e la diffusione di questo nostro comunicato, chiediamo adesione e partecipazione a tutte le manifestazioni per il 25 aprile in tutta Italia, a Milano e soprattutto nella nostra zona.
Il coordinatore ANPI Milano. Zona 6. Ivano Tajetti.
Sezioni: Barona – Giambellino – Lorenteggio – Porta Genova
Comunicato Stampa
Milano CDZ 6 - NO al 25 Aprile. Niente PATROCINIO ai Partigiani
Come tutti gli anni il coordinamento ANPI Milano zona 6 inviava in data 3 marzo c.a. richiesta di patrocinio per le manifestazioni locali, “25 APRILE – 65° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE” al proprio Consiglio di Zona che da sempre aderiva, patrocinava, e sosteneva le manifestazioni di questa importante ricorrenza “FESTA NAZIONALE”
Purtroppo quest’anno, nessuna risposta. Negazione alla richiesta. No al patrocinio.
Nella nostra zona dal 1946, l’ANPI e tutti i cittadini celebrano e festeggiano questa data fondamentale. Tante, troppe lapidi sui muri della nostra zona, sui muri di una Milano città medaglia d’oro alla Resistenza, ricordano che i Partigiani si sentono Istituzione e chiedono da sempre che le Istituzioni da loro create,sorte da quella fulgida pagina della guerra di Liberazione, base fondante della Costituzione e della nostra Repubblica, siano senza remore e perplessità parte fondamentale della ricorrenza, dell’anniversario di una giornata di Festa Nazionale.
Siamo perplessi, siamo amareggiati, un CDZ che vuole una strada per Giorgio Almirante. Un CDZ che continua a non rispondere alle richieste dell’ANPI, che per voce del suo presidente considera l’ANPI e la sua storia come una semplice associazione non degna di una risposta, perché non interessa le commissioni, non interessa i consiglieri, non interessa chi decide, gestisce e governa.
Un CDZ che dimentica un Decreto Legge che certifica l’ANPI “ente morale”.
Un CDZ senza memoria... ci preoccupa e ci fa riflettere.
Denunciamo con tutta la nostra forza questa negazione, questa estrema posizione.
Le nostre manifestazioni nella zona ci saranno, anche senza la maggioranza di centrodestra che governa il CDZ; chiediamo dunque sostegno e la diffusione di questo nostro comunicato, chiediamo adesione e partecipazione a tutte le manifestazioni per il 25 aprile in tutta Italia, a Milano e soprattutto nella nostra zona.
Il coordinatore ANPI Milano. Zona 6. Ivano Tajetti.
domenica 18 aprile 2010
I PARTIGIANI ALLA SCUOLA MEDIA DI CARATE BRIANZA
In occasione del 65° anniversario della Liberazione,martedì 20 aprile i Partigiani incontreranno gli studenti delle classi terze della scuola secondaria di primo grado.
" 25 aprile 1945 - 25 aprile 2010 : per non dimenticare " questo il titolo dell' incontro che si terrà alle ore 9,00 presso il nuovo palazzo comunale.
Interverranno Giuseppe Paleari - esperto e curatore di diversi progetti relativi ai lager e alla deportazione - e Ambrogio Riboldi, Partigiano , testimone diretto della Resistenza in Brianza.
" 25 aprile 1945 - 25 aprile 2010 : per non dimenticare " questo il titolo dell' incontro che si terrà alle ore 9,00 presso il nuovo palazzo comunale.
Interverranno Giuseppe Paleari - esperto e curatore di diversi progetti relativi ai lager e alla deportazione - e Ambrogio Riboldi, Partigiano , testimone diretto della Resistenza in Brianza.
sabato 17 aprile 2010
FESTA DELLA LIBERAZIONE A BESANA BRIANZA. PROIEZIONE DEL FILM " L'UOMO CHE VERRA' "
Insieme per Besana organizza in occasione della Festa della Liberazione d’Italia la proiezione del film “L’uomo che verrà” giovedì 22 aprile alle ore 21 presso il cineteatro Edelweiss (ingresso 4 euro).
