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sabato 31 dicembre 2011

MARIO VATTANI, CONSOLE FASCISTA



"Le ridicole, "nere" esibizioni notturne di Mario Vattani, console italiano in Giappone, non possono non preoccuparci in quanto rivelatrici di un clima di "nostalgismo fascista" che è penetrato fin dentro le istituzioni. L'ANPI, nel richiamare tutte le coscienze sensibili e responsabili ad una vigilanza attiva, non cesserà di condannare fermamente ogni gesto o azione che faccia riferimento a quel momento cupo e criminale della vita del Paese che fu il fascismo, già condannato dalla storia e fuori da ogni consesso che si dica civile e democratico".

CARLO SMURAGLIA - PRESIDENTE NAZIONALE ANPI


Ecco la vicenda.

Inneggia alla Repubblica Sociale italiana, celebra squadristi e bandiere nere e ricorda, con orgoglio, le botte date ad un antifascista, all'università. Parole d'odio e di militanza nera, quelle che risuonano nelle canzoni del Katanga, leader del gruppo "Sotto fascia semplice". Uno che ai concerti, promossi da CasaPound, viene accolto con le braccia tese. Cantore fascio-rock e, allo stesso tempo, rappresentante diplomatico italiano all'estero: dietro allo pseudonimo, ben noto sulla scena neofascista italiana, si cela, come ha rivelato l'Unità, Mario Vattani. Ex braccio destro del sindaco Gianni Alemanno (è stato suo "ministro degli Esteri": dal 2008 al 2011 ha ricoperto il ruolo di consigliere diplomatico), figlio del più famoso Umberto, uno dei diplomatici più potenti d'Italia, attualmente ha il compito di rappresentare il nostro Paese in Giappone. Dallo scorso mese di luglio è stato, infatti, promosso console generale d'Italia a Osaka. Ma la Farnesina, presa visione del caso, ha deciso di deferirlo.

Sul sito della rappresentanza diplomatica italiana viene riportato il suo curriculum "ufficiale": ha guidato l'ufficio economico commerciale all'ambasciata di Tokyo, è stato consigliere diplomatico di Alemanno quando era ministro delle politiche agricole e forestali e console d'Italia a Il Cairo. Classe 1966, formazione internazionale, grazie al background e ai mezzi che gli ha messo a disposizione il padre, è entrato nella carriera diplomatica nel 1991. Anni durante i quali era già un leader della musica identitaria, che animava (e anima) gli incontri della destra estrema negli spazi occupati e nei pub neri. Quella delle celtiche e dei raduni nostalgici a Predappio. Voce degli "Intolleranza" prima, fondatore nel 1996 dei "Sotto fascia semplice", non aveva mai cantato live. Anche se, come testimoniano le interviste rilasciate con lo pseudonimo "Katanga", era un sogno che aveva sempre coltivato. La musica, per lui, è sempre stata militanza. Una potente arma da usare per inculcare nei giovani quei valori fascisti di cui le canzoni sono impregnate. A documentare una delle sue prime uscite pubbliche, su Youtube, c'è un video che racconta l'esibizione presso "La tana delle tigri", raduno organizzato da CasaPound nei pressi dello stadio Olimpico.

Canta con Gianluca Iannone, voce degli Zeta Zero Alfa, e attacca pacifisti e disobbedienti. E' la prima esibizione pubblica dei "Sotto fascia semplice". Sul palco esibisce braccia ricoperte di tatuaggi, quelli che poi, nei viaggi da diplomatico, ha sempre celato dietro ad eleganti completi gessati, protetto dalle maniche lunghe. Anche nelle missioni estere con il sindaco Alemanno, da Auschwitz ad Hiroshima (un incarico retribuito con oltre 228 mila euro lordi annui). Una doppia vita anche nel look per il fascio-console. In Campidoglio è tornato, tre settimane fa, per salutare il sindaco e i suoi vecchi collaboratori - che ben conoscevano la sua attività di fascio-cantante. Le sue parole sono musica per l'orda nera: "Una repubblica fondata sui valori degli epuratori - canta in "Repubblica", uno dei suoi cavalli di battaglia - Da chi senza tante storie e con l'aiuto degli stranieri ha fatto fuori quegli ultimi italiani che fino alla fine hanno combattuto per un'altra repubblica".

