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sabato 18 maggio 2013

NO AL NEOFASCISMO!


Il Comitato Direttivo dell’Anpi di Carate Brianza, riunitosi dopo essere venuto a conoscenza delle gravi esternazioni della candidata Pdl, Alessandra Indiano, e dopo aver letto la conseguente risposta del candidato Sindaco del centrodestra Luigi Nava, esprime profonda indignazione e preoccupazione.

Inneggiare al duce ed al fascismo, indicare Mussolini, dittatore spietato e promulgatore delle leggi razziali, quale unico degno Presidente della Repubblica, rappresenta non solo una grave offesa alla storia democratica italiana ma anche alla città di Carate Brianza, ai suoi giovani Partigiani, Dante Cesana, Claudio Cesana, Angelo Viganò, Andrea Ronchi,  che vennero uccisi dal fuoco del regime nazifascista mentre combattevano per restituire la libertà e la democrazia al popolo italiano. L’apologia di fascismo è un reato perseguibile a termini di Legge.

Ricordiamo che la cosiddetta Legge Mancino all’art.4 punisce "chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”. In questo contesto normativo dovrebbe essere giudicata la pubblicazione della fotografia che ritrae Benito Mussolini con tanto di simbolo del Partito Nazionale Fascista e la scritta: “ L’unico Presidente della Repubblica che vorrei”.
 
Ci ha molto sorpreso e preoccupato che Nava abbia minimizzato e di fatto giustificato le aberranti prese di posizione della candidata Indiano. L’Anpi invita il candidato Sindaco ad esprimere una chiara e netta posizione di condanna di quanto avvenuto. Nella Costituzione Italiana e nelle Istituzioni democratiche, quale l’amministrazione comunale cittadina, non c’è posto per il neofascismo.
 
 
 
 
 
 
 

5 commenti:

  1. Sono doverose, da parte mia, alcune osservazioni in merito alla questione.

    Innanzitutto una differenza da marcare ed una questione di metodo: chi scrive di suo pugno un commento, una nota, un pensiero anche forte e lo pubblica, si assume una responsabilità molto più grande di chi condivide una vignetta (o come diavolo si chiama).
    Per tale motivo ho ritenuto di contestare il merito delle affermazioni del consigliere di Triuggio, scritte di suo pugno, in merito al ministro Kyenge. Ho contestato il merito, ribadendo il primato assoluto del rispetto per ogni persona. E proprio in nome di questo rispetto non attacco la persona, che va rispettata anche se dice cose allucinanti, ma il suo pensiero, proponendone un altro, diverso, alternativo, più veritiero.
    Ciò detto, non mi metto ad accusare chi scrive queste cose di essere un razzista. Perché faccio così: perché mi è sempre stato insegnato a rimanere sulle cose e non utilizzare gli argomenti per distruggere una persona. Una persona si qualifica per quello che pensa o dice: non c'è bisogno che io gli metta un'etichetta, anche perché le etichette sono sempre riduttive e non considerano la persona nella sua totalità. E' la famosa (e troppo poco applicata) distinzione tra peccato e peccatore.
    Tra l'altro, quando sento o leggo un'affermazione che non condivido, questa circostanza diventa l'occasione per ribadire un'altra logica, un altro angolo di visuale, uno sguardo che considera le cose in un'altra direzione.
    Decenni di scuola mi hanno abituato a sentire una valanga di posizioni e di idee diverse. Ho ascoltato tutti e ho acconsentito o ribattuto, sempre nel merito. E mai mi ha sfiorato l'idea di dire ad una persona: "sei un ignorante, non capisci niente, sei un razzista o chissà cosa". Perché questi sono marchi, bollini da applicare ad una persona, che è sempre molto, ma molto di più delle idee (anche aberranti) che può sostenere. Quante volte, anche ultimamente, sento inneggiare alla pena di morte. Capisco che la voglia di sicurezza possa portare chi ha poca dimestichezza con la complessità delle questioni al giustizialismo più truce. Ma ho sempre cercato di intavolare dialoghi che bandissero completamente l'accusa del tipo: "Se sei a favore della pena di morte, allora sei un forcaiolo, un bieco massacratore, e via di seguito". Anche da un punto di vista dialettico, bollare una persona che sostiene concetti inaccettabili è il modo migliore per troncare ogni possibilità di dialogo. Solo entrando nel merito, posso far risaltare le differenze o la maggiore validità dell'idea che sostengo.

