.

.

lunedì 5 novembre 2012

LE VOCI DELLA PROTESTA. DEMOCRAZIA ALLA PROVA.

SABATO 10 NOVEMBRE 2012 presso Camera del Lavoro CGIL Monza e Brianza (via Aspromonte, Monza), ore 15-19
Convegno con: Roberto Biorcio (Docente alla Bicocca di Milano cattedra di sociologia) Livio Pepino Magistrato (autore di Non solo un treno ...La democrazia alla prova della Val Susa) Alessandro Pollio Salimbeni (vicepresidente ANPI Nazionale) Genova, Luglio 2001: il 5 Luglio 2012 la Cassazione conferma in via definitiva le condanne per falso aggravato, confermando l'impianto accusatorio della Corte d'Appello. I Giudici hanno usato per quei giorni l'espressione di "democrazia sospesa". No TAV, No TEM, la protesta dei minatori sardi. Il conflitto che coinvolge differenti bisogni all'ILVA di Taranto, docenti e studenti in lotta per difendere l'istruzione pubblica. Voci inascoltate di un sociale che si scontra con una classe dirigente che ha evidenziato incapacità politica. L'Associazione Italiana Partigiani d'Italia Monza e Brianza sente il bisogno di riprendere i valori delle Costituzione per iraffermare la difesa dei diritti e favorire il confronto critico. E' necessario superare una sterile contrapposizione per riaffermare la strada maestra del confronto democratico.

OMAGGIO A GIOVANNI PESCE E NORI BRAMBILLA

Martedì 6 Novembre, alle ore 18.00, a Palazzo Marino, Sala Alessi (Piazza Scala, 2), omaggio a Giovanni Pesce, nel 5° anniversario della scomparsa, medaglia d'oro al valor militare e a Nori Brambilla, sua moglie, ambrogino del Comune di Milano, edizione 2006. scomparsa il 6 novembre 2011. Interventi. Roberto Cenati, Presidente ANPI Provinciale di Milano. Onorio Rosati, Segretario Generale Camera del Lavoro. Franco Giannantoni, Storico. Tiziana Pesce, figlia di Giovanni e Nori. Aglaia Zannetti leggerà brani dai testi di Giovanni e Nori Pesce. L'ANPI Provinciale di Milano e la Camera del Lavoro insieme al Comune di Milano ricordano le prestigiose figure dei due partigiani, che diedero un contributo fondamentale per la liberazione del nostro Paese dal nazifascismo. Giovanni ed Onorina riposano al Famedio del Cimitero Maggiore di Milano.

CONTRO IL NEOFASCISMO, IL NAZISMO E L'ANTISEMISTISMO.