Inverno, 1943. Martina, unica figlia di una povera famiglia di contadini, ha 8 anni e vive alle pendici di Monte Sole. Anni prima ha perso un fratellino di pochi giorni e da allora ha smesso di parlare. La mamma rimane nuovamente incinta e Martina vive nell’attesa del bambino che nascerà, mentre la guerra man mano si avvicina e la vita diventa sempre più difficile, stretti fra le brigate partigiane del comandante Lupo e l’avanzare dei nazisti. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1944 il bambino viene finalmente alla luce. Quasi contemporaneamente le SS scatenano nella zona un rastrellamento senza precedenti, che passerà alla storia come la strage di Marzabotto.
MONZA, DUE SERATE RESISTENTI CONTRO " I FANTASMI DELLA VERGOGNA "
MONZA, mercoledì 21 aprile - ore 21 - Sala Circoscrizione n.3 (Via D'Annunzio 35)
65 Anni dopo la Liberazione la necessità di una coscienza critica, le insidie di un consenso passivo.
Ne ragioneremo assieme a Loris Lepri della Cineteca di Bologna.
A dare spunto alle riflessioni sarà un film tra i più importanti sullItalia fascista, La lunga notte del '43 (1960) di Florestano Vancini.
Il racconto "Una notte del 43" di Giorgio Bassani, scritto nel 1956 e ispirato a un episodio reale, servì al regista per portare sullo schermo una storia che tratta il dopo 8 settembre senza rappresentare loccupazione nazista, ma unicamente il conflitto fra italiani. Accennando soltanto al tema della Resistenza, con minimi cambiamenti della realtà storica e significative modifiche della pagina bassaniana, Vancini arrivò ad aggiornare gli eventi al 1960. Riuscì a spiazzare completamente il pubblico di allora e continua a far riflettere quello di oggi, con un giudizio sulla Storia ancor più amaro e drammatico rispetto al modello letterario.
MONZA, giovedì 22 aprile ore 21 Camera del Lavoro (Sala Trentin) Via Premuda 17
LO STATO DI ECCEZIONE, PROCESSO PER MONTE SOLE 62 ANNI DOPO
Il documentario affronta il processo penale di primo grado che è stato celebrato presso il Tribunale militare di La Spezia, tra il febbraio 2006 e il gennaio 2007, e ha riguardato la responsabilità di diciassette ex SS per i delitti perpetrati nellautunno 44 in Italia, durante quella che è considerata la più grande strage nazifascista dellEuropa occidentale: leccidio di Monte Sole. La strage avvenne nellAppennino bolognese, lungo la linea Gotica, dove un intero reparto di SS, al comando del Maggiore Walter Reder, uccise più di 700 civili, donne, bambini, infermi e vecchi.
Questo film del regista Germano Maccioni (Bologna, 1978) è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, a Berkeley ed ha già vinto numerosi premi.
Alla proiezione sarà presente il regista.
65 Anni dopo la Liberazione la necessità di una coscienza critica, le insidie di un consenso passivo.
Ne ragioneremo assieme a Loris Lepri della Cineteca di Bologna.
A dare spunto alle riflessioni sarà un film tra i più importanti sullItalia fascista, La lunga notte del '43 (1960) di Florestano Vancini.
Il racconto "Una notte del 43" di Giorgio Bassani, scritto nel 1956 e ispirato a un episodio reale, servì al regista per portare sullo schermo una storia che tratta il dopo 8 settembre senza rappresentare loccupazione nazista, ma unicamente il conflitto fra italiani. Accennando soltanto al tema della Resistenza, con minimi cambiamenti della realtà storica e significative modifiche della pagina bassaniana, Vancini arrivò ad aggiornare gli eventi al 1960. Riuscì a spiazzare completamente il pubblico di allora e continua a far riflettere quello di oggi, con un giudizio sulla Storia ancor più amaro e drammatico rispetto al modello letterario.