L'altra Repubblica a cui si riferiva - come spiega in un'intervista concessa ad uno di quei siti di controinformazione che lo osannavano - in contrapposizione a quella italiana ("fondata sui valori della resistenza, sui valori della violenza, sui valori del tradimento e dell'arroganza. Una repubblica fondata sulla lotta armata fatta da banditi e disertori, dinamitardi e bombaroli") è quella della Repubblica sociale, e oggi rappresenta "quella che ognuno di noi può incarnare attraverso la sua attività quotidiana, e non parlo solo di militanza". Un nickname, Katanga, che gli è stato dato a Bologna, durante una trasferta "in pullman - recita il testo della canzone dei Sotto fascia Semplice 'Automito' - le ore di canti, di grida, di inni di sezione. Il grande raduno, i saluti romani davanti alla stazione". In quegli anni militava nel Fronte della Gioventù, gli scontri con i "pelosi" antifascisti (come li chiama lui) erano all'ordine del giorno. Anni difficili, durante i quali, insieme ad altri militanti dell'estrema destra, finirà sui giornali in seguito al pestaggio di due giovani di sinistra davanti al cinema Capranica (salvo poi essere prosciolto). Ma dei pestaggi sembra andar fiero. E lo scrive, nero su bianco, con assai poca diplomazia. Nella canzone "Ancora in piedi" racconta di quando, dopo essere stato malmenato nella facoltà di Scienze Politiche, a Roma, si è vendicato dei suoi aggressori: "Siamo tornati col Matto e con Sergio, siamo passati dalla porta di dietro. Vicino ai cessi dalla parte dell'aula quarta c'era il bastardo che mi aveva aggredito. L'abbiamo messo per terra e cercava di scappare, ma è rimasto appeso a una maniglia. Gli ho dato tanti di quei calci, ed era tanta la rabbia, che mi sono quasi storto una caviglia". Definisce le sue canzoni "musica per i camerati". E la musica potrebbe essere il primo passo per sbarcare nell'attività politica, come ha lasciato intuire in un'altra intervista: "Ritornare a suonare dal vivo - ammetteva - significherebbe riprendere a fare politica attivamente. E' una cosa a cui sto pensando molto in questo periodo". E' venuto il momento - diceva - "in cui ognuno di noi capisce che è venuto il momento per lasciare l'isolamento".

La Farnesina si limita in una prima fase a difendere il primogenito di Umberto Vattani (e a definire la sua musica "un fatto di costume"). Poi, nel pomeriggio, rilascia un comunicato più netto: "Il Ministro degli Esteri Terzi, dopo aver preso conoscenza del caso, ha sin da ieri dato istruzioni affinché esso venga immediatamente deferito alla Commissione di disciplina del Ministero degli esteri, del che il funzionario interessato, Mario Vattani, è stato prontamente messo al corrente".

La doppia vita del diplomatico approderà in Parlamento, con un'interrogazione preparata da Roberto Morassut (Pd): "Presenteremo un'interrogazione urgente al Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, per sapere se ritenga opportuna la nomina a console generale d'Italia in Giappone di Vattani, funzionario della Farnesina e leader di un gruppo musicale vicino agli ambienti di CasaPound. Crediamo che, nel momento in cui è ancora aperta l'indagine della Magistratura sull'ipotesi che alcuni esponenti di CasaPound siano responsabili di aggressioni e di violenze ai danni di militanti del Pd, non si possa derubricare a 'fatto di costumè la partecipazione di un diplomatico, nominato console in Giappone, a manifestazioni dove si inneggia alla Repubblica di Salò e ai rituali di una destra identitaria. Per quanto riguarda nomine importanti come quelle di diplomatici, che rappresentano il Paese all'estero, ci permettiamo di sollevare alcuni dubbi sui criteri adottati e sulla presentabilità politica del console Vattani".