Contro il neofascismo, il nazismo e l’antisemitismo. Questa la triplice parola d'ordine che sintetizza un ordine del giorno approvato dal Comitato Nazionale dell’ANPI. "Considerato - si spiega - che le manifestazioni neofasciste si stanno moltiplicando in tutta Italia, con adunate, celebrazioni della Marcia su Roma, raduni a Predappio, indizioni di assemblee pubbliche in tutta Italia; che tutto questo si unisce ad episodi gravissimi come quello del sacrario in ricordo di Rodolfo Graziani e ad altri addirittura ridicoli come quello del preside che ha tentato di collocare nell’aula magna di una scuola il ritratto di Benito Mussolini o la proposta, a Forlì, di intitolare l’aereoporto della città a Benito Mussolini; che, ancora, tutto questo si collega, più o meno direttamente, alle contemporanee irruzioni di giovani della destra fascista in alcune scuole di Roma. "Considerato altresì - si aggiunge - che basta immettersi nella rete per trovare, manifestazioni altrettanto (e spesso più ancora) inaccettabili di fascismo e razzismo, con simboli inequivocabili e raccapriccianti; che su vari siti nel web, appaiono quotidianamente scritti d’immonda propaganda antiebraica, che vanno perfino al di là del più bieco negazionismo, per irridere al sacrificio di Anna Frank, fare dichiarazioni deliranti di soddisfazione per la morte di Shlomo Venezia, e così via, in un crescendo di brutalità e di razzismo senza limiti." Il Consiglio nazionale dell'Anpi "ritiene che la misura sia ormai colma e che si debba finalmente porre fine a questa orgia di apologia del fascismo e dell’ideologia di un partito che ha ucciso oppositori, altri ne ha destinati a lunghi periodi di detenzione e/o di confino, ha mandato a morire tanti giovani in guerre assurde e perdute, ha perseguitato gli ebrei con le leggi razziali e in tante altre forme, in aiuto alle barbarie dei nazisti". "Considerato altresì che non è più tollerabile che non siano gli organi di Stato, le istituzioni pubbliche a far cessare queste vergognose manifestazioni, che richiamano alla mente soltanto orrore e morte e che è tempo che intervenga il Governo, si muovano i Prefetti e i Questori, i preposti all’ordine pubblico, l’Autorità giudiziaria, per quanto di competenza di ciascuno. È fortemente auspicabile, nel contempo, che alla latitanza di molti partiti e della politica su queste tematiche, si sostituisca un rinnovato impegno". "Ritenuto - continua la nota - che non è più accettabile che, nel nostro sistema giuridico, manchi ancora una normativa diretta a troncare il diffondersi di fenomeni come quelli sopra descritti, su un “palcoscenico privilegiato” come quello del web e che sarebbe ora che il Governo procedesse alla ratifica del "protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest" relativo agli atti di natura razzista e xenofoba, promosso dal Consiglio di Europa per un migliore coordinamento delle polizie per la prevenzione e repressione dei crimini informatici, con specifico riferimento alle varie forme di antisemitismo e razzismo". "Questa sciagurata éscalation di neofascismo e di razzismo - si sottolinea - deve trovarsi di fronte ad una barriera opposta dall’intera struttura dello Stato democratico, prima ancora che siano i cittadini ad opporsi, come peraltro stanno facendo, in tanti e da tempo, ma inutilmente. Di questo quadro vergognoso se ne cominciano ad accorgere anche all’estero, dove non pochi giornali hanno dedicato largo spazio (ovviamente critico) alla vicenda del Sacrario per Graziani. Abbiamo attraversato periodi sgradevoli – oggi superati – in cui il nostro Paese veniva considerato con alterigia e disprezzo da altri popoli. Non possiamo accettare che ci considerino come un luogo pieno di “nostalgici”, che aspirano ad allinearci con alcuni tra i Paesi meno democratici di Europa". L’ANPI - si ricorda - ha lanciato un programma di impegno antifascista, il 25 luglio 2012, assieme all’Istituto Cervi ed ha invitato tutti i propri organismi periferici a mobilitarsi per difendere la nostra Carta Costituzionale. Ma bisogna fare ancora di più e bisogna coinvolgere i troppi cittadini disattenti o distratti, che ignorano o sottovalutano la pericolosità di questo fenomeno e di tutto ciò che sta accadendo in tante parti d’Italia. Soprattutto, occorre che siano coinvolte le istituzioni, a cominciare dal Governo". L’ANPI - si annuncia - chiederà un incontro al Ministro dell’interno per consegnare formalmente un dossier con le notizie delle principali manifestazioni fasciste e razziste dell’anno in corso, per valutare la situazione e le prospettive e chiedere che si superi l’arcaica concezione secondo la quale questi fatti possono porre, al più, qualche problema di ordine pubblico, per entrare, invece, in campo con decisione, in tutte le forme previste dalla legge, in difesa della democrazia e dei valori portanti della Costituzione. Analoga richiesta di incontro verrà indirizzata al Ministro della Pubblica Istruzione, perché non c’è dubbio (era scritto perfino nella legge “Scelba” del 1952, all’art. 9) che è proprio dalla scuola che occorre partire per creare una vera cultura democratica e antifascista, fornendo ai giovani dati storici e informazioni concrete su ciò che è avvenuto, in Italia, dal 1922 al 1945. Allo stesso Ministro, che ha partecipato, lo scorso anno, ad un viaggio – con studenti – ad Auschwitz, si chiederà un impegno per contribuire a rimuovere ogni ostacolo che si sta opponendo ai viaggi della memoria, tanto importanti anche ai fini formativi. Verrà, altresì, richiesto un incontro col Vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura, per studiare le forme di sensibilizzazione, su questi temi, all’interno del sistema giudiziario, anche mediante inserimento di alcune specifiche materie nei corsi di formazione, centralizzati e decentrati. Infine, verrà chiesto un incontro al Ministro per la cooperazione internazionale Andrea Riccardi, che più volte ha assunto ferme posizioni specialmente a riguardo delle manifestazioni di razzismo e antisemitismo, per valutare quali iniziative possano essere assunte, sotto ogni profilo, per stroncare i gravi fenomeni più sopra denunciati, anche prendendo ispirazione da quanto si è fatto e si sta facendo in altri Paesi europei contro il negazionismo e raccogliendo gli appelli che sono comparsi anche sulla stampa (v. articoli di M. Pirani su “Repubblica” del 1 e 10 ottobre 2012). "Nei prossimi mesi - si preannuncia - si compirà una verifica attenta di quanto si è potuto attuare e dei concreti risultati raggiunti; verifica che sarà peraltro effettuata in forma pubblica, ed eventualmente in concorso con altre Associazioni interessate, anche per il coinvolgimento della cittadinanza nel suo complesso". "L’ANPI - sottolinea il documento - tiene a ribadire, conclusivamente, che non è questo il Paese che sognavano i combattenti per la libertà e che è necessario ricondurlo al più presto entro i binari della legalità, della democrazia e dell’antifascismo, anche per rispetto al sacrificio di quanti hanno perduto la vita, combattendo contro i fascisti ed i tedeschi, per dare al nostro Paese la libertà. Tutta l’Associazione è fortemente impegnata – e deve esserlo sempre di più – per impedire una insopportabile deriva, populista, razzista e nostalgica del fascismo; ci dobbiamo considerare permanentemente impegnati a difendere i valori della democrazia e della Costituzione".

NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE

L’ANPI è a favore, con fermezza e convinzione, della “Convenzione contro la violenza maschile sulle donne”. Questo in estrema sintesi il significato di un ordine del giorno del Comitato nazionale ANPI del 30 ottobre. "Il Comitato nazionale dell’ANPI - si legge - condivide la denuncia e le proposte avanzate dalla “Convenzione contro la violenza maschile sulle donne”. "L’ANPI - si sottolinea - considera l’allarmante aumento della violenza sulle donne, un aspetto particolarmente ripugnante del generale degrado culturale che vede fra l’altro riapparire nel nostro Paese fenomeni di aggressività, intolleranza, esaltazione di eventi e persone delle cui responsabilità l’Italia non ha mai preso sufficientemente coscienza. Fra questi ritorni che ricordano la cultura fascista, è sicuramente presente il virilismo, la prepotenza e la sopraffazione. E, sopra ogni cosa e prima di tutto, un’idea della donna come proprietà privata al cui possesso sarebbe una debolezza inaccettabile rinunciare: un disonore per la propria autorità di maschio". L’ANPI - si rileva - per la sua stessa origine e ragion d’essere, avendo nelle sue file donne che per prime hanno concretamente combattuto per cancellare (si sperava una volta per tutte) quella cultura, da mesi ha avviato iniziative e campagne per contrastare l’odioso ritorno. Proprio per il pericoloso moltiplicarsi degli atti di violenza e l’insufficiente contrasto da parte delle istituzioni, l’ANPI moltiplica i suoi interventi anche nelle scuole, dove incontra l’appassionato interesse delle giovanissime generazioni. In questo ambito sta organizzando per il mese di febbraio un convegno nazionale sul coraggio delle donne, anche nel periodo fascista, nel corso del quale intende approfondire la storia di quel che il fascismo è stato per le donne e, soprattutto, come certi elementi della cultura fascista tendano a riemergere come costante in questo Paese.