MONZA, giovedì 22 aprile ore 21 Camera del Lavoro (Sala Trentin) Via Premuda 17
LO STATO DI ECCEZIONE, PROCESSO PER MONTE SOLE 62 ANNI DOPO
Il documentario affronta il processo penale di primo grado che è stato celebrato presso il Tribunale militare di La Spezia, tra il febbraio 2006 e il gennaio 2007, e ha riguardato la responsabilità di diciassette ex SS per i delitti perpetrati nellautunno 44 in Italia, durante quella che è considerata la più grande strage nazifascista dellEuropa occidentale: leccidio di Monte Sole. La strage avvenne nellAppennino bolognese, lungo la linea Gotica, dove un intero reparto di SS, al comando del Maggiore Walter Reder, uccise più di 700 civili, donne, bambini, infermi e vecchi.
Questo film del regista Germano Maccioni (Bologna, 1978) è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, a Berkeley ed ha già vinto numerosi premi.
Alla proiezione sarà presente il regista.
venerdì 16 aprile 2010
RADUNO NAZIFASCISTA IL 2 MAGGIO. CON PATROCINIO E CONTRIBUTO...
Il concerto-raduno nazifascista del 24 aprile non c’è più. Il Consiglio di Zona 3 di Milano, chiamato stasera a discuterne, l’ha spostato al 2 maggio, confermando purtroppo a maggioranza sia il patrocinio, che il finanziamento di 1.000 euro.
Un’importante vittoria, dunque, per quanti, singoli o organizzazioni, si sono mossi in queste ultime 24 ore per denunciare pubblicamente quanto si stava preparando e per esigere che il raduno venisse bloccato. Perché una cosa appariva evidente stasera in CdZ 3: se il tutto si fosse svolto nel silenzio e nella disattenzione pubblica si sarebbe ripetuto quanto già avvenuto in precedenza in Commissione Cultura, la quale infatti aveva dato il via libera al raduno del 24 aprile.
Ma è anche una vittoria a metà, perché rimane purtroppo il fatto che un’istituzione pubblica concede incredibilmente il patrocinio e un finanziamento a un’iniziativa di carattere neofascista.
Ma veniamo alla cronaca della serata, alquanto illuminante.
All’ordine del giorno del CdZ, tra le altre cose, c’era anche il “Concerto in ricordo di Sergio Ramelli” e la relativa delibera, predisposta dalla Commissione Cultura, che recitava testualmente:
“In occasione del 35° anniversario della morte di Sergio Ramelli giovane militante del Fronte della Gioventù (MSI) avvenuta il 29 aprile 1975 per mano di un commando del movimento di estrema sinistra “Avanguardia Operaia”, l’Associazione MO.D.A.V.I onlus attiva dal 1995 intende realizzare un concerto presso i Giardini Ramelli di via Bronzino nel pomeriggio di sabato 24 aprile. Il concerto vedrà la partecipazione del cantautore Federico Goglio in arte “Skoll”.
A fronte di una richiesta di 1500 euro (150 euro di rimborso cantante, 950 euro per il service audio, 400 euro per l’allestimento) la Commissione propone di stanziare un contributo di 1000 euro. Si chiede inoltre la concessione del Patrocinio”.
Insomma, si intendeva usare strumentalmente l’anniversario dell’omicidio di Ramelli, che viene abitualmente commemorato il 29 aprile, per ovvi motivi, per piazzare invece un raduno nazifascista il 24 aprile, cioè il giorno prima dell’anniversario della Liberazione. Anzi, la primissima proposta arrivata in Commissione Cultura, com’è stato ufficialmente confermato stasera, era di fare il concerto addirittura il 25 aprile (sic!). Ma questa ipotesi era sembrata evidentemente un po’ eccessiva anche ai padrini istituzionali dei neofascisti e quindi avevano deciso di metterlo il giorno prima.