L'associazione Libertà e Giustizia, tramite il coordinatore del circolo di Roma, Massimo Marnetto, chiede, con una lettera inviata al ministro Terzi, la rimozione immediata dal console: "Qui non si tratta di 'una questione personale' come ha tentato di minimizzare con inspiegabile leggerezza il portavoce della Farnesina. Infatti, Mario Vattani si pone contro il dettato dell'art. 54 della Costituzione, che vincola tutti i cittadini al dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione. Inoltre, come titolare di delicate funzioni pubbliche di rappresentanza diplomatica, il Vattani-Katanga ha 'il dovere di adempierle con disciplina ed onore', come prescrive sempre l'art.54 della Carta. Per questi gravi e comprovati motivi, le chiediamo di provvedere affinché Mario Vattani sia rimosso al più presto dalla sua funzione, come segno di intransigente rispetto dei valori costituzionali, nati dal superamento della tragedia fascista". Preoccupazione viene espressa dal presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia: "Le ridicole, 'nere' esibizioni notturne di Mario Vattani, console italiano in Giappone, non possono non preoccuparci in quanto rivelatrici di un clima di 'nostalgismo fascistà che è penetrato fin dentro le istituzioni. L'ANPI, nel richiamare tutte le coscienze sensibili e responsabili ad una vigilanza attiva, con cesserà di condannare fermamente ogni gesto e azione che faccia riferimento a quel momento cupo e criminale della vita del Paese che fu il fascismo, già condannato dalla storia e fuori da ogni consesso che si dica civile e democratico".

Tratto da Repubblica.it

lunedì 26 dicembre 2011

E' SCOMPARSO GIORGIO BOCCA



Partigiano, giornalista, scrittore, uomo sempre libero. Questo era Giorgio Bocca morto nel giorno di Natale a Milano.

"E' morto - commenta Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi - un grande italiano, un patriota, un partigiano che non dimenticheremo mai. Per tanto tempo ci ha accompagnato commentando, da par suo, le vicende che il Paese stava vivendo, con passione, talvolta con indignazione, sempre con fermezza. Partigiano in Piemonte, ha combattuto con Giustizia e Libertà".

"Quando due anni fa - ricorda Smuraglia - abbiamo raccolto la sua voce in una intervista da trasmettere nel corso di un convegno dedicato proprio al contributo degli azionisti all'antifascismo e alla Guerra di Liberazione, Bocca tenne a sottolineare l'unitarietà d'intenti anche fra forze di ispirazione diversa nella Resistenza; e ricordò le sue esperienze di guerra partigiana con inalterata passione e con un profondo sentimento unitario. Grande giornalista, scrittore illustre, e polemista di razza, con lui scompare una voce importante della parte migliore del Paese".

"Lo ricorderemo degnamente e con la dovuta ampiezza nella sede nazionale dell'Anpi, associazione alla quale, negli ultimi anni, Giorgio Bocca non ha fatto mancare il suo sostegno anche pubblicamente. Oggi - conclude Smuraglia - lo piangiamo con sincero dolore e ci stringiamo con affetto ai suoi familiari. L'ANPI di Milano partecipa al profondo dolore per la scomparsa del comandante partigiano Giorgio Bocca".


L'ANPI Provinciale di Milano si unisce al profondo dolore dei familiari, degli antifascisti, del giornalismo italiano e di tutto il mondo della cultura per la scomparsa di Giorgio Bocca, partigiano, giornalista, scrittore", inizia così il ricordo di Giorgio Bocca da parte dell presidente dell'Anpi milanese, Roberto Cenati.

Nativo di Cuneo e cresciuto in una famiglia della borghesia piemontese, nel 1943 Bocca decide di aderire, nella clandestinità, al Partito d'azione. A questa scelta lo induce l'esempio dell'amico Benedetto Dalmastro assai vicino a Tancredi Duccio Galimberti.

L'8 settembre, alla firma dell'armistizio, raggiunge con Dalmastro e un gruppo di compagni, dopo aver raccolto le armi abbandonate nelle caserme di Cuneo, la frazione Frise di Monterosso Grana. Nasce così il primo nucleo della locale banda partigiana di "Italia Libera". Comandante di banda della formazione in Valle Maira, nella primavera del 1944 Bocca é inviato a stabilire le basi della Brigata Giustizia e Libertà "Rolando Besana" in Valle Varaita e ne diviene il comandante. Il 5 maggio 1944, con Benedetto Dalmastro, Luigi Ventre e Costanzo Picco partecipa a un incontro tra partigiani italiani e francesi organizzato il 12 maggio 1944 a Colle Sautron. All'incontro faranno seguito le intese politico-militari tra i due movimenti, stipulate il 22 maggio e il 30 maggio 1944.