STRAGI NAZIFASCISTE, L'IMPEGNO DI NAPOLITANO.

La mattina del 31 ottobre, una delegazione dell’ANPI Nazionale – guidata dal Presidente Carlo Smuraglia – ha incontrato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per esporre il lavoro che l’Associazione ha svolto e sta svolgendo sul tema delle stragi nazifasciste del ’43-’45, per presentare il documento che ne è uscito e che è stato illustrato a Marzabotto e per chiedere un Suo interessamento al fine di ottenere finalmente verità e giustizia per le vittime. Il Presidente Napolitano ha mostrato molta attenzione e si è riservato di valutare tutte le possibili iniziative volte a tenere viva la questione stragi nel Paese. Da ricordare che recentemente il presidente Napolitano VWV definito "sconcertante" l'archiviazione da parte della Procura di Stoccarda della strage nazista di Sant'Anna di Stazzema. Le stragi compiute in Italia dai nazisti, spesso con l’aiuto dei fascisti, dal 1943 al 1945, sono una pagina drammatica della storia del nostro Paese, che riguarda molte vittime innocenti (circa 15.000) e sulla quale ancora non c’è piena conoscenza, né piena giustizia, né completa verità, neppure sul piano storico. E mentre non si è mai discusso seriamente sulle responsabilità dell’enorme e ingiustificato ritardo, alcuni Tribunali militari si sono attivati, hanno svolto complesse istruttorie, hanno celebrato processi importanti. Le sentenze, peraltro, anche quelle definitive, non hanno potuto essere eseguite, perché i condannati risiedevano in Germania e comunque all’estero e poco risulta essere stato fatto, anche da parte dei competenti Ministeri italiani, per agevolare quelle esecuzioni. IL LAVORO SVOLTO DALL’ANPI L’Associazione ha raggiunto un accordo con l’Istituto Nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (INSMLI), per completare le ricerche storiche finora compiute, fino a giungere alla definizione di una mappa completa ed esaustiva di tutto ciò che avvenne in quel doloroso triennio. Ha altresì partecipato ai processi, costituendosi parte civile. Ha promosso e sollecitato un’interpellanza per ottenere finalmente una discussione parlamentare ampia e serena sulle stragi e su quanto avvenuto, nel dopoguerra, rispetto ai famosi fascicoli “occultati”. Ha infine promosso una petizione popolare, sulla quale si stanno raccogliendo le firme, soprattutto nelle zone più direttamente colpite, ma anche in altre, sempre per ottenere che in Parlamento (in questo o in quello che verrà) si discuta finalmente su questa pagina terribile della nostra storia, così contribuendo ad una definizione conclusiva. Questo è il lavoro che l’Associazione ha fatto e intende proseguire, nell’interesse dei cittadini e delle popolazioni interessate, ma anche e soprattutto nell’interesse della giustizia e della verità. Peraltro, per ottenerle occorre un impegno deciso e costante da parte sia del Governo che del Parlamento, perché si possa imprimere alla vicenda delle stragi del ’43 – ’45 un impulso nuovo, che dia soddisfazione a chi attende ancora giustizia ed assicuri che la doverosa memoria di quelle tragiche vicende non sia travolta dall’oblio. link permanente a questa pagina: http://anpi.it/a806/

FERMARE IL CRESCENDO NEOFASCISTA

Il presidente dell'Anpi chiede un incontro con il ministro degli Interni e i rappresentanti dell'Anm. Il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia, chiede di incontrare il Ministro degli Interni e i rappresentanti dell'Associazione Nazioname magistrati per rilanciare l'iniziativa antifascista. Ricorda Smuraglia: "La notizia della manifestazione del ricordo della marcia su Roma è ancora una volta vergognosa, come lo è stata quella della dedica di un sacrario a Graziani, i numerosi episodi di manifestazioni neofasciste, le aggressioni ai licei romani e così via. C'è un crescendo, che bisogna assolutamente fermare, perché indegno di un paese democratico e antifascista". "L'ANPI - sottolinea - ha avviato dal 25 luglio una campagna di mobilitazione su questi temi, ha denunciato all'autorità giudiziaria i responsabili del sacrario a Graziani e non ha mancato di reagire ad ognuno di questi episodi, chiamando anche alle loro responsabilità le autorità dello Stato, le Istituzioni, gli Enti locali". "Ora basta, faremo ancora di più: chiederemo un incontro al Ministro degli Interni, anche sulla base del documento del 25 luglio scorso redatto con l'Istituto Alcide Cervi, proporremo un incontro con l'ANM per verificare il livello della sensibilità della magistratura sull'applicazione della normativa vigente, a partire dalla legge Mancino; e pensiamo di realizzare una iniziativa di forte respiro a livello nazionale, per ottenere un serio impegno antifascista e democratico, da parte di tutti, Istituzioni, autorità pubbliche e cittadini".

GIUSTIZIA E VERITA' SULLE STRAGI NAZIFASCISTE. LA PETIZIONE.

