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domenica 11 dicembre 2011

MONZA, INTITOLAZIONE CENTRO SPORTIVO AD ENRICO BRACESCO

Domenica 11 dicembre i ragazzi della Foa Boccaccio hanno intitolato il centro sportivo in via Rosmini a Monza ad Enrico Bracesco.

Ecco i video dell'iniziativa e, a seguire, la biografia di Enrico Bracesco.







Enrico Bracesco, caposquadra attrezzeria alla Breda V, arrestato il 13 marzo per strada a Monza. È il primo mutilato della Resistenza operaia. Di lui, oltre alla moglie Maria, diversi compagni hanno lasciato testimonianza, come Antonio Paleari, operaio nella stessa sezione, arrestato già nel gennaio con L. S. Bersan, G. Marchetti e M. Rizzardi davanti al Bar Prealpi di Sesto durante un passaggio di armi.

Anche nel caso di Bracesco l'antifascismo è «di famiglia»: il fratello Carlo gestisce una trattoria a Monza che funge da cerniera di collegamento tra l'organizzazione clandestina delle fabbriche sestesi le brigate Garibaldine delle montagne del lecchese. L'arresto di Enrico come quello dei compagni davanti al Bar Prealpi, intende provocare la rottura dei collegamenti con la montagna.

Nella testimonianza di Maria Bracesco, dopo 1'8 settembre, Enrico è costretto ad «andare in montagna»: più di una volta è stato in­dividuato per la sua attività clandestina. L'essere promotore degli scioperi del marzo 1943 gli avevano già causato circa un mese di carcere - tra attesa del processo e detenzione - e il conseguente licenziamento dalla Breda. Condannato a un anno perché «colpevole di abbandono del servizio» (durante il fascismo il termine «sciopero era stato abolito), veniva tuttavia liberato poiché la sentenza era passata nel frattempo in giudicato. Grazie all'intervento dei compagni di lavoro riusciva a farsi riassumere alla Breda, ben accolto anche dagli ingegneri Vezzani e Vallerani.

Quando inizia la Resistenza, Bracesco inizialmente si divide tra attività clandestina in fabbrica e fuori di essa; successivamente è conosciuto tra gli antifascisti più attivi come «il corriere delle armi». Il 4 novembre è a Sesto San Giovanni con un grande quantitativo di mitra caricati su di un camioncino, viene da Monza e ha l'incarico di portarle a Michele Robecchi a Muggiò.

(Sono armi che i militari in fuga dopo 1'8 settembre avevano sotterrato nel cortile della scuola Ugo Foscolo di Monza, delle quali i gappisti riescono a reinpossessarsi con grande coraggio, poiché la scuola nel frattempo era stata occupata dai repubblichini. Trattandosi di un grosso quantitativo, 72 mitra e 2 mitragliatrici il «corriere delle armi», E. Bracesco, provvede man mano a distribuirle).

La consegna viene eseguita con successo sennonché al ritorno, sulla strada tra Cinisello Balsamo e lo stabilimento staccato della Breda V, la «Taccona», verso il quale è diretto, il camioncino si rovescia. Viene trasportato all'ospedale di Monza dove è costretto a subire l'amputazione della gamba destra. Bracesco è un uomo coraggioso e non sarà questa disgrazia a fermarlo: è un gappista e fa parte del gruppo armato della Breda V. Persone sospette lo spiano anche in ospedale.

Una volta a casa, a Monza, in attesa della protesi per la gamba amputata e di una completa guarigione della ferita, egli continua a mantenere i collegamenti con la Resistenza. Persone sospette sorvegliano la sua casa. Ci sono appena stati gli scioperi e la moglie cerca di convincerlo a sfollare in campagna presso parenti. La difficoltà di camminare è però un grave impedimento. Inoltre Bracesco vorrebbe stare vicino al fratello Carlo, anche lui in pericolo per i suoi collegamenti con i partigiani. Per tali motivi, Bracesco resta,. limitandosi a rimanere nascosto durante la notte presso la sorella, la quale abita poco distante da casa sua. Un mattino però, mentre si avvia zoppicando verso la sua abitazione, viene arrestato. La moglie di quei giorni ricorda:

“lo non sapevo che l'avevano arrestato. Viene uno in casa mia, mi dice: «Dov'è Enrico?». lo gli dico che è a farsi curare per la gamba tagliata e lui mi dice di seguirlo con la mia bambina. Vengo caricata su una camionetta, mi portano al macello, dove ci sono le carceri. Lui era già lì, ma io non l'ho visto. Loro [sic!] mi hanno interrogato chiedendomi dove fosse Enrico. Io ho risposto: «Non lo so, magari ce l'avete già qui voi». Volevano sapere da me tante cose di Enrico, ma io sono sempre stata vaga. Tra l'altro, da mia sorella, avevo appena saputo, prima che venisse quell'uomo a casa mia, che Enrico l'avevano:. arrestato, ma non sapevo dove fosse.

Enrico Bracesco dopo una permanenza di più di un mese nel carcere di S. Vittore, trascorrerà tre mesi nel campo di transito di Fossoli e quasi due settimane in quello di Bolzano, dopodiché caricato assieme ad altri deportati negli usuali carri bestiame piombati a loro riservati, verrà condotto al KL di Mauthausen, dove verrà assassinato luogo della sua morte (Istituto eutanasia di Hartheim).

Il castello di Hartheim, vicino a Linz, nell’inverno 1940 fu trasformato in un edificio per "l’azione-eutanasia" ordinata da Hitler, il cui scopo era "dare la bella morte agli ammalati inguaribili". L'Aktion T4 fu il programma nazista di eugenetica che prevedeva la soppressione o la sterilizzazione di persone affette da malattie genetiche, inguaribili o da più o meno gravi malformazioni fisiche.

Tratto dal sito dell'Anpi di Lissone

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