Nei primi giorni del 1945 Bocca è nominato comandante della decima divisione Langhe delle formazioni "Giustizia e Libertà". Torna quindi in Val Maira, divenendo commissario politico della seconda Divisione "Giustizia e Libertà". Tra le sue numerose azioni, si ricorda quella che tra il 12 e 13 aprile 1945 conduce alla cattura, nella cittadina di Busca, della compagnia controcarro della Divisione "Littorio" della Repubblica Sociale Italiana.

Per l'attività partigiana Giorgio Bocca riceve la medaglia d'argento al valor militare. Dopo la Liberazione, Bocca si avvia alla carriera di giornalista, dapprima a Torino, nel quotidiano di Giustizia e Libertà e quindi, a Milano, come redattore del settimanale l'Europeo e come corrispondente del quotidiano torinese La Gazzetta del Popolo.

Quando nasce Il Giorno, nel 1956, ne diviene inviato. Nel 1976 è tra i fondatori del quotidiano La Repubblica. Il suo è un giornalismo militante, che attraverso reportage, inchieste, commenti e interviste, si propone di denunciare i guasti della società italiana. La sua critica si accentua negli anni più recenti, forte di una scrittura semplice ma dura, concreta e aspra, di intensa comunicazione, sostenuta da un'alta moralità e da un legame mai interrotto con l'esperienza resistenziale.

I suoi articoli sono diventati, spesso, traccia e ossatura dei suoi numerosi libri, tra reportage, ricerca storica, pamphlet e autobiografia.

Lo ricorderemo sempre tra le figure di spicco del movimento partigiano e per essere rimasto sempre coerente a quella sua fondamentale scelta di campo per la libertà e la democrazia maturata durante la Resistenza.

giovedì 15 dicembre 2011

NO ALLA CULTURA DELL'ODIO E DEL RAZZISMO

L'ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA - REGIONE TOSCANA esprime sgomento e sconcerto per quanto è avvenuto ieri a Firenze a danno della comunità senegalese, alla quale rivolge i sentimenti di solidarietà di tutti gli iscritti. Gli episodi che hanno insanguinato le vie cittadine e sconvolto la normale convivenza civile, si iscrivono in un fenomeno che, al di là della follia di un singolo, testimonia che l'ideologia di cui questo individuo era portatore, è essa stessa caratterizzata dalla follia, dall'odio e dal razzismo.

L'ANPI, per evitare qualsiasi pericoloso ritorno di un passato oscuro, si è sempre costantemente impegnata sul terreno della solidarietà, della cultura della pace e della eguaglianza fra i popoli.

L'ANPI ritiene che episodi di questo genere, al di là degli squilibri mentali di un singolo, sono il risultato di una cultura dell'intolleranza, dell'odio e del razzismo che non può avere cittadinanza in un sistema democratico.

Ennio Saccenti - vice presidente vicario dell'ANPI Regionale Toscana

lunedì 12 dicembre 2011

E' SCOMPARSA TINA MANTOVANI


Oggi, improvvisamente, è deceduta Tina, la cara moglie di Egeo Mantovani, presidente onorario dell’ANPI di Monza e Brianza.
Tutta l’ANPI è vicina a Egeo e a tutti i suoi familiari in questo momento tanto doloroso.
Per espresso desiderio di Egeo e della sua famiglia, i funerali si svolgeranno in forma strettamente privata.

Il presidente dell’ANPI Provinciale di Monza e Brianza

Loris Maconi

domenica 11 dicembre 2011

MONZA, INTITOLAZIONE CENTRO SPORTIVO AD ENRICO BRACESCO

Domenica 11 dicembre i ragazzi della Foa Boccaccio hanno intitolato il centro sportivo in via Rosmini a Monza ad Enrico Bracesco.

Ecco i video dell'iniziativa e, a seguire, la biografia di Enrico Bracesco.







Enrico Bracesco, caposquadra attrezzeria alla Breda V, arrestato il 13 marzo per strada a Monza. È il primo mutilato della Resistenza operaia. Di lui, oltre alla moglie Maria, diversi compagni hanno lasciato testimonianza, come Antonio Paleari, operaio nella stessa sezione, arrestato già nel gennaio con L. S. Bersan, G. Marchetti e M. Rizzardi davanti al Bar Prealpi di Sesto durante un passaggio di armi.