L’ANPI, ritenendo doveroso fare il punto della situazione sulla questione delle stragi nazifasciste, per le quali il nostro paese ha versato un tributo di sangue di circa 15.000 caduti, disseminando eccidi compiuti anche prima dell’otto settembre 1943, dalla Sicilia fino al nord Italia con l’esercito tedesco in rotta verso la Germania, ha deciso di assumere la questione delle stragi nazifasciste come una sua battaglia nazionale, rivendicando “verità e giustizia” per le vittime. L’azione dell’associazione si è incardinata nella costituzione di una apposita commissione di lavoro, che ha teso l’azione verso tre indirizzi fondamentali: la costituzione come parte civile dell’Anpi in tutti i processi di strage, la raccolta di tutti i materiali giudiziari e parlamentari delle stragi che attualmente sono difficilmente reperibili e consultabili per motivi sia burocratici che politici e non ultimo come importanza censire attraverso la realizzazione di una mappa tutti le stragi avvenute, in quanto ad oggi non si ha questo importante strumento divulgativo e conoscitivo. Aggiungasi a tutto ciò l’avvio di una petizione nel Paese indirizzata al Presidente del Senato. Cosa ancora più importante sarà per l’Anpi portare le istituzioni preposte, governo e parlamento, a discutere sulla conduzione politica di questi 70 anni che ha causato l’enorme ritardo con il quale si stanno svolgendo oggi i processi, limitando notevolmente la possibilità di far giustizia, procedimenti che sono elementi unici sia per sostenere la verità storiografica sia per dare sollievo a tutte le vittime. Tutti gli interventi dei vari specialisti hanno concordato su alcuni punti precisi comuni ai loro pensieri. Un enorme ritardo dell’inizio dei processi con altrettanto grandi responsabilità dei governi italiani che mai hanno preso posizione e coscienza di quello che ha portato a questo colpevole “dimenticanza” nel famoso e famigerato Armadio della Vergogna. Uno sminuire, attraverso una mirata strategia politica, le gravi responsabilità della repubblica sociale e dei fascisti repubblichini, che “volenterosamente” si sono adoperati ad essere accompagnatori quando non esecutori diretti di queste stragi. Una non considerazione della sofferenza dei superstiti e dei famigliari delle vittime, spesso lasciate sole a se stesse, senza risarcimenti né morali né economici. Così come abbiamo oggi un gap comunicativo di Memoria tra le generazioni, in quanto venendo meno il contributo del testimone per motivi anagrafici, con più difficoltà si riesce a portare a conoscenza questi fatti, che hanno la potenzialità di divenire strumenti di formazione di nuove coscienze civili. Un’altra considerazione importante su cui tutti hanno condiviso le proprie riflessioni, è quella che fin dal dopo guerra, sia da parte dei tedeschi sia anche in alcune memorie di sopravvissuti, si è voluta scaricare le colpe sui partigiani, mentre invece l’analisi del caso Toscana, dimostra come solo il 12% delle vittime sia stata causata da rappresaglia, e come comunque sempre ci si trovi di fronte a risposte sproporzionate, definibili oggi come crimini contro l’umanità e non azioni di guerra. Gli ordini erano di una guerra ai civili voluta dai massimi vertici militari germanici. IMPORTANTE: la petizione potrà essere firmata nei gazebo che l'ANPI allestirà in tutta Italia domenica 18 novembre - Giornata Nazionale del tesseramento.

L'ANPI DENUNCIA IL SINDACO DI AFFILE

La Segreteria nazionale ANPI ha deliberato di sporgere formale denuncia presso la Procura della Repubblica di Tivoli contro il Sindaco di Affile, Ercole Viri, ed altri eventuali compartecipi, a seguito dell'erezione del monumento-sacrario a Rodolfo Graziani, per vari reati (apologia del fascismo, apologia di delitti ed altri reati previsti dalla legge Mancino). "Con la denuncia - presentata il 20 settembre si precisa in un comunicato - si chiederà anche che la Procura compia accertamenti sulle modalità della realizzazione del monumento con fondi pubblici, ai fini di ulteriori valutazioni. È stato dunque dato mandato al legale dell'ANPI di procedere". Il monumento-sacrario al generale Graziani, firmatario delle leggi razziali e criminale di guerra condannato a 19 anni di carcere, è stata realizzato beneficiando di un contributo di 180 mila euro stanziati dalla Regione Lazio, guidata dall'ex governatrice, Renata Polverini.

PETIZIONE PER RIAPRIRE L'ARMADIO DELLA VERGOGNA

È stata presentata la petizione promossa dall'Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia) per chiedere che sia aperta una discussione parlamentare sulla stragi nazifasciste compiute in Italia, episodi tragici che non hanno ancora trovato la giusta evidenza civile e che sarebbero stati al centro di “un occultamento” da parte del Governo italiano. Il riferimento va alle decine di fascicoli relativi alle stragi nazifasciste compiute in Italia nel periodo 1943-45, rinvenuti nel 1994 presso la Procura Generale Militare, in quello che è stato chiamato “Armadio della vergogna”. «L'Italia non ha fatto giustizia e ha impedito che si facesse giustizia» spiega il vice presidente nazionale dell'Anpi Luciano Guerzoni, «perché i fascicoli di queste stragi, raccolti a Roma, non sono mai stati rimandati alle procure. È stato un vero e proprio sabotaggio. Purtroppo la democrazia italiana è responsabile di questo fatto. Ecco perché bisogna andare in Parlamento ad esporre questa responsabilità pubblicamente». La petizione è stata presentata dalla presidente provinciale Anpi Aude Pacchioni assieme a Luciano Guerzoni e al sindaco Pighi, con l'obiettivo di raccogliere, entro la fine di novembre, il maggior numero di firme da parte dei cittadini, affinché quei documenti siano resi accessibili a studiosi e cittadini, e affinché il Governo si faccia promotore di una richiesta di risarcimento a quello tedesco per i danni derivanti da “atti barbarici” che si stima abbiano provocato in Italia circa 15mila vittime incluse donne, anziani, bambini.