La Commissione Cultura non aveva nemmeno da ridire sul fatto che a presentare la richiesta di patrocinio fosse un’associazione, la MO.D.A.V.I. onlus, che palesemente fungeva da prestanome, considerato che a Milano e in Lombardia non esiste nemmeno. Infatti, la MO.D.A.V.I. onlus ha sede legale a Roma, non dispone di alcun associato in tutta la Lombardia e, come se non bastasse, è presieduta da Irma Casula, dirigente di Azione Giovani (organizzazione giovanile degli ex-An) del Friuli Venezia Giulia .
In altre parole, era evidente sin dall’inizio che fossimo di fronte a un’operazione politica che poco c’entrava con la commemorazione dell’anniversario dell’omicidio di Ramelli e che aveva, invece, come obiettivo, tutto politico e contemporaneo, una provocazione in vista del 25 aprile (stanno già pensando alla campagna elettorale per le comunali…?!) e uno sdoganamento dei gruppi e del pensiero neofascisti.
Infatti, stasera in CdZ l’imbarazzo era palpabile, visto che il tutto era finito sulla pubblica piazza. Dopo pochissimi interventi è arrivata la prima sospensione ed è stata convocata la riunione dei capigruppo. Conclusione: la data del 24 improvvisamente non era più “opportuna” e il tutto andava spostato al 2 maggio (cioè, lontano dal 25 aprile e, per i non addetti ai lavori, fuori dalla settimana di iniziativa dal 24 aprile al 1° maggio, annunciata dalla galassia nera).
Tuttavia, essendo ormai tutta la faccenda di pubblico dominio, qualcuno nel centrodestra voleva andare anche oltre. E così, l’emendamento che chiedeva l’eliminazione del patrocinio e la riduzione del contributo economico a 700 euro (cioè, la stessa cifra stanziata a suo tempo per un’iniziativa in ricordo di Fausto e Iaio, per citare un consigliere di zona) è stato sostenuto anche dal capogruppo della Lega e dall’Udc, che quindi hanno votato insieme a sinistre e Pd.
Ma purtroppo non è stato sufficiente, poiché il Presidente del CdZ, l’ex-An Pietro Viola, ha letteralmente militarizzato la truppa del Pdl e il patrocinio e i 1.000 euro per i camerati sono stati salvati, sebbene di misura.
Infine, ultima annotazione di cronaca, la deliberazione che sposta tutto al 2 maggio, ma che conferma la copertura istituzionale del concerto neofascista, è stata approvata con 27 voti a favore e 11 voti contrari. Cioè, il Pd si è incredibilmente diviso e metà gruppo ha votato a favore, insieme alle destre…
Morale? Primo, che il tutto fosse un’operazione politica, concordata tra estremismo neofascista/neonazista e settori del centrodestra istituzionale, in primis di provenienza ex-An, è rimasto ampiamente confermato dal CdZ di stasera. Secondo, vigilare attentamente ed essere pronti a prendere parola e iniziativa in prima persona è una necessità imprescindibile, perché non oso immaginare cosa sarebbe successo in CdZ stasera se nessuno avesse denunciato, chiesto, detto ecc. Terzo, il 25 aprile in piazza a Milano, al corteo, prima, e a Partigiani in ogni quartiere, poi, dobbiamo essere in tanti e tante.
tratto dal blog di Luciano Muhlbauer
VERGOGNA ! RADUNO NAZIFASCISTA A MILANO
A Milano si sta preparando un raduno nazifascista in grande stile con la copertura di settori del Pdl e finanche della Lega Nord. Il tutto inizierà domenica prossima al Cimitero Maggiore, con una messa in onore di Mussolini, e proseguirà con una settimana di iniziative che durerà dal 24 aprile al 1° Maggio.
Alcune di queste iniziative sono già state annunciate dai siti dell’estremismo nero e da un comunicato stampa di Roberto Jonghi Lavarini, esponente neofascista confluito nel Pdl. Ma l’iniziativa clou non è ancora conosciuta, poiché verrà portata alla discussione del Consiglio di Zona 3 di domani. Si tratta di un concerto nel giardino pubblico “Sergio Ramelli” il 24 aprile prossimo, cioè alla vigilia dell’anniversario della Liberazione e in contemporanea con la presenza in città del Presidente della Repubblica.