Anche nel caso di Bracesco l'antifascismo è «di famiglia»: il fratello Carlo gestisce una trattoria a Monza che funge da cerniera di collegamento tra l'organizzazione clandestina delle fabbriche sestesi le brigate Garibaldine delle montagne del lecchese. L'arresto di Enrico come quello dei compagni davanti al Bar Prealpi, intende provocare la rottura dei collegamenti con la montagna.

Nella testimonianza di Maria Bracesco, dopo 1'8 settembre, Enrico è costretto ad «andare in montagna»: più di una volta è stato in­dividuato per la sua attività clandestina. L'essere promotore degli scioperi del marzo 1943 gli avevano già causato circa un mese di carcere - tra attesa del processo e detenzione - e il conseguente licenziamento dalla Breda. Condannato a un anno perché «colpevole di abbandono del servizio» (durante il fascismo il termine «sciopero era stato abolito), veniva tuttavia liberato poiché la sentenza era passata nel frattempo in giudicato. Grazie all'intervento dei compagni di lavoro riusciva a farsi riassumere alla Breda, ben accolto anche dagli ingegneri Vezzani e Vallerani.

Quando inizia la Resistenza, Bracesco inizialmente si divide tra attività clandestina in fabbrica e fuori di essa; successivamente è conosciuto tra gli antifascisti più attivi come «il corriere delle armi». Il 4 novembre è a Sesto San Giovanni con un grande quantitativo di mitra caricati su di un camioncino, viene da Monza e ha l'incarico di portarle a Michele Robecchi a Muggiò.

(Sono armi che i militari in fuga dopo 1'8 settembre avevano sotterrato nel cortile della scuola Ugo Foscolo di Monza, delle quali i gappisti riescono a reinpossessarsi con grande coraggio, poiché la scuola nel frattempo era stata occupata dai repubblichini. Trattandosi di un grosso quantitativo, 72 mitra e 2 mitragliatrici il «corriere delle armi», E. Bracesco, provvede man mano a distribuirle).

La consegna viene eseguita con successo sennonché al ritorno, sulla strada tra Cinisello Balsamo e lo stabilimento staccato della Breda V, la «Taccona», verso il quale è diretto, il camioncino si rovescia. Viene trasportato all'ospedale di Monza dove è costretto a subire l'amputazione della gamba destra. Bracesco è un uomo coraggioso e non sarà questa disgrazia a fermarlo: è un gappista e fa parte del gruppo armato della Breda V. Persone sospette lo spiano anche in ospedale.

Una volta a casa, a Monza, in attesa della protesi per la gamba amputata e di una completa guarigione della ferita, egli continua a mantenere i collegamenti con la Resistenza. Persone sospette sorvegliano la sua casa. Ci sono appena stati gli scioperi e la moglie cerca di convincerlo a sfollare in campagna presso parenti. La difficoltà di camminare è però un grave impedimento. Inoltre Bracesco vorrebbe stare vicino al fratello Carlo, anche lui in pericolo per i suoi collegamenti con i partigiani. Per tali motivi, Bracesco resta,. limitandosi a rimanere nascosto durante la notte presso la sorella, la quale abita poco distante da casa sua. Un mattino però, mentre si avvia zoppicando verso la sua abitazione, viene arrestato. La moglie di quei giorni ricorda:

“lo non sapevo che l'avevano arrestato. Viene uno in casa mia, mi dice: «Dov'è Enrico?». lo gli dico che è a farsi curare per la gamba tagliata e lui mi dice di seguirlo con la mia bambina. Vengo caricata su una camionetta, mi portano al macello, dove ci sono le carceri. Lui era già lì, ma io non l'ho visto. Loro [sic!] mi hanno interrogato chiedendomi dove fosse Enrico. Io ho risposto: «Non lo so, magari ce l'avete già qui voi». Volevano sapere da me tante cose di Enrico, ma io sono sempre stata vaga. Tra l'altro, da mia sorella, avevo appena saputo, prima che venisse quell'uomo a casa mia, che Enrico l'avevano:. arrestato, ma non sapevo dove fosse.