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  2. Inoltre, più che guardare alla fonte da cui tratte le vignette, occorre guardare al contenuto. Chi pubblica queste cose su FB condivide il contenuto, non il nome del contenitore (che comunque appare su FB, non per scelta diretta del condivisore). Ad esempio, ho visto che nella pagina "Bianchi fuori, neri dentro", c'è una vignetta che riporta l'articolo 21 della Costituzione (che riguarda la libertà di pensiero). Se la pubblicassi, dichiarerei di sostenere l'articolo della Costituzione, o ila pagina che me l'ha fornito?
    Allo stesso modo, proporrei di considerare queste due citazioni:
    "Un movimento che si propone di rinnovare il mondo, non serve all'attimo che passa, ma al futuro", e inoltre: "I partiti politici sono aperti al compromesso, le concezioni del mondo no".
    Affermazioni condivisibili, espressione di una politica che guarda in avanti, ma che spesso viene ridotta o mortificata da compromessi e patteggiamenti (quelli che oggi, con orrendo termine, vengono definiti "inciuci"). Le potrei citare in un ragionamento; o forse, a maggior ragione, le potrebbe usare Grillo, perché mi sembrano in linea col suo pensiero. In ogni caso sono parole che valgono per quel che dicono.
    Forse, però, qualcuno potrebbe inorridire, se sapesse che le due affermazioni precedenti sono citazioni letterali, tratte dal "Mein Kampf" di Hiltler. In tal caso, considero il valore della citazione o il titolo dell'opera da cui è presa?

    Un'ultima osservazione di metodo, spero rapidamente. La realtà è complessa. E a chi mi volesse inquadrare in uno schema precostituito, dico subito che farà un po' fatica ad agire in tal senso. Non perché seguo la logica delle smentite ogni cinque minuti, ma perché, come dicevo, non esiste il bianco e il nero. Esistono infinite sfaccettature, iridescenze, colorazioni che mi impediscono di classificare le cose secondo la logica linneiana che categorizza tutto a futura ed imperitura memoria e che recinta i concetti in uno schema definito e immutabile. Quando le cose sono definitive e incasellate con termini precisi e inequivocabili, non c’è più la fatica del conoscere: il rapporto con la realtà è già prefissato da un’etichetta che ci ha tolto il gusto e l’avventura di scoprire le cose per quello che sono. In realtà, io vengo continuamente spiazzato dalle contraddizioni e dai dérangements degli eventi, che non possono lasciarmi tranquillo. Per questo non mi piacciono le categorizzazioni semplicistiche. La verità potrebbe essere da un’altra parte, oppure ci potrebbe essere un aspetto delle cose che non ho considerato e che quindi mi costringe a riaprire un discorso già dato per chiuso.
    Una delle citazioni che amo di più, in materia, è quella di Chesterton che diceva che Dio sa contare solo fino a uno. Perché Dio considera ogni cosa nella sua irriducibile singolarità. Noi invece, già quando diciamo le parole "persone", "giovani", "fascisti", "comunisti", "cittadini", stiamo usando concetti che non tengono conto della realtà che si offre a noi in mille e più sfumature.

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  3. Ma, se vogliamo rimanere in tema di fascismo, se si volesse capire che cosa penso del fascismo basta andare a leggere quanto ho dichiarato in merito alla nota vicenda:
    Se i difensori dell’ortodossia di pensiero ritengono che qualcuno abbia sbroccato, propongano un altro punto di vista. Così si fa in un contesto di libertà e di confronto. Ed è proprio per questo che considero il fascismo ideologia a me estranea, perché nega la libertà di confronto.
    Ma, con maggiore possibilità di esprimermi in modo esteso, ho espresso il mio pensiero sulla mia pagina Facebook, in occasione del 25 aprile. Per chi non avesse la possibilità di accedere alla mia pagina, ripubblico quel mio intervento:

    Carate è città che ha offerto un pesante contributo di sangue alla Liberazione. Poche settimane prima del 25 aprile 1945 cinque giovani caratesi furono fucilati dai nazifascisti. A loro sono dedicate cinque vie di Carate. Io abito in una di queste. E tutte le volte che arrivo a casa, vedo la targa con nome e cognome, con data di nascita e di morte: un giovane che a 24 anni ha dato la sua vita per la Nazione. Non posso fare a meno di pensare che quel giovane, con un nome e un cognome che più brianzoli non si può, nato nel 1921, avrebbe potuto essere uno degli anziani che oggi, ancora in buona salute, educano i nipoti, aiutano altri anziani, giocano a bocce. Invece ha dato la vita, con altri, per un bene di cui noi siano depositari e fruitori: la libertà.
    Mentre una nazione intera sprofondava nella vergogna, abbandonata dai propri capi e dallo stesso re, quel giovane, Angelo Viganò, che aveva come cognome lo stesso nome del mio paese natale (il che me lo rende più vicino), audace e responsabile decideva di “resistere”. Resistere a che cosa? Non solo a un ex-alleato rivelatosi subito come il peggiore degli oppressori, ma anche a quel desiderio, radicato in ognuno di noi, che ci incita a lasciar perdere, a non assumerci responsabilità, che irride al nostro desiderio di salvare, se non il mondo, almeno il mondo che ci circonda.
    Sembra impossibile che, a quell’età, si possano assumere decisioni così pesanti. Ma, a quei tempi, si era costretti a crescere in fretta.
    Non so nulla di lui, se non il nome e la data di nascita e di morte, ma spesso me lo immagino, magari alto, atletico, con una barba corta tra il biondo e il rosso, un coraggio spericolato, altruista, di un’austerità da frate, tutto dedito alla sua idea fissa: mandare al tappeto la Germania di Hitler e la repubblichetta di Mussolini. Me lo immagino non come uno che odiava il nemico, ma che doveva soltanto combatterlo. Ma soprattutto lo penso come uno che aveva a cuore la parola “sacrificio”.
    Tra i partigiani cattolici si recitava una preghiera: "Vergine Maria, madre di Dio, rendimi un patriota intelligente e onesto nella vita, intrepido nelle battaglie, sicuro nel pericolo, calmo e generoso nella vittoria. Accetta i sacrifici e le rinunce della mia vita partigiana e concedimi di raggiungere, con purezza d’intenzioni, l’ideale che donerà alla Patria con lo splendore delle antiche tradizioni, l’ebbrezza di nuove altissime mete”. L’avrà recitata anche Angelo, questa preghiera. Di certo.
    Avrà costruito con altri uomini caverne e buche perfettamente mascherate, nelle quali i partigiani resistevano per molti giorni, aspettando che il nemico si allontanasse.
    Lo penso come uno che voleva bene alle nostre case, al nostro suolo e non voleva che questo fosse calpestato dallo straniero. Avrà pensato al bene di tutti, prima che al suo.
    Fra tante celebrazioni del 25 aprile, varrà, credo, la pena di smettere di essere generici e di ricordare almeno Angelo Viganò perché non venga più dimenticato. Il 25 aprile 2014 toccherà a un nuovo sindaco ricordare la Resistenza. In quell’occasione spero di essere io, a parlare così di un giovane di 24 anni. E spero che altri lo facciano, e poi altri ancora, fino a quando la bellezza della Resistenza tornerà a splendere, libera da revisionismi negativi e da mitizzazioni fantasiose.

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  4. In definitiva: non sono mai stato di destra. Mio nonno fu brutalmente pestato dai fascisti. Aveva una falegnameria ed era orgogliosamente cattolico. Era uno che concepiva l’impegno civile come un dovere, nonostante i tempi fossero oscuri. Ricoprì per alcuni anni la carica di presidente dell’Asilo parrocchiale di Viganò. Ma qualcuno riteneva inaccettabile il fatto che lui si fosse rifiutato di prendere la tessera del Partito fascista. Così come era inaccettabile che un cattolico dichiaratamente antifascista ricoprisse una carica in un paese di poco più di mille abitanti. Era il 1929 e da Barzanò arrivò una squadraccia fascista che lo massacrò di botte. E basti solo questo, perché non voglio entrare troppo nelle vicende drammatiche che nella mia famiglia sono sempre state un punto fermo di memoria, soprattutto durante tutti i pranzi di Natale della mia infanzia, quando si rievocano le gesta di coloro che ci hanno generato.
    La mia casa politica di riferimento è il popolarismo, di matrice degasperiana. Purtroppo non esiste più la DC. E un orfano, comunque, deve pur trovare casa. Non certo a destra.

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  5. Zecche maledette avete rovinato questo paese,sinistroidi e pidiota.

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