Non si tratta delle solite iniziative, ma di un autentico salto di qualità dell’estremismo di destra milanese. Per la prima volta, infatti, le varie sigle dell’estremismo nero hanno messo da parte le loro rivalità e si sono uniti, da Forza Nuova a Casa Pound e Blocco studentesco, da Fiamma Tricolore ai nazi-skin di Lealtà ed Azione, dal movimento della Santanché ad alcuni settori della Lega vicini a Borghezio, passando per diversi esponenti politici milanesi del Pdl, tra cui anche Fidanza, Frassinetti e Jonghi Lavarini.
Sottovalutare o far finta di non vedere che a Milano, proprio in occasione del 25 aprile, si tenta lo sdoganamento definitivo dei gruppi militanti e delle tesi del neofascismo, sarebbe un tragico ed imperdonabile errore.
Ed è un problema che non riguarda soltanto la sinistra o il centrosinistra. È un problema che riguarda anche –e forse soprattutto- le forze del centrodestra che governano questa città. Non possiamo e non vogliamo credere che tutto il Pdl, tutta la Lega e il Sindaco Moratti siano complici di questo operazione.
Per questo chiediamo a tutte le forze politiche democratiche di rompere ogni complicità con gruppi neofascisti o neonazisti, a partire dall’opposizione alla concessione del Giardino Sergio Ramelli per il raduno nazifascista del 24 aprile.
Al Prefetto e al Questore chiediamo, invece, di garantire il rispetto della legalità costituzionale, che significa anche non consentire l’apologia di fascismo o l’incitamento all’odio razziale.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Alcune di queste iniziative sono già state annunciate dai siti dell’estremismo nero e da un comunicato stampa di Roberto Jonghi Lavarini, esponente neofascista confluito nel Pdl. Ma l’iniziativa clou non è ancora conosciuta, poiché verrà portata alla discussione del Consiglio di Zona 3 di domani. Si tratta di un concerto nel giardino pubblico “Sergio Ramelli” il 24 aprile prossimo, cioè alla vigilia dell’anniversario della Liberazione e in contemporanea con la presenza in città del Presidente della Repubblica.
Non si tratta delle solite iniziative, ma di un autentico salto di qualità dell’estremismo di destra milanese. Per la prima volta, infatti, le varie sigle dell’estremismo nero hanno messo da parte le loro rivalità e si sono uniti, da Forza Nuova a Casa Pound e Blocco studentesco, da Fiamma Tricolore ai nazi-skin di Lealtà ed Azione, dal movimento della Santanché ad alcuni settori della Lega vicini a Borghezio, passando per diversi esponenti politici milanesi del Pdl, tra cui anche Fidanza, Frassinetti e Jonghi Lavarini.
Sottovalutare o far finta di non vedere che a Milano, proprio in occasione del 25 aprile, si tenta lo sdoganamento definitivo dei gruppi militanti e delle tesi del neofascismo, sarebbe un tragico ed imperdonabile errore.
Ed è un problema che non riguarda soltanto la sinistra o il centrosinistra. È un problema che riguarda anche –e forse soprattutto- le forze del centrodestra che governano questa città. Non possiamo e non vogliamo credere che tutto il Pdl, tutta la Lega e il Sindaco Moratti siano complici di questo operazione.
Per questo chiediamo a tutte le forze politiche democratiche di rompere ogni complicità con gruppi neofascisti o neonazisti, a partire dall’opposizione alla concessione del Giardino Sergio Ramelli per il raduno nazifascista del 24 aprile.
Al Prefetto e al Questore chiediamo, invece, di garantire il rispetto della legalità costituzionale, che significa anche non consentire l’apologia di fascismo o l’incitamento all’odio razziale.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
giovedì 15 aprile 2010
mercoledì 14 aprile 2010
25 APRILE A MILANO
Care compagne, cari compagni,
nel corso delle recenti riunioni del Comitato regionale dell’ANPI Lombardia e degli organismi dirigenti dell’ANPI Provinciale di Milano è stato sottolineato lo straordinario rilievo delle iniziative che si svolgeranno a Milano in occasione del 25 aprile .