Enrico Bracesco dopo una permanenza di più di un mese nel carcere di S. Vittore, trascorrerà tre mesi nel campo di transito di Fossoli e quasi due settimane in quello di Bolzano, dopodiché caricato assieme ad altri deportati negli usuali carri bestiame piombati a loro riservati, verrà condotto al KL di Mauthausen, dove verrà assassinato luogo della sua morte (Istituto eutanasia di Hartheim).

Il castello di Hartheim, vicino a Linz, nell’inverno 1940 fu trasformato in un edificio per "l’azione-eutanasia" ordinata da Hitler, il cui scopo era "dare la bella morte agli ammalati inguaribili". L'Aktion T4 fu il programma nazista di eugenetica che prevedeva la soppressione o la sterilizzazione di persone affette da malattie genetiche, inguaribili o da più o meno gravi malformazioni fisiche.

Tratto dal sito dell'Anpi di Lissone

L'ITALIA SONO ANCH'IO




A seguito del sostegno del Comitato Nazionale ANPI alla campagna “l’Italia sono anch’io” a favore dei i diritti di cittadinanza e del diritto di voto per le persone di origine straniera, si sono mobilitati nei territori, con raccolte di firme e adesioni ai Comitati locali che promuovono la campagna, le Sezioni e i Comitati provinciali di:

Reggio Emilia,Monza e Brianza,Forlì,Imola(BO),Voghera(PV),Magenta(MI),Empoli,Vinci, Montelupo, Fucecchio, Montaione(FI),Como,Brescia, Latina, Modena, Lecco, Grosseto, Orvieto, Salerno, Castegnato(BS).

PER UNA MANOVRA PIU' EQUA

Nei prossimi giorni, si verificheranno tre eventi di diverso contenuto e con diverse modalità, ma tutti estremamente importanti, di fronte ai quali l’ANPI non può che manifestare la sua piena, sentita, partecipe assonanza.
Lo sciopero di tre ore, proclamato per lunedì 12 dicembre dalle tre Confederazioni sindacali, è un fatto straordinario già per il fatto stesso della ritrovata unità, su temi di tanto rilievo e di così forte impatto sociale. Ma c’è di più. Questo sciopero non è di quelli che mirano a far cadere un Governo, ma costituisce un modo fermo e deciso per ottenere che nella manovra in corso ci sia – accanto al rigore – maggiore equità.

Non si chiede, dunque, nulla di impossibile, anche se è noto che i tempi stringono e che l’operazione non può che essere contrassegnata da una risolutezza e tempestività indispensabili; ottenere che non si colpiscano o si colpiscano meno i sacrificati di sempre, coloro che hanno sempre pagato, e si usi una maniera più forte nei confronti degli evasori fiscali, dei detentori di patrimoni immobiliari e finanziari rilevanti, vale a dire dei più abbienti, non significa negare la possibilità e l’urgenza di provvedimenti anche duri, ma solo pretendere che si mantenga soprattutto quell’equità sociale che lo stesso Governo Monti, all’atto della sua nascita, ha assunto come un impegno ineludibile.

Quanto al secondo evento, mi riferisco alle manifestazioni indette dalle donne per domenica 11 dicembre, “Se non ora, quando?”, a Roma e in tante piazze d’Italia. Le donne sono state le prime, il 13 febbraio scorso, a dare un grande segnale di risveglio e la dimostrazione concreta di un cambiamento possibile. Adesso tornano in piazza a chiedere ancora di più. Ma non è tanto la parola d’ordine che ci preme (spetta alle donne decidere ciò che vogliono e pretendono e fissare i loro obiettivi) quanto il fatto in sé di un forte appello, per una nuova e fortissima presenza delle donne sulla scena politica. Salutiamo, dunque, questa manifestazione non solo con piacere e soddisfazione, ma come il segno di una comune speranza di un futuro migliore.