NAPOLITANO, SCONCERTO PER L'ARCHIVIAZIONE DECISA DALLA GERMANIA

"Omaggio alle vittime dell'eccidio di Bellona. Rammarico per le sconcertanti motivazioni dell'archiviazione in Germania di procedimenti giudiziari su efferate stragi naziste" Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del 69° anniversario dell'eccidio di Bellona (caserta), ha inviato al Sindaco Filippo Abbate, un messaggio con il quale rivolge un "pensiero commosso alle 54 vittime innocenti travolte, insieme a tantissime altre, dall'inumana barbarie del nazifascismo che funestò l'Italia in quel tragico periodo della nostra storia". "La memoria della strage - ha continuato il Capo dello Stato - deve essere perpetuata, affinchè quelle vite così tristemente e assurdamente spezzate, siano sempre di monito e insegnamento per le nuove generazioni e le inducano a profondere ogni possibile sforzo per la costruzione di un mondo fondato sui valori di libertà, pace e dignità della persona, sanciti dalla Carta costituzionale". "Nello stesso tempo - ha aggiunto il Presidente Napolitano - registriamo con profondo rammarico le sconcertanti motivazioni con le quali è stata disposta, in Germania, l'archiviazione di procedimenti giudiziari contro soggetti accusati di partecipazione diretta a efferate stragi naziste. Idealmente presente, formulo a lei, signor Sindaco, ai familiari delle vittime e alla cittadinanza tutta, i sentimenti della mia partecipe vicinanza". Da poarte sua il presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia aveva così commentato l'archiviazione decisa dalla Procura di Stoccarda: “Che si possa archiviare 'per mancanza di prove' una vicenda storicamente accertata e per la quale dieci cittadini tedeschi sono stati condannati in Italia, in tutti i gradi di giudizio, all’ergastolo, è veramente inaudito e incredibile, perché significa che non ci si è resi conto dell'orrenda tragedia compiuta, per mano tedesca e fascista, e non si è pensato non solo alle ragioni imposte dal diritto ma neppure a quelle imposte dalla umanità”. Dieci erano stati gli ergastoli decisi dalla magistratura italiana, in tre gradi di giudizio, per ex soldati della Reichsführer SS che, nell'agosto 1944, compì la strage. La sentenza del tribunale di La Spezia era chiara: gli indagati, essendo in servizio nelle forze armate tedesche, nemiche durante la fine della Seconda guerra mondiale dell'Italia: “Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, tutti, secondo la specifica qualità e mansione, contribuendo alla materiale realizzazione del crimine e comunque reciprocamente rafforzandosi nel proposito delittuoso, il mattino del 12 agosto 1944, alle ore 7 circa e seguenti, in Sant'Anna di Stazzema, senza necessità e senza giustificato motivo, per cause non estranee alla guerra e anzi nell'ambito e con finalità di un'ampia operazione di rastrellamento pianificata e condotta contro i partigiani e la popolazione civile che a quelli si mostrava solidale, cagionava la morte di numerose persone - verosimilmente tra le 457 e le 560 circa, tra le quali, e in prevalenza, anziani, donne e bambini - le quali non prendevano parte alle operazioni militari, agendo con crudeltà e premeditazione”. Tuttavia, per otto degli ex militari - due sono deceduti in questi anni – il tribunale tedesco non considera provata la responsabilità individuale, nonostante l'appartenenza al reparto colpevole dell'eccidio, e pertanto li ha prosciolti. Non è tutto. In un comunicato i magistrati tedeschi sostengono che la strage non fu programmata da parte dell'esercito nazista, poiché non esistono documenti in merito. Giungono a ipotizzare che l'obiettivo delle SS fosse la guerra ai partigiani e la deportazione di uomini abili al lavoro, e che la violenza sui civili fu conseguente al fallimento dell'azione. Ma la storia ha raccontato, e la giustizia italiana ne ha tenuto conto, di come fosse in atto nei venti mesi di occupazione nazista del nord Italia una vera e propria guerra alla popolazione civile. Inoltre, come ha dichiarato il pm al processo italiano, Marco De Paolis, alcuni dei dieci indagati erano rei confessi. “Così - ha aggiunto Smuraglia - le 560 vittime, i loro familiari, i loro figli e nipoti, restano sullo sfondo, come figure irrilevanti, perché non si è stati in grado di capire che così si rinnova il loro dolore, visto che da anni invocano verità e giustizia, senza successo. C’è da restare attoniti e sgomenti a fronte di provvedimenti come questo, che si muovono su un filone mai estinto, ed al quale non è mancato l’apporto della Corte dell’Aja, che ha dato più rilievo al ruolo del diritto che non ai valori ed ai diritti umani”. E' dunque necessario continuare l'azione di testimonianza, di studio perchè, come dichiarato sempre dal presidente Anpi: “Bisogna perseguire la verità ed affermare le ragioni della storia, contrapponendole ad ogni tentativo di ridurre la gravità estrema di quanto accaduto in Italia, tra il ‘43 e il ‘45. Bisogna arricchire le ricerche storiche, condurre in porto i procedimenti penali ancora aperti. Ma bisogna anche ottenere una discussione parlamentare seria sulle stragi, sulle responsabilità tedesche e fasciste, sulle responsabilità collegate all’armadio della vergogna nella loro complessità non solo giuridica ma anche politica". "Deve andare avanti - precisa Smuraglia - l'interrogazione presentata da un gruppo di senatori e reiterata alla Camera, e la raccolta firme sotto la petizione popolare lanciata a Marzabotto. E infine bisogna premere sul governo, perché si proceda nella 'trattativa' con la Germania, che doveva avviarsi dopo la sentenza dell’Aja e di cui non si sa nulla”. “Noi - ha concluso Smuraglia - ci riteniamo impegnati a tutto questo e riteniamo che sia la migliore risposta ai magistrati di Stoccarda, così come ai tanti tentativi di far cadere l’oblio su vicende imprescrittibili. Ed è anche questo il modo migliore per esprimere la solidarietà più forte, affettuosa e sincera, alle vittime, ai sopravvissuti ed ai familiari della strage di S. Anna di Stazzema, così come a tutte le vittime ed i familiari della strage di Marzabotto e di tante altre terribili stragi”.

LA GERMANIA ARCHIVIA LA STRAGE DI SANT'ANNA DI STAZZEMA

La Procura di Stoccarda ha archiviato l'inchiesta per la strage nazista di Sant'Anna di Stazzema, la località toscana in cui il 12 agosto 1944 furono massacrati 560 civili. La decisione è stata motivata con l'assenza di prove documentali comprovanti la responsabilità individuale dei 17 accusati ancora in vita, tra cui il novantunenne Gerhard Sommer, condannato nel 2005 all'ergastolo insieme ad altri 8 imputati dal tribunale di La Spezia.