Il 24 aprile, alle ore 17, il Teatro alla Scala ospiterà il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che indirizzerà, in occasione del 65^ Anniversario della Liberazione, un importante discorso alla Nazione.
La manifestazione del 25 aprile che si svolgerà a Milano, avrà quest’anno carattere nazionale.
Come sempre quest’appuntamento assume un significato importantissimo, non solo per la ricorrenza in sé, ma anche per ribadire, difendere, i valori della Resistenza, della Costituzione repubblicana e riaffermare la centralità del lavoro, il suo ruolo e la sua dignità, messi fortemente in discussione dalla gravissima crisi economica che colpisce l’Italia e da misure o proposte che, se accolte, comprometterebbero gli stessi diritti consacrati nella Costituzione e nello Statuto dei Lavoratori.
Invitiamo, pertanto, tutte le ANPI presenti nelle Regioni e nelle Province del nostro Paese a partecipare, con loro folte delegazioni, alla manifestazione nazionale, promossa dal Comitato Permanente Antifascista per la Difesa dell’Ordine Repubblicano.
La partecipazione unitaria, compatta e di massa dei cittadini, dei lavoratori, dei democratici e degli antifascisti, rappresenta la garanzia migliore per la riuscita e il successo della manifestazione nazionale , che dovrà svolgersi in modo sereno e responsabile.
L’appuntamento, per tutti, è per Domenica 25 aprile 2010 alle ore 14,30, a Milano- Porta Venezia, da dove muoverà il corteo per raggiungere Piazza Duomo, dove alle ore 16,00 si svolgeranno gli interventi celebrativi.
Cordiali saluti.
Carlo SMURGLIA - Antonio PIZZINATO
(Presidente ANPI-Milano) - ( Presidente ANPI – Lombardia)
25 aprile 1945/25 aprile 2010
RESISTENZA – COSTITUZIONE - LAVORO
Quest’anno ricorre il 65° anniversario della Liberazione e la manifestazione del 25 aprile assume un rilievo particolare non solo per la ricorrenza in sé, ma anche perché i valori della Resistenza e della Costituzione vengono sempre di più messi in discussione ed esposti a concreti pericoli, suscitando preoccupazioni serie nei cittadini che ritengono che quei valori costituiscano il faro destinato ad illuminare e indirizzare le nostre azioni e siano il fondamento della convivenza civile.
E’ sotto gli occhi di tutti la caduta, talora precipitosa, di valori fondamentali, dal rispetto delle regole e delle istituzioni, al rispetto della persona umana. E’ altrettanto evidente la crisi di uno dei cardini del sistema, il principio di uguaglianza. Tutti i comportamenti istituzionali e politici devono essere improntati al rispetto della legge e alla difesa dello stato di diritto. L’impianto dei valori costituzionali, in particolare per ciò che attiene alla divisione dei poteri e al rispetto delle varie istituzioni, è fondamentale se non vogliamo precipitare in un baratro senza fine. Gli organi fondamentali di garanzia, a partire dalla Magistratura, devono essere rispettati ed aiutati a funzionare al meglio; così come meritano rispetto tutte le istituzioni. L’etica nella politica costituisce sempre di più un elemento di fondo da rafforzare e valorizzare.
Ma bisogna anche restituire al lavoro, valore fondante della Repubblica, il suo ruolo e la sua dignità. C’è un contrasto stridente fra i princìpi costituzionali in tema di lavoro e la durissima realtà del nostro Paese, che registra una rilevante crescita della disoccupazione, mentre si aggravano le condizioni della precarietà e il numero dei morti sul lavoro rimane una tragica costante del sistema italiano. E’ un divario insopportabile, che deve essere superato al più presto, investendo nel capitale umano e restituendo ai lavoratori e alle loro famiglie sicurezza e dignità.