Infine, lunedì 12 dicembre ricorrerà il 42° anniversario della strage di Piazza Fontana. Milano la ricorderà degnamente, come fa ogni anno; non si tratta, peraltro, solo di una questione milanese, ma di una questione nazionale. Piazza Fontana è stata non solo un attacco gravissimo e terribile alla vita di tante persone inermi, ma ha costituito uno dei più gravi attacchi alla stessa democrazia del nostro Paese. Come tale esso va rievocato, non solo per stringersi ancora una volta attorno ai sopravvissuti ed ai familiari delle vittime, che vanno sempre affettuosamente ricordati, ma anche perché non si può ammettere che su una simile, tragica vicenda, cada l’oblio; così come non è accettabile che non si conosca ancora tutta la verità.

A completare il quadro già in sé insufficiente (anche se ormai è pacifica la matrice, individuata nella destra nera), mancano ancora troppi tasselli (il ruolo di alcune parti dello Stato, i dirottamenti e le deviazioni, le responsabilità di esecutori e mandanti, ecc.), che vanno colmati, se non sul piano giudiziario, almeno su quello della verità storica, che è poi, ora e sempre, uno dei fondamenti della democrazia. Per questo, bisogna insistere ancora e con forza perché si elimini ogni forma di segreto, perché tutto divenga chiaro, limpido e trasparente; la verità serve non solo a completare la conoscenza storica ed a lenire, almeno in parte, il dolore, ma serve soprattutto come monito e deterrente per il futuro e per creare anticorpi idonei a difendere da ogni possibile attacco la nostra democrazia.

Il Presidente Nazionale ANPI, Carlo Smuraglia.

mercoledì 7 dicembre 2011

REVISIONISMO A SEREGNO, PATROCINATO DAL COMUNE

Lo scorso 3 dicembre a Seregno si è tenuta la presentazione del libro “Sconosciuti” di Norberto Bergna. L’ANPI provinciale di Monza e Brianza esprime la propria preoccupazione ed il proprio disappunto in seguito alla decisione dell’amministrazione comunale di Seregno di patrocinare l’iniziativa.
Il contenuto del libro presentato e il contesto dell’ iniziativa svolta si inserisce in un quadro di tentativo di riscrivere e falsificare la verità storica. Attribuire ai partigiani, ricorrendo al “nesso di causalità”, la responsabilità delle rappresaglie compiute dalle truppe nazifasciste rappresenta un oltraggio alla verità dei fatti. Così come è storicamente un falso definire guerra civile la lotta di Liberazione dalla dittatura nazifascista.
E’ fuori discussione che ciascuno ha la libertà di esprimere le proprie opinioni. Ma è profondamente diverso distorcere deliberatamente la storia, definita, da un relatore intervenuto all’iniziativa, con il termine “vulgata”.
Ci stupisce che un’amministrazione pubblica abbia concesso il patrocinio ad una iniziativa di tal genere, manifestamente di parte.
Ci auguriamo che, nel rispetto della storia e del sacrificio dei partigiani e nello spirito delle parole espresse da Arrigo Boldrini, “ Abbiamo combattuto per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era, per chi non c’era e per chi era contro”, in futuro non si verifichino più episodi simili.

ANPI provinciale Monza e Brianza


Qui sotto i contributi audio relativi all'iniziativa.

La presentazione da parte del direttore responsabile del periodico "Brianze", Domenico Flavio Ronzoni, l'intervento dell'autore del libro Norberto Bergna,
i contributi di Paolo Pisanò e le testimonianze di due ausiliarie della RSI.















martedì 6 dicembre 2011

EQUITA' E GIUSTIZIA SOCIALE

Il direttivo provinciale dell'ANPI provinciale di Monza e Brianza ha approvato il seguente ordine del giorno.

Il direttivo provinciale dell’ANPI di Monza e Brianza condivide il giudizio espresso dall’ANPI nazionale in merito alla nascita del nuovo governo.
Questo ha consentito al nostro paese di recuperare fiducia e speranza ,di ripristinare il prestigio e la credibilità delle istituzioni e di recuperare la credibilità internazionale ,tutte cose che, con il precedente governo erano state gravemente compromesse.
Il comitato provinciale ritiene, tuttavia, che sia necessario esaminare in maniera rigorosa il merito dei provvedimenti che il nuovo governo adotterà nei prossimi giorni, esprimendo con chiarezza il proprio giudizio sia sulle cose che si condividono sia su quelle che non si condividono.
In particolare per l’ANPI deve valere il principio che i provvedimenti adottati tengano conto dell’esigenza di seguire criteri di equità e di giustizia sociale, colpendo sprechi e privilegi .
Il comitato provinciale ritiene opportuno che l’ANPI nazionale esprima anche un giudizio critico in merito alla proposta di introdurre in Costituzione il criterio del pareggio di bilancio, perché questo toglierebbe possibilità di ogni flessibilità nella gestione futura del bilancio dello stato,cosa che in periodi di crisi colpirebbe in particolare l’area dei servizi sociali.
Infine il comitato provinciale chiede a tutte le sezioni :
-di organizzare l’assemblea annuale entro il mese di febbraio 2012
-di attivarsi per organizzare la raccolta di firme per affermare il diritto alla cittadinanza italiana per i figli di immigrati nati nel nostro paese