PROIBIRE LE MANIFESTAZIONI DI FORZA NUOVA

Appello del presidente nazionale dell'Anpi al ministro degli Interni "È una vergogna!". Questo il primo commento del presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia, sulla notizia che il movimento neofascista "Forza Nuova" ha deciso di scendere in piazza in molte città il prossimo 29 settembre. "Già da tempo denunciamo - spiega Smuraglia - il rifiorire di rigurgiti fascisti, in tante forme, ma sempre con i soliti vessilli, i soliti richiami a ideologie fasciste e naziste, da tempo sconfitte e superate. Adesso, abbiamo la concomitanza di undici manifestazioni in altrettante piazze; e per parlare di futuro, ma soprattutto di rivoluzione. Ci sarà qualcuno che abbia il coraggio di vietarle? Ci sarà qualcuno nelle istituzioni pubbliche che abbia chiara la concezione che emerge da tutta la Carta Costituzionale, di assoluta contrarietà ad ogni forma di fascismo? Ci sarà qualcuno che ricorderà che il fascismo è anche quello delle leggi razziali e delle persecuzioni contro gli ebrei e che questo basta, da solo, per rendere penalmente illegittima, ai sensi della legge Mancino, qualunque manifestazione che a quella ideologia si richiami, o ne faccia apologia o mostri di volerne continuare, in qualunque forma, la tragica esperienza? Ci sarà qualcuno che comprende la gravità della parola rivoluzione, specialmente in bocca di forze fasciste? " "Vorremmo tanto che fosse così, che Governo, Ministero degli interni, Prefetti, Questori avessero sotto mano la Carta Costituzionale e verificassero l'incompatibilità con essa delle manifestazioni preannunziate, traendone le conseguenze. Soprattutto, vorremmo che si considerasse che non si tratta (solo) di un problema di ordine pubblico, ma di coerenza con i principi costituzionali". Smuraglia manda una precisa richiesta alle autorità competenti: "Chiediamo di essere coerenti con la Costituzione a cui hanno giurato fedeltà e di impedire lo scempio che si intende proporre nelle nostre città e particolarmente in quelle che tanto hanno sofferto per colpa del fascismo e che hanno sempre dimostrato una netta e precisa volontà antifascista". "Un appello particolare - precisa il presidente dell'Anpi - lo rivolgiamo al Ministro degli Interni, che in varie occasioni ha mostrato saggezza e coerenza democratica: intervenga e faccia il suo dovere, impartendo le opportune disposizioni per tranquillizzare i tanti cittadini che fremono al solo ricordo del fascismo e non tollerano che chicchessia ce ne riproponga l'immagine ed i simboli, arricchendoli con propositi rivoluzionari?". Naturalmente conclude Smuraglia "noi vigileremo, per parte nostra; ma il compito fondamentale è di chi è stato delegato a garantire, ad ogni livello, l'assoluto rispetto dei fondamenti e dei principi di una Costituzione profondamente e intrinsecamente antifascista". "La democrazia deve essere difesa e garantita, prima di tutto, da parte dei pubblici poteri. Ad essi ci rivolgiamo perché vogliano e sappiano svolgere il ruolo che loro spetta in un Paese democratico".

L'ANPI DICE SI' AL REFERENDUM SULL'ARTICOLO 18

L'Anpi dice sì alla proposta di referendum sull'articolo 18 dello statuto dei lavoraratori. Spiega la segreteria nazionale: "Il Paese oggi più che mai ha bisogno di tutele e garanzie fondamentali per chi lavora. Gli strumenti per ottenere ciò sono molteplici e tutti legittimi, sicché è condivisibile l'obiettivo perseguito dai promotori del referendum". Premessa: è stata presentata una proposta di referendum sostanzialmente per il ripristino del testo originario dell'art. 18 e per l'abrogazione dell'art. 8 della legge 13.8.2011 n. 138, soprattutto nella parte in cui si consentono deroghe al contratto collettivo nazionale in virtù di accordi contrattuali di minor livello. "L'Anpi - si anticipa - non ha bisogno di ricordare che su questi temi si è pronunciata ripetutamente, contro le iniziative legislative di cui oggi si chiede l'abrogazione, ribadendo la propria convinzione che ragioni fondamentali di principio dovrebbero impedire di modificare norme che appartengono da tempo alla struttura ed ai fondamenti del diritto del lavoro, corrispondenti a precisi diritti dei lavoratori, che li hanno conquistati a prezzo di lunghe e dure lotte". "Siamo dunque convinti - si aggiunge - che esiste davvero la necessità di tornare alle formulazioni ed ai princìpi originari, tanto più preziosi ora in quanto attraversiamo un momento difficile della vita del nostro Paese; ed è in occasioni e in periodi come questi che vi è più che mai bisogno di tutele e garanzie fondamentali per chi lavora". "Gli strumenti per arrivare a risultati positivi sono molteplici e tutti legittimi - si precisa - sicché è condivisibile l'obiettivo perseguito dai promotori del referendum, per quanto riguarda i due quesiti sopraindicati, così come resta forte la speranza che il governo che uscirà dalle imminenti elezioni possa e sappia intervenire ripristinando quanto è stato tolto ai lavoratori, ai cittadini, al diritto del lavoro". "Ovviamente - si sottolinea - l'Anpi non vuole e non può entrare nella diatriba tutta politica sull'opportunità e sull'idoneità, in questa delicata materia, di un referendum, che peraltro dovrebbe tenersi, se ammesso, soltanto nel 2014". "Gli iscritti e le organizzazioni periferiche - conclude la Segreteria nazionale dell'Anpi - in piena libertà assumeranno ogni opportuna decisione al riguardo, considerando quanto scritto nel documento approvato dal congresso nazionale del 2011, nel quale si ribadisce l'impegno a respingere ogni tentativo di sovvertire princìpi e regole che sono previsti a garanzia della libertà e dei diritti dei cittadini e dove ancora si afferma che per garantire una forte stabilità sociale ed economica al Paese occorre attuare pienamente i princìpi costituzionali in materia di lavoro, cambiando la legislazione vigente che ha ridotto diritti e garanzie per i lavoratori".

PERCHE' LA FABBRICA CHIUDE LA PORTA ALLA COSTITUZIONE?