Mentre ricordiamo i 100.000 caduti della Resistenza contro il nazifascismo e celebriamo le pagine più ricche e belle della nostra storia, dobbiamo assumere l’impegno solenne a realizzare gli ideali per cui tanti sacrifici sono stati compiuti ed a tradurre nella realtà i principi fondamentali della nostra Costituzione, consegnando ai giovani la speranza di un futuro migliore.In un contesto internazionale preoccupante, è doveroso anche lanciare un forte appello per il rispetto e la garanzia – in ogni Paese – dei diritti umani, nella profonda convinzione che – come ha insegnato la Resistenza – ciò costituisce il fondamento della libertà e della pace.
Il Comitato permanente antifascista contro il terrorismo per la difesa dell'ordine repubblicano
nel corso delle recenti riunioni del Comitato regionale dell’ANPI Lombardia e degli organismi dirigenti dell’ANPI Provinciale di Milano è stato sottolineato lo straordinario rilievo delle iniziative che si svolgeranno a Milano in occasione del 25 aprile .
Il 24 aprile, alle ore 17, il Teatro alla Scala ospiterà il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che indirizzerà, in occasione del 65^ Anniversario della Liberazione, un importante discorso alla Nazione.
La manifestazione del 25 aprile che si svolgerà a Milano, avrà quest’anno carattere nazionale.
Come sempre quest’appuntamento assume un significato importantissimo, non solo per la ricorrenza in sé, ma anche per ribadire, difendere, i valori della Resistenza, della Costituzione repubblicana e riaffermare la centralità del lavoro, il suo ruolo e la sua dignità, messi fortemente in discussione dalla gravissima crisi economica che colpisce l’Italia e da misure o proposte che, se accolte, comprometterebbero gli stessi diritti consacrati nella Costituzione e nello Statuto dei Lavoratori.
Invitiamo, pertanto, tutte le ANPI presenti nelle Regioni e nelle Province del nostro Paese a partecipare, con loro folte delegazioni, alla manifestazione nazionale, promossa dal Comitato Permanente Antifascista per la Difesa dell’Ordine Repubblicano.
La partecipazione unitaria, compatta e di massa dei cittadini, dei lavoratori, dei democratici e degli antifascisti, rappresenta la garanzia migliore per la riuscita e il successo della manifestazione nazionale , che dovrà svolgersi in modo sereno e responsabile.
L’appuntamento, per tutti, è per Domenica 25 aprile 2010 alle ore 14,30, a Milano- Porta Venezia, da dove muoverà il corteo per raggiungere Piazza Duomo, dove alle ore 16,00 si svolgeranno gli interventi celebrativi.
Cordiali saluti.
Carlo SMURGLIA - Antonio PIZZINATO
(Presidente ANPI-Milano) - ( Presidente ANPI – Lombardia)
25 aprile 1945/25 aprile 2010
RESISTENZA – COSTITUZIONE - LAVORO
Quest’anno ricorre il 65° anniversario della Liberazione e la manifestazione del 25 aprile assume un rilievo particolare non solo per la ricorrenza in sé, ma anche perché i valori della Resistenza e della Costituzione vengono sempre di più messi in discussione ed esposti a concreti pericoli, suscitando preoccupazioni serie nei cittadini che ritengono che quei valori costituiscano il faro destinato ad illuminare e indirizzare le nostre azioni e siano il fondamento della convivenza civile.
E’ sotto gli occhi di tutti la caduta, talora precipitosa, di valori fondamentali, dal rispetto delle regole e delle istituzioni, al rispetto della persona umana. E’ altrettanto evidente la crisi di uno dei cardini del sistema, il principio di uguaglianza. Tutti i comportamenti istituzionali e politici devono essere improntati al rispetto della legge e alla difesa dello stato di diritto. L’impianto dei valori costituzionali, in particolare per ciò che attiene alla divisione dei poteri e al rispetto delle varie istituzioni, è fondamentale se non vogliamo precipitare in un baratro senza fine. Gli organi fondamentali di garanzia, a partire dalla Magistratura, devono essere rispettati ed aiutati a funzionare al meglio; così come meritano rispetto tutte le istituzioni. L’etica nella politica costituisce sempre di più un elemento di fondo da rafforzare e valorizzare.