Monza 4.12.2011

MONZA CITTA' APERTA


"PIAZZA MARTIRI DELLA LIBERTA' ". VILLASANTA DAL 1937 AL 1945


lunedì 5 dicembre 2011

PIAZZA FONTANA, SENZA MEMORIA NON C'E' FUTURO


42° ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA



Il Comitato Permanente Antifascista nella riunione del 12 Ottobre scorso, alla quale ha partecipato l’Associazione Familiari di Piazza Fontana, ha delineato il programma per il 12 Dicembre 2011 nella ricorrenza del 42° anniversario della strage di Piazza Fontana.

“Il 12 dicembre del 1969 una bomba ad alto potenziale e di chiara matrice neofascista esplodeva nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano provocando 17 morti e 84 feriti.

Fu l’inizio della strategia della tensione e il preludio alla stagione del terrorismo e dell’eversione in Italia.

Nonostante numerosi processi e diverse sentenze, nonostante i colpevoli siano stati chiaramente individuati, per questa strage nessuno ha pagato.

A 42 anni dalla strage, il Comitato Permanente Antifascista contro il terrorismo e per la difesa dell’ordine repubblicano, d’intesa con i Familiari delle Vittime promuove una serie di iniziative non solo per rendere il doveroso tributo di memoria ai caduti, ai feriti ed ai familiari, ma anche per riflettere su una vicenda che presenta ancora troppi lati oscuri, anche per ciò che attiene al ruolo svolto da parti dello Stato.

Vogliamo verità e giustizia, vogliamo che si aprano tutti gli armadi e si svelino tutti i segreti, anche per essere certi che queste tragiche vicende non possano verificarsi mai più.

Alle iniziative in programma sono vivamente invitati a partecipare tutti i cittadini.”

Il programma dei giorni 12 e 13 dicembre 2011:

Lunedì 12 dicembre 2011

ore 14,30 Consiglio Comunale straordinario.
Sono previsti gli interventi di:
• Basilio Rizzo, Presidente del Consiglio Comunale
• Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano
• Carlo Arnoldi, Presidente dell’Associazione Vittime di Piazza Fontana
ore 16,30 appuntamento in Piazza Fontana con i Gonfaloni dei Comuni, e le bandiere delle Associazioni Partigiane
ore 16,37 deposizione delle corone alla presenza delle Autorità;
ore 17,30 Corteo con partenza da Piazza della Scala;
ore 18,00 Piazza Fontana interventi di:
- Carlo Arnoldi, Presidente dell’Associazione Vittime di Piazza Fontana
- Danilo Galvagni, Segretario Generale della CISL
- Prof. Carlo Smuraglia, Presidente Nazionale ANPI
- Presenta Carla Bianchi Iacono Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

Martedì 13 dicembre 2011

ore 18,00 presso sala Buozzi Camera del Lavoro di Milano Corso di Porta Vittoria 43
In apertura: Monologo di Daniele Biacchessi
“Piazza Fontana, il giorno dell’innocenza perduta“

Presentazione del libro di Fortunato Zinni:
“Piazza Fontana nessuno è Stato“
Partecipano con l’autore:
• Carlo Arnoldi, Presidente dell’Associazione Vittime di Piazza Fontana
• Pietro Chiesa, figlio di Francesca Dendena
• Federica Dendena, nipote di Francesca Dendena
• Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano
• Onorio Rosati, Segretario Generale della Camera del Lavoro di Milano
• Guido Salvini, Magistrato
• Coordina Roberto Cenati, Presidente ANPI Provinciale di Milano