Qui di seguito un commento di Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi, sul caso Fiat. Fiat: ancora una volta la Costituzione sembra restare fuori, non tanto e solo dalle fabbriche, ma anche dagli uffici degli imprenditori – manager – finanzieri delle aziende di maggiore importanza. La notizia della settimana è che il grande “progetto” (Fabbrica Italia) di Marchionne, lanciato appena due anni fa, sarebbe messo in discussione, se non addirittura relegato a livello di una ipotesi molto vaga. Ovviamente, questa non è una sorpresa per quanti (fra cui noi) avevano già pensato nel 2010, che si trattasse di quella che viene comunemente definita una “bufala”. La verità è che già da allora non si sono visti investimenti, non si sono viste macchine veramente competitive sul mercato; insomma, risolti (negativamente) i casi Pomigliano e Torino, tutto pareva definito, per Marchionne, che sembra guardare sempre di più oltre l’Atlantico. È lecito tutto questo? O quanto meno, è ammissibile? Una corretta lettura dell’art. 41 della Costituzione (quello che infatti, alcuni vorrebbero abolire, per avere ancora più mano libera), imporrebbe di rispondere di no. Dove va a finire l’utilità sociale di cui parla – appunto – l’art. 41 e a che cosa si riducono i limiti previsti dal legislatore costituente per l’iniziativa economica privata (obbligo di rispetto della sicurezza, libertà e dignità umana)? Ma tant’è: ancora una volta la Costituzione sembra restare fuori, non tanto e solo dalle fabbriche, ma anche dagli uffici degli imprenditori – manager – finanzieri delle aziende di maggiore importanza. E questo è davvero grave, perché la situazione è quella che conosciamo e l’ipotesi del crollo di un segmento importante dell’attività produttiva, come la FIAT, è semplicemente spaventosa. Dalla vicenda emergono, comunque, alcuni grandi insegnamenti: - Il primo è diretto a coloro che credono (ed hanno creduto) alle roboanti parole ed ai solenni impegni di chi pensa, invece, soltanto agli affari suoi; - Il secondo, a quelle organizzazioni sindacali che hanno ritenuto che cedere al ricatto rappresentasse comunque qualche vantaggio immediato, almeno per l’occupazione; quel “vantaggio”, realizzato peraltro a carissimo prezzo (divisioni sindacali, rinuncia a princìpi fondamentali del nostro diritto del lavoro) sta rischiando di venire meno; insomma si sarebbe venduta l’anima per ben poco, a tutto vantaggio solo del diavolo; - Il terzo è diretto al Governo, stranamente esitante anche solo a pronunciarsi e ad intervenire con energia; mancanza di coraggio di fronte ad una società che in Italia ha sempre avuto più ancora che rispetto, benefici e vantaggi? Oppure, una strana timidezza, per cui ci si può pronunciare per l’Alcoa, ma non per la Fiat? Certo, la questione è di grande portata e meriterebbe che quegli insegnamenti fossero prontamente raccolti; che finalmente qualcuno si ricordasse dell’art. 41 della Costituzione e lo facesse valere; che il Governo intervenisse davvero con forza; che le divisioni sindacali cessassero (sempre meglio un po’ di resipiscenza che il perseverare nell’errore); che i partiti – dimentichi per un attimo delle solite diatribe – prendessero posizione e producessero atti e comportamenti anche in Parlamento. Se così non fosse, vorrebbe dire che si preferisce aspettare quell’autunno caldo (esplosivo) di cui ho parlato nella news precedente, e che di fronte al disastro si preferisce nascondere il capo sotto l’ala, come lo struzzo. Noi non ci rassegniamo e continueremo ad insistere perché ognuno faccia la sua parte; intanto, esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori della Fiat, giustamente preoccupati del loro futuro. Forse non è un gran sollievo, ma è bene che sappiano che in ogni frangente l’ANPI sarà al loro fianco, a battersi – ancora una volta – per la difesa dei princìpi costituzionali e per la salvaguardia dei diritti e della dignità di chi lavora.