Ma bisogna anche restituire al lavoro, valore fondante della Repubblica, il suo ruolo e la sua dignità. C’è un contrasto stridente fra i princìpi costituzionali in tema di lavoro e la durissima realtà del nostro Paese, che registra una rilevante crescita della disoccupazione, mentre si aggravano le condizioni della precarietà e il numero dei morti sul lavoro rimane una tragica costante del sistema italiano. E’ un divario insopportabile, che deve essere superato al più presto, investendo nel capitale umano e restituendo ai lavoratori e alle loro famiglie sicurezza e dignità.
Mentre ricordiamo i 100.000 caduti della Resistenza contro il nazifascismo e celebriamo le pagine più ricche e belle della nostra storia, dobbiamo assumere l’impegno solenne a realizzare gli ideali per cui tanti sacrifici sono stati compiuti ed a tradurre nella realtà i principi fondamentali della nostra Costituzione, consegnando ai giovani la speranza di un futuro migliore.In un contesto internazionale preoccupante, è doveroso anche lanciare un forte appello per il rispetto e la garanzia – in ogni Paese – dei diritti umani, nella profonda convinzione che – come ha insegnato la Resistenza – ciò costituisce il fondamento della libertà e della pace.
Il Comitato permanente antifascista contro il terrorismo per la difesa dell'ordine repubblicano
lunedì 12 aprile 2010
I PARTIGIANI ALLA SCUOLA MEDIA DI BOVISIO MASCIAGO
Lunedì 19 aprile i Partigiani alla scuola media di Bovisio Masciago.
Dalle ore 8.00 alle 13.00 gli studenti delle classi terze incontreranno, Egeo Mantovani, partigiano, presidente onorario della federazione provinciale A.N.P.I. Monza e Brianza che presenterà un filmato sulla Resistenza e narrerà agli studenti la sua esperienza diretta nella Lotta di Liberazione. Nella settimana che porta al 25aprile, nell’atrio dell’istituto sarà esposta, per gli studenti e le loro famiglie, la mostra “Sterminio in Europa” prodotta dall’A.N.E.D, l’associazione nazionale degli ex deportati, che racconta la storia d’Europa dalla prima guerra mondiale alla Liberazione dal nazi – fascismo. L' Anpi di Bovisio Masciago ringrazia la Direzione e gli insegnanti della scuola media, come sempre molto disponibili a trasmettere ai ragazzi l’importanza di quei giorni nella storia d’Italia, non solo attraverso ciò che è scritto sui libri di storia, ma ancora una volta facendo incontrare gli studenti con i protagonisti diretti della Resistenza.
Dalle ore 8.00 alle 13.00 gli studenti delle classi terze incontreranno, Egeo Mantovani, partigiano, presidente onorario della federazione provinciale A.N.P.I. Monza e Brianza che presenterà un filmato sulla Resistenza e narrerà agli studenti la sua esperienza diretta nella Lotta di Liberazione. Nella settimana che porta al 25aprile, nell’atrio dell’istituto sarà esposta, per gli studenti e le loro famiglie, la mostra “Sterminio in Europa” prodotta dall’A.N.E.D, l’associazione nazionale degli ex deportati, che racconta la storia d’Europa dalla prima guerra mondiale alla Liberazione dal nazi – fascismo. L' Anpi di Bovisio Masciago ringrazia la Direzione e gli insegnanti della scuola media, come sempre molto disponibili a trasmettere ai ragazzi l’importanza di quei giorni nella storia d’Italia, non solo attraverso ciò che è scritto sui libri di storia, ma ancora una volta facendo incontrare gli studenti con i protagonisti diretti della Resistenza.
domenica 11 aprile 2010
giovedì 8 aprile 2010
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