MOBILITAZIONE PER LA CAMPAGNA ANTIFASCISTA

Prende vigore la campagna dell'Anpi per il rilancio dell'antifascismo come valore fondante. L'iniziativa viene rilanciata con forza dal presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia mentre a Isernia viene lanciato un appello alla mobilitazione dopo la condanna di un gruppo di cittadini democratici "colpevoli" di aver cantato "Bella ciao". Ma andiamo per ordine. "Ci appelliamo alle forze democratiche molisane, di centro, di destra e di sinistra, alle culture del cattolicesimo, del socialismo e del pensiero laico e liberale, che seppero unirsi nella lotta di liberazione contro il nazi-fascismo e permisero all’Italia di dotarsi di una Costituzione che ancora oggi è all’avanguardia nel mondo per principi di civiltà, di democrazia e di libertà". Inizia così l'appello dell'Anpi di Comitato Anpi Molise che così prosegue: "Chiediamo alle forze politiche e sociali di prendere posizione con nitidità sulla condanna di 7 antifascisti che cantarono “BELLA CIAO” ad Isernia e sulla manifestazione promossa sempre ad Isernia da “CASAPOUND” e “GIOVENTU’ ITALIANA del MOLISE” a cui ha partecipato anche un Repubblichino di Salò". "Come ha denunciato il giuslavorista Carlo Smuraglia, l’ex-partigiano di 88 anni, attuale Presidente Nazionale dell’ANPI, c’è un Italia che è esposta ai rischi del populismo e di un fascismo di ritorno che minerebbero le libertà costituzionali essenziali e sancirebbero l’affermazione di una cultura autoritaria e neo-fascista. Il Presidente Smuraglia ha segnalato all’opinione pubblica nazionale il paradosso di uno Stato che ad Isernia colpisce l’antifascismo e resta silente di fronte ad avvenimenti preoccupanti. Per questo l’ANPI del Molise invita le istituzioni democratiche, i sindacati, i partiti e le associazioni a mobilitarsi in ogni sede in difesa della Costituzione Italiana. "Un fatto significativo - ricorda da parte sua il presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia - si è verificato a Isernia, dove c'è stata una manifestazione di Casa Pound (autorizzata) e un sit in di protesta (anch'esso autorizzato) con disposizioni dettate per garantire che le due parti non venissero a contatto e conseguentemente anche con un enorme impiego di polizia". "Le disposizioni del Comitato per l'ordine pubblico sembrano essere state rispettate, tant'è che si è svolta la manifestazione, si è svolto il sit in, dal quale si sarebbe distaccato un gruppetto che sarebbe stato fronteggiato dalla polizia, talché sarebbe stato indotto ad allontanarsi, cantando". "Dunque - sottolinea Smuraglia - non è accaduto nulla se non che un gruppo di manifestanti si era appena mosso e soprattutto aveva cantato, e cantato, ahimè, "Bella ciao", di cui si fa cenno perfino nel decreto penale di condanna. E' quanto è accaduto in mille occasioni, in questi anni, in Italia e non ricordiamo che, ci siano stati provvedimenti e tanto meno provvedimenti giudiziari, quando non si è verificato nessun vero incidente. In questo caso, invece, la scure impietosa della giustizia si è abbattuta su un gruppetto di antifascisti, condannandoli per decreto penale, che presumo sarà oggetto di opposizione". "Al di là della banalità della vicenda - argomenta il presidente nazionale dell'Anpi - colpiscono alcune cose che non si possono non rilevare: si dimostra tolleranza per un movimento di fascisti sedicenti "del terzo millennio", che in quanto tali sarebbero fuori dalla Costituzione e dal nostro stesso sistema, come ha detto la stessa corte di Cassazione, che ha ritenuto la responsabilità penale di chi ha fatto il saluto romano in uno stadio o ha spiegato un tricolore con un fascio littorio inciso al centro. E poi si fa la faccia feroce con gli antifascisti che protestano, senza aver compiuto alcun atto di una qualsiasi rilevanza penale". "Sarà casuale, ma è singolare che nel decreto penale non ci si limiti a dire che poi si allontanavano, magari cantando, (farebbe poca differenza se silenziosamente o cantando) ma specificando che cantavano proprio "Bella ciao". In realtà, ed al di là della reale volontà dei singoli protagonisti (Questori, Prefetti, Organi di polizia, Magistrati, sicuramente convinti e determinati a fare ciascuno quello che riteneva essere il proprio dovere) si sarebbe portati a concludere che il nostro sistema statuale è più portato a tollerare i fascisti che non gli antifascisti. Se così fosse sarebbe ancora più giustificata la campagna che stiamo avviando per il rilancio dell'antifascismo in tutto il Paese, fra i cittadini ma anche nelle istituzioni, che non sempre appaiono conformi, nella sostanza e nello spirito, al disegno costituzionale, che è non solo democratico ma anche profondamente antifascista (e non solo nella dodicesima disposizione transitoria, come alcuni mostrano di credere, ma in tutti i princìpi, in tutti i valori che pervadono e percorrono la Carta Costituzionale)".

TROPPI SILENZI SULLA VERGOGNA DI AFFILE

Con i soldi pubblici realizzato un mausoleo in onore di un criminale di guerra come il generale Graziani. "In Italia c'è ancora troppa gente che guarda al passato e in particolare ad un passato che non deve tornare mai più. Mi riferisco prima di tutto all'incredibile vicenda del sacrario dedicato, con un parco, nientemeno che a Graziani, di cui gli storici hanno da tempo delineato la figura del fascista, dello spregiudicato conquistatore di colonie, del collaborazionista, del Ministro della Repubblica di Salò, dell'uomo condannato per le malefatte di guerra e di pace a 19 anni di reclusione e poi salvato da una benigna amnistia e da provvedimenti di condono". Inizia così una dichiarazione di Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi, a commento della vergognosa decisione del Comune di Affile (Roma) di realizzare un mausoleo in onore di un criminale di guerra come il generale Graziani, soprannominato il "macellaio d'africa". "Certo - spiega Smuraglia - la vicenda ha suscitato indignazione, anche se non troppa (chissà mai, potrebbe far male!) tanto che forse si sono più scandalizzati alcuni giornali stranieri, da quelli inglesi, a quelli americanie d a quelli spagnoli, che non alcuni organi di stampa del nostro Paese. L'indignazione è stata più forte e vera tra i nostri iscritti e fra i tanti cittadini democratici che sono convintamente antifascisti e hanno trovato che quanto accaduto era davvero troppo, tanto da raggiungere il livello della provocazione". "Ma ancor più ci ha colpito il fatto - sottolinea a ancora Smuraglia - che sia intervenuto il finanziamento da parte della Regione Lazio, a riprova di quanto bisogno ci sia ancora di democratizzare perfino il nostro sistema delle autonomie e delle pubbliche istituzioni. 130.000, 00 euro non sono una cifra indifferente. E questa somma è stata bruciata in un attimo solo per consentire un'operazione indegna e contraria a tutti i princìpi su cui si fonda il nostro Paese, oltre che alla storia". "E' necessario, peraltro, porsi anche qualche domanda. Possibile che questa scelta sia esplosa all'improvviso, nel mese di agosto, come se si trattasse dell'idea nata in quel momento e subito realizzata? Non è credibile perché sappiamo bene che un'operazione del genere ha bisogno di un'istruttoria, ha bisogno del rispetto di alcune regole e di alcune deliberazioni, insomma di un iter sostanzialmente complesso. Ma questo iter si è svolto in un silenzio diffuso, senza che vi fosse una vera opposizione, un segnale di allarme, nulla? Oppure qualcosa è avvenuto e ci è stato taciuto da una stampa poco responsabile? Anche questo sarebbe un aspetto da approfondire, perché quel silenzio se ci fosse stato, come sembrerebbe, allo stato delle nostre conoscenze sarebbe altrettanto grave, perché rivelerebbe la carenza di un antifascismo davvero pronto a reagire, a denunciare, a far capire ciò che si sta compiendo".